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Una nuova speranza per i pazienti affetti da distrofia muscolare di Duchenne

L’anno inizia con una buona notizia per i malati di distrofia muscolare di Duchenne: la speranza di un nuovo trattamento.

La base di tutto è CRISPR, un meccanismo di modificazione del DNA scoperto all’inizio di questo secolo nei batteri. E’ già la tecnica preferita per chi vuole modificare (editare) l’informazione genica. Le sue applicazioni si estendono dalla ricerca di base al campo biotecnologico. Rivoluzionerà il modo di produrre animali e piante transgeniche, mettendo a dura prova il concetto di OGM.

E’ di questi giorni la notizia che questa tecnologia è stata utilizzata per trattare un modello murino di distrofia muscolare di Duchenne. Tre lavori pubblicati sull’ultimo numero della rivista Americana Science dimostrano che CRISPR può venir utilizzato per rimuovere dal genoma del topolino parte del gene mutato responsabile della distrofia muscolare di Duchenne (DMD), permettendo l’espressione di una proteina muscolare funzionante.

La distrofia muscolare di Duchenne è dovuta alla mutazione del gene per la distrofina, una proteina che aiuta a rafforzare e proteggere le fibre muscolari. Senza distrofina, i muscoli scheletrici e cardiaci degenerano. Le persone con il gene mutato muoiono intorno ai 25 anni per arresto respiratorio dopo aver passato gran parte della loro esistenza su una sedia a rotelle.

Ad oggi non esiste un trattamento efficace per questa malattia genetica. Gli approcci con cellule staminali tesi a rafforzare i muscoli non si sono dimostrati efficaci. I tentativi di terapia genica convenzionali, che utilizzano un virus per portare nell’organismo una versione corretta del gene non possono venir applicati perché il gene completo distrofina è troppo grande. Alcuni ricercatori hanno anche tentato di sviluppare dei composti chimici per ingannare il meccanismo di produzione dei trascritti genici e ottenere una forma più breve ma comunque funzionale della proteina. Ma con scarso successo e molti effetti collaterali.

CRISPR utilizza una piccola molecola di RNA per guidare l’enzima Cas9 su un punto preciso del genoma, dove Cas9 taglia il DNA introducendo una rottura del doppio filamento di DNA. Successivamente, i macchinari cellulari di riparazione del DNA curano il danno. La strategia utilizzata dai ricercatori si basa sul fatto che i geni umani, e dei mammiferi in genere, sono fatti a pezzi: le regioni che codificano la proteina (chiamate esoni) sono separate da regioni molto lunghe non codificanti (gli introni). Senza entrare nei dettagli, l’idea è stata quella di tagliare il gene nelle due regioni introniche che circondano l’esone contenente la mutazione responsabile della malattia. In questo modo l’intero esone viene rimosso dal gene. Questo fa si che la cellula possa produrre una proteina più breve ma comunque funzionante.

Non è la prima volta che questo approccio viene utilizzato per correggere difetti in geni che causano malattie genetiche. Ma fino ad ora gli esperimenti erano stati condotti su cellule coltivate in vitro. L’anno scorso CRISPR era stata utilizzata per curare il gene mutata della distrofina  in embrioni di topo, prima che avessero sviluppato la malattia. La novità è che per la prima volta è stato possibile curare il difetto genico in animali adulti che avevano già manifestato i sintomi della malattia.

I ricercatori del gruppo di Eric Olson presso l’Università del Texas Southwestern Medical Center di Dallas hanno utilizzato un virus innocuo per la salute (AAV) per trasportare RNA guida e Cas9 nelle cellule muscolari dei topi e rimuovere l’esone difettoso. Nei test per misurare la forza muscolare i topi trattati sono risultati migliori dei controlli.  Risultati analoghi sono stati riportati dagli altri due gruppi di ricerca. In nessuno degli studi sono stati trovati danni sul DNA in altre regioni del genoma indicando l’estrema specificità del trattamento. Uno dei tre gruppi ha dimostrato che il gene è stato riparato anche in cellule staminali muscolari, indispensabili per mantenere l’integrità nel tempo del tessuto muscolare.

Il trattamento non è ancora una cura. Nei test per misurare la funzionalità muscolare, il topolino trattato si comporta meglio del malato ma ancora molto peggio del sano. Questo perché i ricercatori sono riusciti a curare “solo” il 2% delle cellule. Fortunatamente ci sono ampi margini di miglioramento soprattutto per l’ottimizzazione del sistema virale utilizzato per veicolare cas9 e le molecole di RNA guida.

Questo è un primo passo e ci vuole ancora molto tempo prima di arrivare a studi clinici sugli umani. Ma la strategia potrebbe venir applicato all’ 80% delle persone con distrofia muscolare di Duchenne.

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