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Primarie Pd a Milano, tutte le idee di Balzani, Majorino e Sala

Le primarie del centro-sinistra si avviano all’epilogo registrando tra i candidati significative differenze su aspetti specifici che suscitano l’interesse, anche contrapposto, di militanti e semplici cittadini che si recheranno alle urne il 6 e il 7 febbraio. Non emergono ancora convincenti progetti organici per il governo della città ma vengono delineandosi, sia pur a fatica, priorità di obiettivi e modalità di approccio.

Beppe Sala ha richiamato alcuni temi come il “sogno della riapertura dei Navigli”, il trasferimento del carcere di San Vittore, la riqualificazione delle periferie e dei quartieri popolari, il piano di riassetto degli scali ferroviari, l’indicazione di strumenti di trasparenza e di controllo dei cittadini sull’attività della pubblica amministrazione. Ma l’ex Commissario Expo sottolinea che al tempo dell’ascolto, che non deve escludere nessuno, segue il tempo in cui la politica deve necessariamente assumersi le responsabilità e prendere le decisioni. Un chiaro richiamo alla governabilità.

Francesca Balzani si è presentata come un elemento di naturale continuità con la giunta tuttora in carica, la sua proposta che più ha scaldato gli animi (in primis la Cgil trasporti) è stata quella di rendere gratuito il trasporto pubblico di autobus e tram, respinta al mittente sia da Sala che da Majorino. Il fatto è che Francesca Balzani, già assessore al bilancio del Comune di Genova dove l’azienda del trasporto locale di superficie vive da lungo tempo in una situazione di crisi permanente, non aveva mai avanzato questo tipo di proposta nel capoluogo ligure. Basta l’inquinamento per motivare la proposta?

Per quanto riguarda il reperimento delle entrate necessarie al funzionamento della macchina amministrativa e a dar copertura agli investimenti i candidati sono stati cauti. Per Sala si potrebbero alienare quote di partecipazioni in A2A o in SeA, Balzani indica un maggior impegno nella lotta all’evasione e rivendica un maggior trasferimento di entrate dallo Stato centrale, Majorino vuol vendere lo Stadio di San Siro. Una voce fuori dal coro, quella dell’assessore D’Alfonso, che non è candidato ma tira la volata a Sala si permette il lusso (o l’imprudenza?) di affermare che è stato un errore di Renzi togliere la tassa sulla prima casa. Se poi si prendono sul serio le proposte, nel campo avversario, avanzate da Matteo Salvini che respinge da una parte la gratuità dei mezzi di superficie ma la rivendica dall’altra per le mense scolastiche e per il ricovero degli anziani, ne esce un quadro che lascia qualche preoccupazione.

In queste settimane il confronto è stato durissimo, in particolare tra la Balzani, candidata di Pisapia, e Sala che gode certamente delle simpatie di Renzi, ed è ampiamente uscito dai confini di un pur importante ambito locale. Non si tratta semplicemente di un forte dibattito interno ad uno schieramento ma di uno scontro tra linee politiche alternative che separano oggi il PD, o almeno la maggioranza del suo gruppo dirigente, dalla galassia massimalista. Il fatto che nei luoghi dove si terranno le schede utilizzate nelle primarie saranno installate telecamere notturne per controllare che le urne non vengano manomesse trasmette quantomeno un segno di allarme. La vera domanda da porsi, che potrebbe condizionare la futura elezione del sindaco è se, una volta scelto il candidato, gli sconfitti lo appoggeranno lealmente. E’ una domanda che vale naturalmente per tutti ma che si pone in primo luogo in caso di vittoria di Sala. Infatti l’ala che sostiene Francesca Balzani con la parola d’ordine lanciata da Pisapia “Mai a Milano il Partito della Nazione” e con una battaglia sistemica tesa a distruggere sotto il profilo professionale,morale e politico l’ex Commissario Expo sembra preannunciare il divorzio dal PD nel caso in cui l’attuale vicesindaco fosse sconfitta. C’è da capire se e come questo gruppo confluirà a sostegno di un candidato di “ sinistra senza se e senza ma” che però allo stato delle cose è di là da venire.

Diverso è l’atteggiamento di Majorino che, anche non vincendo, porterebbe a casa ottimi risultati. In primo luogo ha difeso l’identità politica di una sinistra fortemente impegnata sul terreno della solidarietà che e che “non sta solo dentro l’area C” ( cioè non è solo quella dei salotti del centro storico). Alcune sue proposte, come il reddito minimo comunale, sono irrealistiche ma possono senza difficoltà rientrare in un progetto nazionale o regionale. L’idea di istituire squadre antidegrado attraverso il servizio civile è un segnale forte di attenzione alle periferie. Oggi Majorino, cui continuano a pervenire surreali inviti ad abbandonare la propria candidatura per rafforzare quella di Francesca Balzani, è una minoranza del PD ma certo non saboterebbe la candidatura a Sindaco di Sala di cui anzi potrebbe diventare un alleato prezioso. Per di più è sufficientemente giovane per guardare con ottimismo il futuro.

La stato di confusione che regna nel centro destra e soprattutto il sospetto, non infondato, che l’obiettivo principale di Matteo Salvini, più che trovare un candidato competitivo, sia quello di raccogliere i superstiti di una disfatta elettorale di cui lascerebbe ad altri la responsabilità ( annettendo di fatto quel che rimane di Forza Italia e succedendo a Berlusconi come leader del centro destra) porterebbe a considerare chiusa la partita del sindaco di Milano. Se gli alleati invece metteranno Salvini di fronte all’ alternativa tra candidarsi a Sindaco di Milano ( proposta che si guarderà bene di accettare ) o rinunciare al diritto di veto, non è detto che non si riaprano i giochi. Ma è fuori discussione che lo stato di salute del centro destra sia assai più preoccupante di quello del centro sinistra.

Per il momento l’unica candidatura che è scesa in campo è quella di Corrado Passera che incontra l’ostilità dichiarata di Salvini ma che sembra non convincere neppure Silvio Berlusconi. Anche Maurizio Lupi, che per il centro destra sarebbe un candidato di tutto rispetto, agli occhi dei “cerchi magici” soffre del fatto di venire da un partito alleato di Renzi in Parlamento. Il guaio è che nello stesso tempo le offerte di candidatura del centro destra a una serie di manager e imprenditori hanno ricevuto un cortese ma fermo rifiuto. Con Stefano Parisi sarà la volta buona? Chi vivrà vedrà.

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