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Metalmeccanici, che cosa frena il rinnovo del contratto

Finalmente è giunto il tempo della sintesi. Dopo gli approfondimenti svolti tra Federmeccanica-Assistal ed il sindacato metalmeccanico, questa è l’ora della verità. Non saranno possibili finzioni, o atteggiamenti di comodo. Per rinnovare il contratto nazionale dei metalmeccanici occorrerà scegliere quale strada percorrere. Il tempo è trascorso velocemente e sono giù due mesi che è scaduto il nostro Ccnl. La sintesi si dovrà trovare su tutte le piattaforme sul tavolo presentate da sindacati ed imprenditori. Proviamo a riepilogare la nostra posizione sui punti salienti, tenendo per ultima quella sulla questione salariale, dato che rappresenta il “vulnus” della contrapposizione tra noi e le imprese metalmeccaniche.

Sull’assistenza sanitaria e sulla previdenza complementare siamo fondamentalmente d’accordo con la controparte. In tema di sicurezza e prevenzione sui luoghi di lavoro abbiamo avanzato richieste di Rappresentanti della sicurezza sui luoghi di lavoro aggiuntivi e delle collegate ore di permesso, dato l’esiguo numero di RLS nelle grandi aziende, soprattutto dove gli addetti lavorano su più turni, squadre e reparti. Rispetto alla formazione continua abbiamo condiviso il “diritto individuale e soggettivo alla formazione. Sulle materie dell’Orario di Lavoro, delle Trasferte e della Reperibilità, dei Trasferimenti e degli Appalti, abbiamo evidenziato a Federmeccanica-Assistal la nostra contrarietà alle proposte sullo straordinario su base settimanale, sulla maturazione dei PAR in funzione della prestazione lavorativa e sull’incremento di quelli monetizzabili; d’accordo, invece ad allineare la normativa delle trasferte agli orientamenti che derivano dalle pronunce della Magistratura ordinaria e fiscale. Infine, l’inquadramento ed il salario: sul primo tema si è deciso che nell’incontro del 2 marzo, si definiranno le linee guida per il lavoro di una commissione ristretta che dovrebbe impostare una riforma che è attesa da anni; sul secondo, abbiamo ancora una volta ripetuto di ritenere non accettabile l’ impostazione presentata dagli imprenditori. La posizione della controparte riguardante la parte salariale è nota. Federmeccanica e Assistal la hanno resa nota nell’incontro con noi tenuto il 22 dicembre dell’anno scorso. E quella posizione da allora è rimasta immutata.

Viene chiesto di istituire un cosiddetto salario di garanzia. Ovvero un meccanismo in base al quale gli aumenti del salario nominale, definiti nel contratto nazionale, sono destinati a entrare concretamente solo nelle buste paga dei lavoratori il cui salario di fatto risulti inferiore a una soglia fissata dal contratto stesso. Una proposta inaccettabile, perché in base a tale meccanismo, gli aumenti derivanti dal contratto nazionale andrebbero solo ad frazione minima della categoria, calcolata attorno al 5% di circa un milione e seicentomila lavoratori metalmeccanici. Per entrare ancor più sul tecnico l’incremento dei minimi contrattuali arriverebbe nelle tasche della suddetta minoranza di lavoratori a causa dell’applicazione di una vera e propria “clausola di assorbibilità generalizzata” che riguarderebbe i premi mensilizzati o comunque fissi, Edr e “terzi elementi”, superminimi collettivi, superminimi individuali anche laddove questi fossero esplicitamente definiti “non assorbibili”.

È altrettanto noto che il negoziato per il rinnovo contrattuale dei metalmeccanici si svolge nell’assenza conclamata di una cornice contrattuale condivisa dalle parti. Quindi, dato che è scaduto l’accordo interconfederale del 2009, le trattative si svolgono in campo aperto. Gli imprenditori giustificano le loro proposte, a partire da quella improponibile del salario, con la difficoltà dell’industria metalmeccanica, costretta a muoversi in un ambito definito “post bellico”, mentre noi, riconoscendo disagi e difficoltà economiche per il settore, intendiamo dare concrete risposte ai lavoratori con le regole esistenti, sia dal punto di vista normativo che economico. Da questa contrapposizione si origina un divario che al momento si prospetta come difficilmente riducibile.

Non c’è sintesi che regga, anche se andremo all’incontro in Confindustria, programmato per mercoledì prossimo, con le migliori intenzioni. Ma sappiamo fin d’ora che sulla questione del salario non riusciremo per quella data a fare passi in avanti e che il venerdì successivo Federmeccanica ed Assistal ci riproporranno lo scenario da economia reduce dalla profonda recessione. Infatti in un grande albergo romano, in piazza Montecitorio a Roma, gli imprenditori meccanici presenteranno l’analisi dei dati congiunturali sull’andamento del settore. Pare già di sentire il commento a quei dati: una produzione metalmeccanica col segno positivo, ma che non cresce abbastanza; un miglioramento a macchia di leopardo del settore e un andamento altalenante; l’automotive che tira, mentre tutti gli altri comparti in calo. Insomma, stavolta non sarà un’economia da dopoguerra, ma poco ci manca.

Il bello che, a parte qualche dovuta eccezione, concordiamo con questo scenario difficile. Quasi una spirale che avvolge non solo il Paese, ma l’intero ambito internazionale: rallentano Usa e Cina, fanno altrettanto i Paesi emergenti, crescono poco le economie degli Stati dell’area Euro, ma l’Italia meno di tutti. Ma questo scenario complicato non può essere usato dagli imprenditori per modificare gli assetti contrattuali proprio ora che non ci sono le regole da sempre applicate per garantirli. Bisogna rinnovare il Ccnl metalmeccanico garantendo a tutti i lavoratori a cui si rivolge i minimi contrattuali.

Se un’azienda non è in grado di fare almeno questo, i suoi problemi non possono derivare dall’aumento delle retribuzioni, ma da problemi fisiologici e strutturali che l’avrebbero in ogni caso condannata alla chiusura. Un’impresa che non è in grado di garantire i minimi contrattuali si estinguerà comunque. Anche se un’azienda non produce ricchezza comunque può rinnovare il Ccnl. Quelle che la producono possono fare di più, ovvero rinnovare anche il contratto aziendale. Federmeccanica e Assistal non devono premere troppo il tasto della crisi, che c’è, ma non va strumentalizzata contro i lavoratori.

Proprio loro rischiano di subirla, in questo modo, una seconda volta. Fare il contratto con risorse distribuite nella contrattazione di primo e secondo livello è un modo per rispondere con coraggio alla crisi economica caratterizzata da possibile stagnazione.In senso contrario, gli imprenditori rischierebbero di mettere in discussione tutto quello che si è costruito in questi anni, come i due contratti nazionali firmati senza un’ora di sciopero. I contratti si rinnovano con le regole finora conosciute e non facendole saltare. Ma se la seconda opzione dovesse risultare preferita alla controparte, il sindacato saprebbe reagire con gli idonei strumenti di mobilitazione a disposizione del mondo del lavoro.

Meglio, finché c’è tempo, trovare soluzioni condivise e ragionevoli, anziché usare prove di forza. È bene ricordarlo che il nostro contratto muove l’economia, perché è il cuore pulsante dell’industria manifatturiera che occupa milioni di addetti tra diretti ed indiretti. Quale miglior gesto di politica industriale se non rinnovare questo storico Ccnl, senza dover mobilitare le piazze? Purtroppo, siamo convinti che sarà, invece, necessario farlo per assicurare ai lavoratori il contratto che meritano. Questa è la sintesi, questa pare la strada da dover imboccare.

Rocco Palombella, Segretario generale della Uilm


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