Prima Ted Cruz, ora Marco Rubio: Donald Trump cerca di mettere fuori gioco i rivali al momento più pericolosi, contestandone il diritto a diventare presidente che la Costituzione riconosce soltanto a chi nasce cittadino americano.
Cruz è nato in Canada da padre cubano e madre americana, che poteva, quindi, trasmettergli immediatamente la cittadinanza; Rubio è nato a Miami, da genitori cubani divenuti cittadini americani solo quattro anni dopo (ma chi nasce sul suolo statunitense è automaticamente cittadino, valendo lo ius soli). Gli esperti di diritto sono inclini a ritenere che sia Cruz sia Rubio abbiano i requisiti per divenire presidenti, ma Trump solleva lo stesso la questione (e contro Cruz c’è pure una causa in corso nell’Illinois).
La polemica si riaccende nel giorno delle assemblee repubblicane nel Nevada – quelle democratiche ci sono state sabato scorso -, mentre Hillary Clinton e Bernie Sanders fanno già campagna altrove: nella South Carolina, dove i democratici votano sabato 27, e negli Stati contesi nel Super-Martedì il 1° marzo. L’ex first lady, che ieri ha ricevuto l’endorsement dimostrativo di Matteo Renzi, cerca, specie al Sud, un successo netto, che ne legittimi, definitivamente, le ambizioni di nomination.
Trump, che nei sondaggi per il Super-Martedì è avanti in 10 Stati dei 14 dove votano i repubblicani, persino nel Texas di Cruz, parla già della Clinton come della sua avversaria l’8 novembre (“se non sarà incriminata” per l’‘emailgate, aggiunge). E i bookmaker la danno favorita in un confronto con lo showman.
Il battistrada repubblicano ha appena reclutato nella sua squadra Rudolph Giuliani, il sindaco ‘Law and Order’ di New York, un’icona dell’11 settembre 2001 e una sorta di antidoto alla candidatura come indipendente di Michael Bloomberg, se mai l’ipotesi si concretizzasse.
Trump è il favorito nel Nevada, dove Rubio punta a essere di nuovo secondo, cioè a fare di nuovo meglio di Cruz. Rubio sta emergendo come l’avversario più temibile del magnate dell’immobiliare (e l’attacco sulla cittadinanza indica che il pericolo viene percepito): il senatore della Florida, che ha appena avuto l’appoggio di Bob Dole, candidato repubblicano sconfitto nel 1996 da Bill Clinton, potrebbe coagulare i voti dei moderati e dell’establishment e raccogliere i suffragi di Jeb Bush, che s’è ritirato, e pure di John Kasich e di Ben Carson, quando si ritireranno (anche se il governatore dell’Ohio spera ancora d’insidiargli il ruolo).
Dalla parte di Rubio c’è pure la grande finanza, di cui, però, Trump non ha bisogno perché si paga la campagna da sé. Il senatore dovrebbe ereditare i sostenitori di Jeb Bush – il candidato più foraggiato (ma poco votato) – ed è già quello che raccoglie più fondi dai donatori individuali di Wall Street, anche più della Clinton.
Per ulteriori approfondimenti sulle elezioni presidenziali americane, clicca qui per accedere al blog di Giampiero Gramaglia, Gp News Usa 2016