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Carige, tutte le scaramucce in vista del nuovo consiglio

Con la presentazione delle liste dei nomi da parte degli azionisti, è ufficialmente partita la corsa all’ingresso nel nuovo consiglio di amministrazione di Banca Carige, che sarà scelto dall’assemblea in calendario per il 31 marzo. I soci di riferimento della banca ligure, la famiglia Malacalza, che ha in portafoglio il 17,6%, a metà febbraio avevano chiesto a gran voce e ottenuto la convocazione anticipata dell’assise, così da procedere con un cambio repentino attuali vertici, ossia l’amministratore delegato Piero Montani e il presidente Cesare Castelbarco.

I SOCI DI RIFERIMENTO

La Malacalza Investimenti, per il rinnovo del cda, ha presentato una lista di 14 nomi, i principali dei quali sono Giuseppe Tesauro, l’ex presidente della Corte Costituzionale, candidato alla presidenza al posto di Castelbarco, e Guido Bastianini, ora in Banca Profilo e pronto a sostituire l’ad Montani. La lista, stilata con il sostegno della Fondazione Carige, storica azionista della banca un tempo con oltre il 45% e oggi sotto il 2%, contiene anche il nome di Vittorio Malacalza, capostipite dell’omonima famiglia, che dovrebbe aggiudicarsi la poltrona di vice presidente. Il consigliere indicato dall’ente genovese, terzo nella lista dei Malacalza, è Luciano Pasquale, attuale presidente della Camera di commercio di Savona.

Secondo grande socio di Carige alla spalle della famiglia Malacalza è Gabriele Volpi, il finanziere ligure con affari e interessi in Africa, che tramite il veicolo Compania Financiera Lonestar, con sede a Panama, ha in mano il 6% dell’istituto genovese. Ebbene, Volpi ha unito le forze con l’operatore portuale e in passato anche proprietario del Genoa, Aldo Spinelli (insieme dovrebbero assemblare il 7,5% della banca), e ha presentato una lista di cinque nomi per il cda di Carige, tra cui spicca Claudio Calabi, attuale presidente della società immobiliare Risanamento ed ex ad del Sole 24 ore. Ma sono della partita anche Alberto Mocchi, Sara Armella, Giuseppe Pontremoli ed Elena David.

I PICCOLI AZIONISTI

Anche i piccoli soci di Carige si son dati da fare per presentare una propria lista di nomi. E’accaduto con Coop Liguria che, insieme con le Fondazioni Cassa di risparmio di Savona e Cassa di risparmio di Carrara, ha candidato due persone: Remo Checconi, genovese, classe 1932 e già presente nel cda di Carige ai tempi della gestione dell’ex presidente Giovanni Berneschi, oltre ad Antonello Tabbò. Anche i fondi di investimento italiani azionisti di Carige hanno voluto dire la loro. A mettersi insieme sono stati Mediolanum, Alleanza, Fideuram, Arca sgr ed Eurizon, che hanno scelto tre nominativi: Giulio Gallazzi, Mariella Tagliabue e Massimo Desiderio.
Ma la vera sorpresa sono stati i piccoli soci francesi del gruppo bancario Bpce (Groupe des Banques Populaires et des Caisses d’Epargne), che fino a non molto tempo fa assemblavano il 10% di Carige e che sono ormai scesi all’1,81 per cento. Bpce, da sola, ha presentato una propria lista di minoranza per il cda, che contiene un solo nome: Philippe Marie Michel Garsuault. I francesi in passato, quando erano soci forti, ai vertici di Carige esprimevano Castelbarco, che dal 2013, dopo il terremoto ai vertici dell’uscita di Berneschi, era stato nominato presidente.

COSA ACCADRA’

La parola passa ora all’assemblea degli azionisti del 31 marzo, che deciderà chi entrerà in cda. Il consiglio è composto da quindici membri, almeno otto dei quali dovrebbero essere nominati dai primi azionisti della famiglia Malacalza, che nella migliore delle ipotesi potrebbe riuscire a piazzare fino a dieci amministratori, anche se la presentazione di numerose liste di minoranza non la aiuta. In questo senso, avendo i Malacalza richiesto l’uscita di Montani e Castelbarco, la presentazione della lista di minoranza dei francesi di Bpce è vista da qualche osservatore come un’azione di disturbo nei confronti degli attuali primi soci. Nel frattempo la banca ligure al momento ancora guidata da Montani è al lavoro per replicare alla dura lettera arrivata a febbraio dalla Banca centrale europea, che tra le altre cose ha chiesto un nuovo piano industriale entro fine maggio che tenga conto del deterioramento dell’attuale scenario rispetto alle originarie previsioni.

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