Skip to main content

Perché i metalmeccanici premono sugli investimenti

L’editoriale di “Fabbrica Società”, il giornale della Uilm che sarà on line lunedì 29 febbraio

È bene che si sappia: nell’opinione pubblica saranno almeno tre le parole in cui identificare l’azione sindacale dei metalmeccanici. In autunno e in inverno è prevalso il termine del contratto; in primavera e in estate prevarrà quello dello sciopero. Ma da più di un lustro imperversa con scarsa gloria la questione degli investimenti. Insomma, ci vogliono investimenti pubblici e privati, rivolti principalmente al settore industriale e a quello manifatturiero, in particolare, per la creazione di infrastrutture materiali e digitali e l’avvio strutturale di politiche di sviluppo, innovazione, ricerca. Il sindacato metalmeccanico, come qualunque organizzazione di lavoratori, moderna, riformista, europeista, li chiede dai giorni in cui è iniziata la crisi globale. L’appello assume, ancor più ora, un valore ideale, dopo che la crisi è terminata, e che la ripresa avanza lentamente. Oggi gli investimenti sono evocati da tutti, ma sono sempre meno.

Li hanno sostenuti congiuntamente il premier Matteo Renzi ed il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, venerdì scorso a Roma. Lo aveva fatto solo alcuni giorni prima il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, nel suo documento strategico sull’Europa, chiedendo innanzitutto il pieno utilizzo dei margini di bilancio per finanziare proprio gli investimenti.

L’ultimo rapporto Ocse sullo stato dell’economia mondiale non lascia spazio a dubbi. I fattori negativi sono molteplici, riscontrabili sia nell’economia reale che in quella finanziaria. I primi sono: il forte rallentamento delle economie emergenti, la debole crescita di quelle avanzate, i prezzi delle materie prime in calo prolungato, la frenata degli investimenti e del commercio internazionale, le deboli dinamiche salariale ed occupazionale, la staticità dei prezzi nei Paesi sviluppati. I secondi sono: caduta dei prezzi nei mercati azionari, la posizione debitoria di tante nazioni in via di sviluppo, la precarietà dei sistemi bancari,l’instabilità dei prezzi nei titoli di Stato.

Data la situazione è fondamentale aumentare la percezione di opportunità in Europa e in Italia, attraverso una strategia concreta di investimenti. “Il problema è che manca la rotta – scrive il giornalista Dino Pesole sul Sole 24 Ore – il che rende il quadro ancor più complesso, mentre al contrario la velocità dei mutamenti in atto richiederebbe risposte univoche ed immediate. Solo un anno fa si faceva conto su una felice congiunzione di fattori, dal calo del prezzo del greggio al deprezzamento dell’euro, che ora virano tutti in negativo alimentando la spinta al ribasso dell’inflazione e della contrazione della crescita europea”.

Ecco perché vanno aumentati gli investimenti pubblici che hanno forti effetti moltiplicativi e che spingono l’attività d’impresa. “Investimenti sistemici – assicura Alberto Quadrio Curzio, presidente dell’Accademia dei Lincei – e riforme strutturali rimangono gli interventi cruciali per crescere e per riaggiustare i livelli delle finanze pubbliche”.

Se i sindacati metalmeccanici si faranno riconoscere da quei tre termini specifici, enunciati in apertura, l’intero Paese dovrà scommettere su almeno due parole ulteriori: risorse ed industria. Senza una condivisa politica industriale ed idonee risorse a supporto, la crescita rimarrà fragile e l’Italia continuerà a faticare per trovare la direzione di marcia.

Antonello Di Mario, direttore di “Fabbrica Società”


×

Iscriviti alla newsletter