Nei pressi di Hafar al Batin è in corso quella che viene definita la più grande esercitazione militare della storia del Medio Oriente. A partecipare sono venti paesi (Emirati Arabi, Giordania, Bahrain, Senegal, Sudan, Kuwait, Maldive, Marocco, Pakistan, Ciad, Tunisia, Malaysia, Gibuti, Oman, Qatar, Malesia, Egitto, Mauritania, Mauritius), guidati dall’Arabia Saudita, quelli raccolti nel Peninsula Shield, il braccio militare del Consiglio di cooperazione del Golfo, e che hanno fatto da zoccolo duro per l’alleanza militare regionale voluta da Riad e già definita “la Nato islamica”.
Il nome dato all’operazione è “Nothern Thunder“, si svolge al confine iracheno nei pressi di Hafar al Batin, ed impiega qualcosa come 350 mila soldati 20 mila tra blindati e carri armati, 2450 aerei da guerra e 460 elicotteri da combattimento, in uno sfoggio di tecnologie militari d’avanguardia che si protrarrà per 18 giorni, e che oltre al coordinamento degli eserciti dei paesi neo-alleati, dovrebbe anche fare da deterrente per i nemici comuni: Stato islamico, Iran e prolungamenti regionali, regimi poco graditi (leggasi Bashar el Assad).
LE IMMAGINI
The countries participating in the Exercise #NorthThunder, northern Saudi Arabia. pic.twitter.com/JXeoq3Xpso
— محمد بن خالد (@saikhamk) 14 Febbraio 2016
Royal Air Force of Oman CASA C-295 lands at King Saud Air Base — Exercise #NorthThunderpic.twitter.com/szfCQdyLfA
— محمد بن خالد (@saikhamk) 14 Febbraio
More forces from different participants arriving at King Khalid Military City, Hafr Albatin — Exercise #NorthThunder pic.twitter.com/Vqpf7hiV2u — محمد بن خالد (@saikhamk) 16 Febbraio 2016
HUGE:
Huge #Kuwait Convoy heading up from Kuwait to #Saudi arabia. For the fight against #ISIS. pic.twitter.com/VDtmjTXgv5
— N i d a l (@Nidalgazaui) 14 Febbraio 2016
IL MESSAGGIO
Il messaggio che Riad vuole trasmettere è di essere una potenza militare di primo piano, in grado di attirare alleati e di portare avanti una sorta di “two war doctrine“, la teoria (figlia della Seconda Guerra Mondiale) in base alla quale cui gli Stati Uniti dovevano essere in grado di portare avanti contemporaneamente due guerre, una in Europa e l’altra nel Pacifico – è stata abbandonata ufficialmente nel 2010 perché obsoleta, ma il rischio, con l’iper attivismo russo e le tensioni orientali con la Cina e la Corea del Nord, è che debba essere rinfrescata.
Le due guerre saudite sono quella in corso in Yemen e quella possibile in Siria, non a caso per l’esercitazione è stato scelto un nome e una location con riferimento e posizione al Nord. Al nord dell’Arabia Saudita si trova la Siria: nei giorni precedenti all’inizio delle esercitazioni, il generale Ahmed Al Asiri, portavoce dell’esercito saudita, aveva fatto sapere che non sarebbe stato da escludere l’invio di unità di forze speciali di Riad per contrastare lo Stato islamico (nota: sebbene la lotta all’IS sarebbe stata scritta tra le regole d’ingaggio ufficiali, è improbabile che l’Arabia Saudita attraverso un’eventuale presenza militare in Siria non avrebbe fatto in modo di aiutare i ribelli amici; stesso discorso vale per la Turchia, che si era detta disponibile anch’essa all’invio di truppe terrestri).
L’intenzioni politica saudita dietro all’esercitazione è contrastare l’influenza iraniana, calamitando un fronte sempre più compatto di paesi allineati sulle proprie posizioni, per contrastare il crescendo dell’asse Russia-Siria-Iran, attualmente rafforzato anche grazie ai successi militari che il regime siriano ha ottenuto grazie al sostegno degli altri due partner e loro emanazioni (ossia le milizie sciite che Teheran ha mobilitato da varie parti della regione, Iraq, Afghanistan, Libano).
IL CONTESTO
Mentre escono notizie e dichiarazioni su un possibile avvicinamento tra iraniani e sauditi, mossi dal grande motore economico dei due paesi, il petrolio, e Mosca chiude con Riad un accordo storico per congelare le produzioni petrolifere, il campo manda segnali diversi. I sauditi cercano di accaparrarsi la fiducia e l’alleanza dei paesi sunniti, in un progetto simile al cartello creato all’interno dell’Opec, con il fine di contrastare le mire russe e iraniane sul Medio Oriente. Lo fanno sfoggiando soldati, armi e tecnologie, anche se spesso il campo con loro è stato spietato: i sauditi non hanno esperienza nel fare la guerra, si è visto in Yemen, dove si sono impanati contro i più combattivi ed organizzati ribelli Houthi, figurarsi in un apocalittico scontro aperto contro i più addestrati iraniani o russi.