Skip to main content

Che succede ai sindacati? L’analisi di Civiltà Cattolica

Il nome dello studio è di per sé già indicativo: si intitola “La notte del sindacato” ed è stato redatto da Francesco Occhetta, gesuita e firma di punta della Civiltà Cattolica, la rivista diretta da Antonio Spadaro. Si tratta di un’analisi, lunga otto pagine, nella quale padre Occhetta mette in luce le contraddizioni del sindacato di oggi, gli elementi di crisi, i rapporti turbolenti con il governo e propone anche alcune possibili soluzioni perché riconquisti un ruolo centrale dal punto di vista politico, economico e sociale. Il tutto partendo, però, da un giudizio molto netto: “La perdita d’identità che va al di là della crisi di rappresentanza degli enti intermedi tocca la natura, la funzione e il ruolo della missione sociale del sindacato italiano”.

UNA CRISI NELLA CRISI

Quella che stanno vivendo oggi i sindacati si potrebbe considerare in un certo senso una crisi nella crisi: i fattori problematici e di arretratezza sono insiti nella natura di Cgil, Cisl e Uil e figli dell’evoluzione che i tre confederali hanno avuto nel corso dei decenni ma la grande recessione degli ultimi anni li ha certamente acuiti e resi plasticamente evidenti. Afferma Occhetta che “la loro organizzazione si è appesantita, il linguaggio sembra desueto, mentre l’impatto della loro azione sociale si è affievolita”. Difficoltà alle quali bisogna sommare le conseguenze della crisi economica, il cui impatto è fotografato innanzitutto dai numeri. Dal 2008 sono 567.000 i dipendenti che hanno perso il posto di lavoro. Ammontano, invece, a tredici milioni le persone hanno subito riduzioni dello stipendio o dell’orario di lavoro, o la trasformazione del contratto da tempo indeterminato a tempo determinato. Insomma, un autentico terremoto, nel quale si è venuto a creare un esercito di lavoratori autonomi, privi di tutele e di garanzie sindacali: “È così che in pochi anni i sindacati si sono trovati a inseguire nuovi modi di tutela senza essere riusciti ad anticiparli e a prevederli”.

I RAPPORTI (BURRASCOSI) CON IL GOVERNO

Un quadro, dunque, già complicato, aggravato poi ulteriormente dai rapporti tutt’altro che positivi con il Governo. Non è un mistero, d’altronde, che Matteo Renzi fin dai suoi esordi abbia manifestato posizioni di severa critica nei confronti del sindacato. Occhetta al riguardo cita la prima Leopolda datata 2011, quando l’attuale Presidente del Consiglio disse per la prima volta, senza mezzi termini, di volerli rottamare. Da allora non è che la situazione sia cambiata poi molto, tra battute al vetriolo e un atteggiamento complessivo, di fatto, inequivocabile: “Ascoltiamo Cgil, Cisl e Uil ma decidiamo noi” ha ribadito in più di una occasione Renzi. “Avremo i sindacati contro? Ce ne faremo una ragione”. E giù, ancora, con interventi di questo tenore. Occhetta sottolinea come il premier abbia definitivamente archiviato la stagione della concertazione, in virtù della quale “le grandi decisioni economiche venivano prese dal Governo insieme ai sindacati”. “Il Presidente del Consiglio si è limitato ad incontrare i sindacati per la prima volta il 7 ottobre 2014 per circa due ore ma si teme che quella sia anche l’ultima volta” ha rilevato ancora Occhetta.

LE DIVISIONI SINDACALI

Tra gli effetti della politica messa in atto da questo Governo, Occhetta cita in particolare le sempre più vistose crepe “nello scudo dell’unità sindacale”. Secondo la firma di Civiltà Cattolica, “la Cgil è rimasta orfana del suo partito di riferimento, il Pd guidato da Renzi; la Uil tende a sposare le scelte del Governo; la Cisl è rimasta priva dei suoi interlocutori politici di centro”. Divisioni che vogliono dire anche un’altra cosa, ben più profonda. La fine del cosiddetto “unanimismo sindacale”, la dottrina per la quale – spiega Occhetta – “per cinquant’anni Cgil, Cisl e Uil hanno condiviso unanimemente scelte ed obiettivi”. Una rottura causata dalle scelte di Susanna Camusso e Maurizio Landini, contrari ad alcuni accordi collettivi conclusi dagli altri sindacati. “Il venir meno della fiducia e del mutuo riconoscimento” commenta ancora Occhetta “ha indebolito tutte le forze sindacali”.

LE PAURE DEI SINDACATI

In questo contesto di grande difficoltà sarebbero tre le principali paure dei sindacati. La prima è rappresentata dalla piena attuazione dell’articolo 39 della Costituzione che prevede, tra le altre cose, l’obbligo di registrazione per i sindacati. Una previsione finora inapplicata, che farebbe perdere ai confederali l’autonomia di cui hanno goduto per tutti questi decenni. Il secondo timore è costituito dall’ipotesi di adozione del modello francese “che abilita alla contrattazione collettiva solamente quei sindacati che, sottoponendosi a test periodici, diano prova di essere rappresentativi”. La vera spada di Damocle però, secondo Occhetta, sarebbe “l’introduzione per legge di un salario minimo legale”. Una legge del genere – afferma il giornalista – “metterebbe a dura prova l’esistenza stessa del sindacato, perché sottrarrebbe il potere di individuare attraverso la contrattazione collettiva i minimi retributivi, che sino ad oggi esso ha esercitato in via esclusiva”.

COSA FARE?

L’analisi di Civiltà Cattolica si conclude con l’indicazione di una serie di scelte che il sindacato dovrebbe e potrebbe fare per mettere un freno alla sua crisi. In primis “l’autoriforma della contrattazione — con il rafforzamento di quella di secondo livello — e la costruzione di un sindacato moderno che non dica sempre e solo no alle imprese, a volte schiacciate da tassazione, lungaggini burocratiche e assunzioni complesse”. E poi, ancora, il potenziamento del welfare aziendale, quale materia in grado di consentire ancora ai sindacati di incidere sensibilmente sulle condizioni concrete dei lavoratori. Tra le riforme che Occhetta consiglia, c’è anche la rivisitazione del diritto di sciopero, che “rischia di diventare desueto, se non lo si amplia di significato e se non acquista una valenza sociale”. Il documento si conclude infine con il ricordo di Marco Biagi, il giuslavorista assassinato a Bologna nel marzo del 2002. “Meno legge e più contratto è stato l’insegnamento di Biagi, e questo vale sia per il Governo sia per il sindacato, che auspichiamo si incontrino di nuovo non per lavorare l’uno contro l’altro, ma a favore del Paese”.



×

Iscriviti alla newsletter