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Perché il Sì al referendum No Triv è una sciagura nazionale

Le concessioni per la coltivazione di idrocarburi in mare possono avere o no la stessa durata dei giacimenti entro le 12 miglia marine? Questo, in parole semplici, è il quesito al quale gli italiani saranno chiamati a rispondere il 17 aprile, data del referendum fissato dal Consiglio dei ministri. Dunque, al contrario di quanto chiedevano i No-Triv, non ci sarà nessun accorpamento con le amministrative. La polemica, però, è doppia: oltre al non election day c’è anche la questione del “non risparmio”.

LA POLEMICA

“I principi fondamentali del Pd sono l’ascolto e la democrazia partecipata e, dato che il referendum è uno strumento di democrazia partecipata, quando viene invocato dovrebbe essere agevolato dal e non pregiudicato”, è stato l’affondo del presidente della regione Puglia Michele Emiliano verso il governo presieduto dal suo segretario di partito Matteo Renzi. Emiliano si è detto “addolorato” commentando la scelta del consiglio dei ministri di non accorpare il referendum sulle trivelle alle elezioni amministrative previste a maggio. La Stampa ha però ricordato che i referendum del 2011 su nucleare, acqua pubblica e legittimo impedimento, passarono ugualmente pur non coincidendo con le amministrative del maggio dello stesso anno. Lo “scorporo” della consultazione popolare dalle votazioni comunali sta sollevando però un’altra polemica di natura economica. “Il governo ha evidentemente così tanta paura di quello che pensano i cittadini italiani che, pur di far mancare il quorum fissato per il referendum, è disposto a buttare via 300 milioni di euro”, ha commentato Dante Caserta, vicepresidente del Wwf Italia.

IL REFERENDUM

Lo scorso settembre, 9 regioni italiane – Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise – presentarono sei quesiti referendari con l’intenzione di abrogare alcuni punti inseriti nella legge di stabilità 2016 riguardanti le estrazioni offshore. Il governo, per evitare il referendum, modificò la legge ma la Cassazione, i primi di gennaio, ritenne comunque valida una proposta referendaria. In seguito all’approvazione della Corte costituzionale, ieri, giovedì 11 gennaio, il Consiglio dei ministri si è trovato “costretto” a indire il referendum.

IL REFERENDUM (DELLA DISOCCUPAZIONE)

Proprio dalla regione che più contribuisce all’estrazione di gas da piattaforme marittime giunge una voce controcorrente rispetto alle ondate turbo ambientaliste e anti sviluppo: “L’Emilia Romagna estrae il 50% del gas prodotto in mare su tutto il territorio nazionale grazie a 60 piattaforme offshore e per questo migliaia di lavoratori sono occupati nel settore delle estrazioni di idrocarburi – afferma Gianni Bessi, consigliere regionale Pd della regione Emilia Romagna – Per la mia terra questo referendum, avrebbe conseguenze devastanti”. E le conseguenze stanno principalmente nell’occupazione: “Nel giugno 2015, 6.700 persone erano occupate nel settore estrattivo per un fatturato di circa 2 miliardi di euro. Negli ultimi 6 mesi se ne sono persi quasi 900. E se vincerà la logica dei No-Triv, nel 2016, altri 2.500 lavoratori si ritroveranno a spasso”.

LE ESTRAZIONI  

Le principali piattaforme di trivellazione offshore si trovano nel mar Adriatico “alto”, quindi quello che bagna le coste di Abruzzo, Marche ed Emilia Romagna (in fondo all’articolo le cartine di riferimento) e la maggior parte di queste si trovano in Emilia Romagna tra le 6 e le 12 miglia di distanza dalla costa. “L’estrazione di gas e metano nell’Emilia Romagna – afferma Bessi – sono iniziate negli anni ’60 arrivando a metanizzare quasi al 100% della pianura Padana, riducendo così i rischi di trasporto e le bollette dei consumatori. Negli stessi anni, nella mia regione, si è concretizzato il distretto turistico, polo attrattivo per tutta Europa… dimostrazione che il conflitto trivellazioni-turismo non esiste”.

LA LEGISLAZIONE

“La colpa del calo dell’occupazione – continua il consigliere regionale del Pd – deve essere ricercata non solo nella situazione geopolitica internazionale, ad esempio nei rapporti con la Russia, ma anche nel cambio delle legislazioni”. Negli ultimi anni sono cambiate tre legislazioni: nel 2000, nel 2004 e nel 2010 e proprio quest’ultima ha limitato le attività di esplorazione, ricerca ed estrazione degli idrocarburi in mare, lungo le coste italiane. “Se ci fossero ulteriori limitazioni, sarebbe come se si cancellasse l’industria automobilistica a Detroit o a Stoccarda, oppure quella della moda a Milano o Parigi, o ancora delle filiere del food dell’Emilia, o infine la produzione dello champagne nell’omonima area geografica della Francia” chiosa il consigliere.

Le legislazioni sulle attività estrattive via mare e via terra sono regolate differentemente: nelle prime le funzioni di verifica della compatibilità ambientale delle attività upstream sono svolte dal ministero dell’Ambiente, mentre per le attività in terraferma la competenza è regionale ed è quindi trattata, in ogni regione, da una legge regionale.

L’AMBIENTE

La principale ragione che muove chi è contrario alla trivellazione è la questione ambientale, “ma – afferma Bessi – pensare che con questo referendum l’Italia preferisca i combustibili fossili alle ricerche sulle fonti di energia rinnovabili è sbagliato, le cose devono andare avanti insieme”. La proposta del consigliere è quella di portare avanti una triplice strategia per migliorare la produzione energetica nazionale. “Faccio l’esempio della Gran Bretagna, Paese non meno ambientalista nostro il cui governo ha deciso di mettere insieme una task force a cui partecipano politici, esperti del settore energia, per capire quali mosse compiere al fine di salvaguardare il settore oil and gas che porta lavoro a 5mila persone. La mia proposta è di costituire anche in Italia un gruppo di lavoro basato su tre pilastri: rinnovabili, efficientamento energetico e transizione del gas metano nazionale”. Bessi ha ricordato che proprio le aziende maggiormente impegnate nell’attività estrattiva portano avanti, da anni, progetti di ricerca che “porteranno, si spera il prima possibile, a utilizzare esclusivamente fonti rinnovabili per la produzione energetica. Proprio a Ravenna, il 9 e 10 marzo, si terrà la conferenza sulle fonti di energia rinnovabili, la REM (Renewable Energy Mediterranean)”, conclude Bessi. Insomma, protezione ambientale e attività estrattiva davvero si escludono a vicenda?

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