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Come finirà la battaglia tra Aran e sindacati sulla rappresentanza?

Che l’incontro tra Aran e Confederazioni sindacali previsto per mercoledì 3 febbraio non promettesse niente di buono, era ampiamente prevedibile e previsto da alcuni, tra cui chi scrive.
Prima di Natale, il Presidente dell’Aran, Gasparrini, si era impegnato a portare al tavolo una proposta scritta (di parte pubblica) relativa al problema (irrisolto da mesi… anzi dal lontano 2009 della legge Brunetta) del numero e della tipologia dei comparti/aree della Pubblica Amministrazione.
Aveva accettato, allora, Gasparrini che il n° dei comparti fosse 4 (e non gli iniziali 3) ma ne aveva lasciata indeterminata la composizione. Una possibilità: Ministeri; Enti locali; Sanità; Scuola.
A parte la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Indefinita la collocazione di Università + Ricerca.
Ma, al di là del numero e della tipologie dei comparti, Funzione Pubblica ed Aran avrebbero dovuto mettere nero su bianco un punto qualificante ed irrinunciabile: quello che le deleghe sindacali raccolte nel Dicembre 2014 (!) e nel Marzo 2015 (elezioni RSU) venissero applicate sui vecchi 10 comparti e non su quelli futuribili.
In altre parole, la rappresentatività sindacale, raccolta con i vecchi comparti, non poteva essere proditoriamente modificata, applicandola ai nuovi comparti, quindi vanificando la volontà degli iscritti al sindacato al 31/12/2014 ed alterando gli spazi di rappresentatività delle diverse OOSS e delle diverse Confederazioni.
Questa, la sostanza delle richieste della pressoché totalità delle Confederazioni, al tavolo Aran, nei 2 incontri di Gennaio 2016.
Oggi, la “pesante” svolta. Gasparrini afferma che la “vecchia rappresentatività” vada applicata ai 4 nuovi comparti, sancendo così – anche per il mondo sindacale – l’anticostituzionale principio della retroattività delle norme.
Ovvie le reazioni dei sindacalisti. Ovvia l’espressione “ricatto intollerabile”, ovvia la volontà dei più di ostacolare il progetto governativo, non certificando i dati delle deleghe sindacali, creando quindi un sostanziale stop alla realizzazione del diktat governativo.
Ovvia, da parte sindacale, la reiterata richiesta di mantenere invariati i criteri di rappresentatività, sui vecchi comparti. Ovvia, da parte sindacale, la richiesta di aprire un tavolo per un nuovo CCNQ che codifichi le regole della transizione dai vecchi ai nuovi comparti, fino alla nuova raccolta dei dati della rappresentatività sindacale (Dicembre 2017).
Come finirà la questione? Non è facile prevederlo. Siamo in Italia, perciò qualche cedimento “improvviso” potrebbe comparire.
Una cosa è certa. Il percorso non sarà indolore, per nessuno. Su tutto, un pesante profumo di incostituzionalità.
Ma, anche questa, non è una novità, con questo governo che ha – ad esempio – stravolto lo spirito e la concretezza della Sentenza n°70/2015 della consulta in merito ai “tagli pensionistici” prodotti da Monti, Letta e Renzi stesso.

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