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Brexit, un diversivo?

Si è fatto e si fa un gran parlare di “Brexit” in questi giorni. Un dibattito che appassiona e appassionerà sia i “puristi” europei che gli antieuropei ancora per molto. Ci saranno grandi dibattiti sugli aspetti giuridici: cambiare il trattato, non cambiare il trattato, farne un altro al di fuori di quello attuale, come è avvenuto per il “patto di bilancio” e così via… Preferisco non entrare nel merito, altrimenti finirei col convalidare  anch’io un dibattito  in cui non credo e che ritengo praticamente inutile, ozioso,  fuorviante, rispetto ai veri problemi del momento, vere e proprie  emergenze,  che l’Europa invece non riesce ad affrontare, come lo stesso vertice  del 18-19 u.s. ha dimostrato per l’ennesima volta.

Certo andava fatto di tutto per aiutare il Regno Unito a vincere il referendum per restare in Europa, sperando che serva.

Quello “inglese” è un rito a cui siamo abituati da tempo; per l’Europa continentale cambia poco o  nulla. Il modo come l’UE  ha risolto la pretesa dell’ UK, al momento,  è solo il sintomo della sua debolezza; lo stesso vale per le mancate risposte ai paesi dell’Est, o all’Austria, che stanno chiudendo le frontiere agli immigrati/rifugiati;  di solidarietà europea non vogliono sentire parlare, mentre l’UE assiste impotente! Siamo così di fronte a due debolezze, come dice anche la Cerretelli sul Sole di domenica scorsa.

Di debolezze, però, ce ne sono altre, oltre a quelle ricordate, oggi passate in second’ordine. Le più importanti:  a) la crisi economica-finanziaria dell’Eurozona che, nonostante gli sforzi della BCE, continua a produrre i suoi effetti negativi su tutta l’area UEM a causa delle politiche sbagliate sinora praticate dalla CE; b) la necessità di dar avvio ad uno spazio politico e sociale  europeo, dentro l’Eurozona, come nuovo nucleo intorno al quale costruire una nuova Europa. Se l’avessimo già costituito, la questione inglese non si sarebbe posta come è avvenuto oggi o  vi si potevano dare risposte differenti.

E’ questo il nodo più importante da affrontare,  che, ormai  a quasi 60 anni dal trattato di Roma, non può più essere ignorato o rinviato. Se l’avessimo già fatto, almeno ai tempi di Maastricht, anche i problemi attuali si porrebbero e si potrebbero risolvere  in modo diverso,  quanto meno senza ricatti  né da parte dell’ UK né di altri paesi. Perciò bisogna assolutamente evitare che la questione Brexit diventi, per l’Europa,  un ennesimo diversivo per rinviare sempre tutto.

Bruxelles, 22.02.’16

 

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