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Pubblica amministrazione, che cosa succede tra Madia e Aran?

Chi pensava che l’atto di indirizzo del ministro della Pubblica amministrazione, Marianna Madia, sui comparti pubblici (datato 12/02/16) potesse favorire la comparsa di un clima più sereno all’interno del Palazzo Aran, si sbagliava.

Infatti – secondo le indiscrezioni raccolte da Formiche.net, i malumori sono cresciuti a dismisura nelle sedi delle confederazioni maggiori (ex Triplice) e soprattutto nelle sedi delle confederazioni autonome, minori per numero ma prevalenti – ad esempio – nei settori della dirigenza pubblica.

L’atto della Madia è stato diffusamente interpretato come un diktat, frutto di informazioni incomplete o di inesperienza, dice un addetto ai lavori al corrente della vicenda. Scrivere nell’atto che “si poteva procedere perché… dal confronto con le parti sindacali emergono concrete possibilità che la trattativa si concluda in modo positivo…” e che “il nuovo accordo non avrebbe dovuto comportare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica…” significa soprattutto che le comunicazioni tra Via del Corso 476, sede dell’Aran, e Palazzo Vidoni, sede del dicastero retto da Madia, non sono troppo fluide.

Risultato: il ministro Madia è rimasta col cerino in mano. E l’Aran non ha ancora provveduto a riconvocare il tavolo con le confederazioni della Pubblica amministrazione perché è conscia della posizione contraria (più volte espressa e confermata) della maggioranza del tavolo.

In sintesi, nessun passo avanti ufficiale su nessun documento, in assenza di una garanzia scritta che la rappresentatività raccolta tra dicembre 2014 e marzo 2015 (elezioni delle RSU) non sia pienamente applicata (in centro e in periferia), anche sui nuovi 4 comparti, fino a nuova raccolta e validazione delle deleghe sindacali (dicembre 2017-dicembre 2018 all’incirca). “Perché la Madia non ha inserito, nell’atto di indirizzo, 2 righe 2 su questo?”, si chiede un leader sindacale.

I soliti spifferi dicono che non solo persiste la situazione di stallo ma che anche l’intera Triplice si sia unita alle posizioni delle altre confederazioni autonome, grazie alla “spinta ” della Uil. Risultato? “Tutte le confederazioni sono oggi unite, a difesa della democrazia sindacale e dell’espressione democratica di adesione ai sindacati – dice un altro sindacalista che chiede l’anonimato – Deleghe e voti RSU sono infatti espressione concreta della volontà di chi lavora nella P.A. (dirigenti, quadri, professionisti, impiegati….) di essere rappresentato concretamente ai tavoli contrattuali (centrali e periferici) senza lo stravolgimento delle aree (ancor oggi mal definite nella loro articolazione interna) avvenuto molti mesi dopo la raccolta democratica dei dati sulla rappresentatività sindacale”.

Alla prossima puntata.

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