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Sammy Basso e la forza di combattere contro la malattia insieme alla ricerca

La prima volta che ho incontrato Sammy Basso era il 2009 a Bologna, nell’aula Magna dell’Istituto Ortopedico Rizzoli dove è ospitata la sezionendi Biologia Cellulare e Muscoloscheletrica, una parte importante dell’Istituto di Genetica Molecolare (IGM) del CNR che dirigo. Si teneva l’incontro annuale dei ricercatori dell’Istituto, un’occasione per fare il punto sulle ricerche, discutere, immaginare collaborazioni. Sammy ascoltava attento le nostre presentazioni. Seduto vicino ai suoi genitori. Inevitabilmente, dopo un po’ si è addormentato tra le braccia di sua madre.

Non avevo mai visto un bambino affetto da progeria (dal greco invecchiamento precoce) o “sindrome di Hutchinson-Gilford”. Una malattia rara che causa invecchiamento precoce senza alterare le capacità cognitive. Bambini che appaiono vecchissimi. Una mente giovane imprigionata nel corpo di un anziano. Con uno sguardo vivo e attento, una sensibilità modellata dalla sofferenza. Consci che la vecchiaia precoce vuol dire una ridotta aspettativa di vita.

Superato l’impatto iniziale, la loro voglia di vivere ti affascina, e non ti rendi più conto della loro malattia. Perché la forza che sprigionano cattura la mente.

Già nel 2009 i Basso avevano dato vita ad una associazione di famiglie con bambini affetti da sindrome di Hutchinson-Gilford. Un’associazione che aveva deciso di finanziare l’attività dei ricercatori dell’IGM attivi nel Laboratorio di Biologia Cellulare e Muscoloscheletrica.

Queste famiglie e i loro bambini sono convinti che solo dalla ricerca può venire la speranza di curare questa malattia genetica. Oggi sappiamo che la malattia è dovuta alla mutazione di un singolo gene che codifica la “Lamina A”, una proteina con un ruolo chiave nel definire la struttura del nucleo delle cellule e nel regolare la risposta dei nostri geni allo stress. Quando la proteina è mutata, il nucleo diventa fragile, e in condizioni di stress cambiano i profili di espressione dei geni, che proprio nel nucleo delle cellule sono contenuti. Questo fa si che i tessuti (e i pazienti) invecchino precocemente. Come ci si poteva aspettare, mutazioni di un gene così importante causano anche altre malattie, dalla distrofia muscolare di Emery-Dreifuss ad alcune cardiomiopatie, fino a patologie del tessuto adiposo. Queste patologie, inclusa la progeria, sono state chiamate “laminopatie”.

Per fortuna la sindrome di Hutchinson-Gilford è una malattia molto rara, poche centinaia di pazienti al mondo. Ma in un mondo in cui tutto dipende da parametri economici, questo vuol dire pochi finanziamenti. L’ironia è che la ricerca ha dimostrato che quello che avviene nei bambini affetti da progeria è molto simile a quello che avviene negli anziani: un difetto di lamina A infatti si verifica in tutti noi, portando inevitabilmente ad un invecchiamento dei tessuti. Così cercare la soluzione per i malati, cercare farmaci che ritardino l’invecchiamento dei pazienti, vuol dire immaginare una soluzione anche per tutti noi. Un regalo che i bambini-anziani e le loro famiglie stanno facendo a tutti noi.

La fondazione Sammy Basso, AIProSaB, continua a finanziare le ricerche dell’Istituto. E la dottoressa Giovanna Lattanzi che le porta avanti ha promosso il Network Italiano delle Laminopatie il cui sito web è ospitato sul portale dell’IGM (http://www.igm.cnr.it/laminopatie/). Con il supporto di AIProSaB, nel 2015 si è tenuto a Marsiglia il primo meeting italo-francese dei Network Laminopatie allo scopo di creare una rete stabile di ricercatori, associazioni e clinici allargato a tutti i paesi europei.

Sammy Basso l’anno scorso ha finito il liceo, ha iniziato l’università e ha parlato al festival di Sanremo mostrando a tutti la sua forza di vivere. E pochi giorni fa ha raccontato al TEDxLecce di come trasformare la disabilità in forza produttiva: (https://www.youtube.com/watch?v=0dbcxp0tycE). Un esempio per tutti noi.

Grazie Sammy .

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