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Ecco come Trump è diventato testimonial dei jihadisti

Donald Trump protagonista, per ben 11 minuti, di un video di propaganda degli integralisti somali di al Shabaab, partner del sedicente Stato islamico: aveva dunque ragione Hillary Clinton, quando prevedeva che il discorso in cui il candidato alla nomination repubblicana s’impegnava a chiudere – se eletto presidente – “completamente le frontiere americane a tutti i musulmani” sarebbe divenuto strumento di reclutamento dei terroristi.

Il video, della durata complessiva di 51 minuti, è stato scovato dal Site, il gruppo d’intelligence che scandaglia sul web le comunicazioni degli integralisti. Il segmento con Trump, relativo proprio al discorso fatto in South Carolina, è preceduto e seguito da immagini e interventi di Anwar al-Awlaki, leader di riferimento degli estremisti, ucciso nel 2011 da un drone nello Yemen.

Il quotidiano britannico The Independent, che ne parla, ricorda che gli Shabaab sono responsabili dell’attacco all’università di Garissa in Kenya, dove ad aprile 2015 furono ammazzate 148 persone e dell’attentato al centro commerciale Westgate di Nairobi, dove nel settembre 2013 ne furono ammazzate altre 63.

L’immagine di Hillary Clinton d’un Trump “miglior reclutatore” del terrorismo integralista trova dunque conferma; anzi, magari l’ex first lady ha fornito lei stessa l’idea ai “creativi” degli jihadisti. Nell’ultimo dibattito tra gli aspiranti alla nomination democratica alla Casa Bianca, a dicembre, la Clinton aveva denunciato la retorica anti Islam del battistrada repubblicano, affermando che l’Isis avrebbe potuto utilizzare stralci dei suoi discorsi per reclutare più combattenti.

E le sortite di Trump continuano a suscitare polemiche, ma anche a valergli punti nei sondaggi. Sopra lo stadio di Pasadena, il Rose Bowl della finale mondiale 1994, in California, sono apparse scie di fumo lasciate da aerei per formare scritte come “L’America è grande. Trump è disgustoso”,  “Chiunque, ma non Trump” e “Trump ama odiare”. L’iniziativa è stata del magnate Stan Pate, supporter d’un altro candidato alla nomination repubblicana, il senatore della Florida Marco Rubio.

E le sparate “anti Islam” dello showman potrebbero impedirgli di rimettere piede in Gran Bretagna, se non sarà eletto. Una petizione per metterlo al bando dal Regno Unito ha avuto il maggior numero di firme mai raccolto in precedenza, ben oltre le 500mila. A questo punto, il ministero degli Interni potrebbe decretarne la presenza non “positiva per il bene pubblico”.

Se invece Trump fosse eletto 45esimo presidente degli Stati Uniti, godrebbe – sostiene il Daily Mail – dell’immunità diplomatica riconosciuta ai capi di Stato. Ma lo stesso premier conservatore britannico David Cameron ha condannato le sortite del candidato repubblicano, definendole “fonte di spaccatura nella società, stupide e sbagliate”. Downing Street, insomma, non tifa Trump.

Per ulteriori approfondimenti sulle elezioni presidenziali americane, clicca qui per accedere al blog di Giampiero Gramaglia, Gp News Usa 2016

 

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