La notizia non è ancora assurta alle prime pagine, ma potrebbe diventare nei prossimi giorni esplosiva. Secondo quanto riportato oggi dal Bayerische Rundfunk, il canale radiofonico e televisivo bavarese, un gruppo di islamisti hanno cercato di truffare lo stato tedesco e dare il via a una jihad economica.
Un gruppo di islamisti, tra cui alcuni residenti in Germania di cui non sono chiari i legami all’Isis o ad altri gruppi, hanno organizzato un carosello fiscale internazionale per un valore complessivo di centinaia di milioni di euro. A fare da tramite ditte fantasma e prestanome creati per farsi rimborsare crediti di imposta per decine di milioni di euro. Ovvio che le fatture erano false. Al momento l’unica truffa di cui si conosce qualche dettaglio in più è quella tentata ai danni del ministero delle Finanze bavarese. Secondo un documento di cui è in possesso il BR, il gruppo avrebbe fatto richiesta di un rimborso d’imposta per 190mila euro. Da quanto si evince, la ditta aveva sede in una città vicino a Monaco di Baviera e si occupava di vendita di energia elettrica. Tutto falso ovviamente.
A indurre gli inquirenti a controlli incrociati sulla documentazione per il rimborso sono stati riscontri molto simili a quelli che caratterizzano normalmente le truffe della criminalità organizzata. Un lavoro “duro e meticoloso” quello degli inquirenti, ha affermato il ministro delle Finanze bavarese Markus Söder al BR, perché richiede l’esame di migliaia di documenti contabili.
Che la jihad si procuri i soldi per la sua guerra ovunque vi sia la possibilità è cosa nota. A iniziare dalla vendita del petrolio delle aree da loro controllate. Da tempo c’era però anche il sospetto (la mafia insegna) che i fondamentalisti si muovessero in altri campi. Da qui l’istituzione di una unità speciale, la Financial Action Task Force (Fatf) con sede a Parigi, che ha il compito di occuparsi di terrorismo e specificamente delle sue infiltrazioni nei diversi campi economici nazionali e regionali.
La sollecitazione a guardare più attentamente anche da questa parte è venuta da David Lewis, segretario esecutivo della Fatf. Il quale, riporta l’articolo del BR, aveva recentemente ammonito: “A tutt’oggi sono troppo pochi i Paesi che si avvalgono degli strumenti disponibili per le indagini in questa direzione. Ma è in questa direzione che dobbiamo andare per contrastare il finanziamento del terrorismo”. Perché il fine sembra sempre più giustificare i mezzi, anche agli occhi dei jihadisti, come si evince da una conversazione telefonica via Internet condotta da un gruppo di islamici.
A quanto pare i terroristi islamici si erano posti il problema se i soldi così ottenuti fossero ‘halal’ cioè leciti, giungendo infine alla conclusione che sì, lo erano, perché utile alla loro battaglia. “È vero”, spiega al BR Günter Meyer, direttore del Centro per gli studi sul mondo arabo (Zefaw) di Magonza, “secondo l’interpretazione del diritto islamico, la truffa in questo caso è ‘halal’, cioè ammessa perché serve alla causa, cioè all’affermazione del dominio dell’Islam nel mondo”. Al momento si sa dunque solo di questo caso in Baviera, ma visto che il BR parla di una rete attiva in tutto il Paese è probabile che, nei prossimi giorni, usciranno notizie su altre ditte fantasma con sede altrove in Germania.