Aria di congresso nazionale. E il Pd, che non ha mai brillato per compattezza, si divide in mille rivoli (in settimana peraltro il governatore della Toscana Enrico Rossi ha ufficializzato la propria discesa in campo, annunciando che raccoglierà le firme per correre alla segreteria del Pd). Qualche segnale si è avvertito anche nella direzione di domenica.
Si stanno costituendo correnti, oltre a quelle già attive. Grandi manovre in vista delle elezioni politiche e del congresso che sarà anticipato, secondo la convinzione di tanti tra i partecipanti alla direzione. La data? I primi mesi del 2017, dopo avere archiviato il referendum sulle riforme (ottobre 2016).
Matteo Renzi punta (ovviamente) alla vittoria nel referendum, il che rafforzerebbe la sua leadership. Il caos nel partito sulla vicenda delle unioni civili lo ha definitivamente convinto: il Pd ha bisogno di una stretta perché si sta sfilacciando. Domenica, dal palco o dinanzi alle telecamere, Gianni Cuperlo e Roberto Speranza, cioè la minoranza che conta, hanno avvertito il segretario: «Nei passaggi decisivi su tutte le riforme fondamentali, come il jobs act, il ddl Boschi e ora le unioni civili il Pd è andato in mille pezzi. Questo perché manca un dibattito democratico e un segretario in grado di effettuare una sintesi».
Renzi non vuole giocare di rimessa, tra l’altro ha dinanzi a sè anche l’incognita delle amministrative, con la minoranza pronta a rinfacciargli un eventuale insuccesso. Perciò vuole codificare i rapporti di forza, che è certo di avere a suo favore. Ma come in ogni fase pre-congressuale i gruppi si organizzano e si preannuncia un congresso tra i più frastagliati.
Tutti si muovono. Il ministro dell’Agricoltura, Maurizio Martina, sta facendo il giro d’Italia per lanciare la corrente «Sinistra è cambiamento», in cui sono confluiti anche ex-bersaniani disposti a sostenere Renzi al prossimo congresso. Non vogliono essere relegati in minoranza. Chi sono? Hanno detto sì a Martina, tra gli altri, il presidente della commissione Lavoro della camera, Cesare Damiano, Matteo Mauri, vicecapogruppo Pd alla camera, il sottosegretario alle Infrastrutture, Umberto Del Basso De Caro, il componente la segreteria Pd, Enzo Amendola, Annamaria Carloni, compagna dell’ex governatore della Campania Antonio Bassolino e deputata Pd, Rosetta D’Amelio, presidente del consiglio regionale della Campania.
Spiega il ministro Martina: «Le difficoltà che abbiamo registrato nelle ultime tornate elettorali regionali e locali dimostrano come una funzione di guida del paese non può essere svolta da un partito di opinione né essere assolta solo da una leadership carismatica. Quest’ultima, nella società liquida e della comunicazione, svolge una funzione essenziale, imprescindibile ma non esaustiva». Insomma, caro Renzi ci siamo anche noi al tuo fianco, ma niente cambiali in bianco. E Martina marca la differenza rispetto alle posizioni di Pier Luigi Bersani e Cuperlo: «Ho grande rispetto per queste personalità. Ma la nostra sfida deve concentrarsi sulla responsabilità che abbiamo in carico». Aggiunge Fausto Raciti, segretario Pd della Sicilia: «Questa nuova corrente è un fatto che arricchisce il pluralismo del Pd. Credo che se sarà gestita con intelligenza potrà rafforzare il Pd e contribuire a farlo essere in sintonia con una società che si muove e che cambia».
In Liguria, a La Spezia, ha debuttato SinistraDem-Campo Aperto, altro tassello del mosaico precongressuale pidiessino. Un gruppo che ha tra gli aderenti il deputato Francesco Laforgia e che appoggerà Cuperlo al congresso ma che rivendica una sua autonomia. Dice una delle promotrici, Federica Paganelli, membro della direzione Pd: «Intendiamo essere prima di tutto un luogo di dibattito politico nel contesto di un partito che, a tutti i livelli, ha smesso di discutere facendo incancrenire gli organismi ridotti a sedi dove o si ubbidisce o si contesta». Aggiunge un altro dei promotori, il parlamentare toscano Filippo Fossati: «C’è bisogno della sinistra nel Pd, per non perdere la forza che ci ha fatto nascere, la spinta dell’Ulivo Alcune cose del governo sono giuste e importanti, siamo il paese che ha risposto meglio in Europa al grande problema della migrazione e dei conflitti in Mediterraneo e Medio Oriente e l’azione europea del governo e di Renzi va sostenuta. Molte cose invece dovranno cambiare, soprattutto su crescita economica, lavoro e formazione, qui i risultati stentano ad arrivare».
Si agita anche Graziano Delrio, un tempo braccio destro di Renzi al governo, poi passato al ministero delle Infrastrutture. Ha radunato attorno a sé i fedelissimi: Angelo Rughetti, Matteo Richetti, Lorenzo Guerini Beppe Fioroni e dopo Pasqua il gruppo (soprannominato dei cattorenziani) terrà la convention di questa corrente che si definisce renziana doc. Delrio anticipa che si tratterà di una sorta di zoccolo duro renziano, tanto che al segretario viene rivolto lo sprone di ritornare alla dirompente fase iniziale, quella della conquista del partito e del governo. Nel documento di convocazione della convention è scritto che «oggi che il Pd guida il governo e vive una stagione particolarmente feconda della propria storia per il coraggio dimostrato nel promuovere la riforma del Paese e nell’interpretare il consenso degli italiani è indispensabile mantenere viva e vitale quella capacità di raccontare il domani. La leadership di Renzi è il segno più chiaro di questa radicale apertura, all’insegna della ricostruzione della nazione dopo decenni di retorica del declino».
Quindi, tutti per Renzi, comunque e sempre. I Cattorenziani saranno la stampella di lusso del giglio magico e tutti insieme vogliono stravincere il congresso. Chi sono i fedelissimi del giglio magico? Maria Elena Boschi, Luca Lotti, Marianna Madia, Ernesto Carbone, Alessia Morani, Edoardo Fanucci, Ettore Rosato, Emanuele Fiano, Filippo Taddei, Luigi Zanda ai quali si è aggiunto Dario Franceschini. Per loro, posto assicurato nel gotha post-congressuale.
Il fronte opposto è capitanato da Bersani e Cuperlo, le cui schiere si sono col tempo assai ridimensionate. Rimangono però gli antagonisti principali del segretario e in politica, si sa, tutto può improvvisamente accadere. La cerchia dei loro irriducibili supporter è formata da Roberto Speranza, Sergio Lo Giudice, Nico Stumpo, Davide Zoggia, Vasco Errani, Andrea De Maria.
Ad appoggiarli, con una corrente, vi sono coloro che avevano dato vita a Carta 23 giugno (dal giorno del discorso di Giorgio Napolitano alle camere all’atto della seconda rielezione). Sono capitanati dalla deputata Elisa Simoni. Ne fanno parte tra gli altri, Francesco Saverio Garofani, Francesco Sanna. Enrico Borghi, Mino Taricco, Roberto Ruta, Gian Pietro Dal Moro, Fabio Lavagno e Sergio Boccadutri. Ma c’è un gran viavai in attesa di un assestamento perché la Simoni sta mostrando simpatie (politiche) per Matteo Orfini (che l’ha nominata commissaria del primo municipio di Roma) e quindi potrebbe portare il gruppo a condividere le sorti congressuali di Orfini, che capeggia ancora la corrente dei giovani turchi. Dice Simoni: «Renzi ha una debolezza, è privo di classe dirigente. I suoi candidati perdono spesso sul territorio, perché non basta dirsi renziani per vincere. Noi invece abbiamo cultura, politica, mestiere. Però serve ridefinire l’identità».
In tanto ginepraio, ridotti al lumicino sono i prodiani (Sandra Zampa, Franco Monaco), i nostalgici margheritiani (Franco Marini, Sergio D’Antoni, Pierluigi Castagnetti), i lettiani (Francesco Boccia). Per tutti è suonata la campanella: c’è un anno per farsi largo al congresso.
(Articolo pubblicato sul quotidiano Italia Oggi diretto da Pierluigi Magnaschi)