Cara unità ti saluto e vado via. Cgil Cisl Uil sono nel punto esatto in cui si trovano quei matrimoni in cui la pigrizia ha preso il posto della passione e aspettano che qualcuno prenda coraggio saluti e se ne vada: atto necessario per pensare ad una nuova vita.
L’ultimo documento prodotto, quello che dovrebbe innovare il modello contrattuale, è una involontaria dichiarazione di debolezza, peraltro ormai evidente, è una forzata somma di mediazioni al ribasso che non aprono prospettive ma chiudono delle possibilità. Vedi il caso del dualismo sui livelli contrattuali. Nazionale? Decentrato? Domande, non risposte al problema. Come se non bastasse la Cgil si è affrettata a varare la “carta universale” una sorta di nuovo statuto dei diritti dei lavoratori. 97 articoli 64 pagine per “regolare i diritti non più in base alla tipologia contrattuale, ma definendoli per tutte le persone che lavorano qualsiasi rapporto abbiano”.
Il contorto dire di Corso d’Italia in sostanza rilancia una nuova stagione dei diritti (è come l’Intifada), ma di fatto svuota il possibile nuovo ruolo dei contratti nazionali. Quelli sì potrebbero diventare i contenitori dei diritti universali, semplicemente assorbendo la legge 300, cioè lo Statuto dei Lavoratori, liberando tutte le potenzialità contrattuali sul secondo livello. La Cgil, inoltre, chiede un intervento legislativo che certifichi la validità della Carta. Direi che basta e avanza perché la Cisl, sempre refrattaria all’intervento del legislatore, si alzi, saluti e ne se vada. Per la Uil, che molti considerano uno stato d’animo (il copy non è mio) si è già inguaiata sottotitolando il proprio brand con la dizione “il sindacato dei cittadini”. Niente di più sbagliato per chi ha scelto di rappresentare i lavoratori, caratteristica che, appunto, non accomuna tutti i cittadini.
La Cisl peraltro si era già opposta allo Statuto (il nostro Statuto sono i contratti, parola di Bruno Storti, segretario Cisl nel 1969), ma la forte personalità di Donat Cattin (ex-cislino) e il rischio di lasciare alla Cgil il monopolio della tutela dei lavoratori indusse a più miti consigli. Altro buon motivo per lasciarsi, non necessariamente in modo amichevole, è la questione pubblico impiego. Anche in questo caso c’è arrivato prima il Presidente del Consiglio che di fronte ai vergognosi casi di assenteismo e truffa, ha detto una cosa che la gente ha capito e apprezzato subito, entro 48 ore chi truffa deve essere cacciato. I sindacati no. Anziché scavalcare lo stesso Renzi dicendo che chi truffa o fa l’assenteista professionista danneggia i suoi colleghi e i contribuenti, per cui deve essere licenziato in tronco, hanno cominciato ad inseguirsi in una ridda di sofferte e confuse dichiarazioni su regole esistenti, norme da applicare e sfiorando il ridicolo, rivendicando il rinnovo del contratto (cosa c’entra con un reato non è dato sapere).
Questo è l’ultimo decisivo esempio di una necessaria fase competitiva tra i sindacati. La continua ricerca di una posizione comune non può che ridurne l’appeal nei confronti dei potenziali clienti (cioè i lavoratori che s’iscrivono). E’ banale dirlo, ma a cosa servono tre sindacati (senza contare la pletora di quelli autonomi) quando la piattaforma è unica? La competizione non può essere che tra diversi e alternativi. Se non voglio restare l’ultimo residuo della guerra fredda, Cgil Cisl Uil devono mettere sul piatto le differenze, è ovvio che per loro stessa natura la loro mission è e resta la tutela dei lavoratori, proprio per questo tutelare prima di tutto il lavoro, e non l’orto di casa, è essenziale.