Il giudice unico per le pensioni della Corte dei Conti di Venezia (Dottoressa Giuseppina Mignemi) ha detto No, respingendo così il ricorso dei Leonida con una sentenza lunga ben 62 facciate, con queste parole: “Essendo infondate le questioni di legittimità costituzionale ed essendo correttamente applicata la normativa di riferimento dell’istituto previdenziale (…) il ricorso deve essere respinto. Compensate le spese”.
Si parla della sentenza n°28/2016 della C. Conti di Venezia, datata 19/02/16 ma diffusa solo nei giorni scorsi.
Il ricorso in questione riguardava 86 ricorrenti, pensionati INPS-ex Inpdap. Il motivo del ricorso? Il riconoscimento e la tutela dei ricorrenti a percepire la pensione come rivalutata e senza le decurtazioni ex art.24, c.25, del decreto legge 201/2011 – poi convertito nell’art.1, c.1 della legge 214/2011- e ex art. 1,c.483, della legge 147/2013. La fattispecie dei ricorrenti riguardava soggetti con pensione INPS superiore a 3 volte il minimo INPS.
Molteplici i passaggi giuridici: udienza del 13/02/15 (con costituzione del Ministero del Lavoro); 20/02/15 (con costituzione dell’INPS); 26/05/15 (con la difesa dei Leonida che chiedeva una proroga per gli effetti della sentenza n°70/2015 della Consulta); 27/05/15 (memoria dell’INPS sulla sentenza stessa); 19/06/15: nuova udienza in cui il Giudice “riteneva fondate le richieste dei ricorrenti e rinviava il tutto al 18/12/15”; 4/12/15: memoria della difesa deducendo su sentenza n°70/15 della Consulta e su Legge 109/2015; udienza del 18/12/15, con rinvio al 19/2/16; 13/01/16, memoria dell’INPS ; 09/02/16, memoria della difesa dei Leonida; udienza finale del 19/02/16.
Non tocca a Noi, che giuristi non siamo, ma siamo solo pensionati stanchi di essere taglieggiati da più di un quinquennio – in nome di falsi equilibri di bilancio statale e di una falsa solidarietà intergenerazionale – commentare sul piano giuridico questa sentenza. Ma riteniamo doveroso eccepire sia sulla stessa che sui suoi presupposti.
SULLA STESSA ONDA
Si parla di una sentenza di ben 62 facciate, ma largamente zeppe di richiami alle norme precedenti ed attuali (ne abbiamo contate almeno 16) e di affermazioni frutto di molti “copia ed incolla”, ma senza che (a nostro parere) si sia riusciti a cogliere l’essenza dei problemi, tutti a danno di una categoria di pensionati e solo di loro.
- Come se la stabilità della finanza pubblica, legata alle norme europee ed all’articolo 81 della Costituzione, dipendesse e dipenda solo dalle spese pensionistiche legate alle pensioni INPS-exINPDAP, di valore superiore a 3 volte il minimo INPS.
Anche questo giudice, quindi, evita di chiedersi se sia “eticamente e contabilmente” corretto che sacrifici economici siano chiesti solo a certi pensionati (non tutti!) e non anche ai lavoratori attivi, a parità di reddito.
- La C. Conti di Venezia ritiene che il blocco pluriennale (2012-2016…) della perequazione pensionistica non alteri in modo irreversibile la proporzionalità tra stipendio e pensione (art. 36-38 della Costituzione), non crei un danno permanente al pensionato (perché ridurrà il valore delle perequazioni successive), non abbia carattere tributario (con violazione degli art. 3 e 53 della costituzione), non discrimini tra pensione e reddito da lavoro.
- La C. Conti di Venezia è convinta che la legge 109/2015 rispetti i principi e la prassi della sentenza n° 70 della Corte Costituzionale. A tal fine, giustifica sia i parziali rimborsi del “quantum prelevato negli anni 2013-2014”, sia le regole retroattive imposte (dalla legge 109/15) alle trattenute 2014-2015, sia la prosecuzione delle stesse nell’anno 2016.
- La C. Conti di Venezia non ritiene che la legge 109/15 violi gli art. 3,36 e 38 della Costituzione sia per la durata della lesione subita che per la platea dei destinatari, tutti lesi – in vario grado – se con pensioni superiori a 3 volte il minimo INPS.
- La C. Conti di Venezia ritiene “fisiologico” definire “pensioni povere” quelle fino a 1.217 euro/mese (intoccabili…) e definire “medio-elevate” le altre, considerando altresì legittimi sia l’abbattimento a scaglioni della perequazione automatica per 5 anni (2012-2016) che la rimodulazione delle pensioni “medio-basse”.
- Gradiremmo conoscere le motivazioni che consentono alla C. Conti di suddividere le pensioni non solo per fasce economiche ma anche per “fasce di merito”. Pensioni medio-basse, rispetto a chi? Pensioni correlate o no a contributi versati o false pensioni, perché frutto di assistenza o di un mix tra assistenza e pochi contributi versati.
- Il ragionamento della C. Conti vale per le pensioni INPS-exINPDAP. È coerente o no con altre decisioni del giudice del lavoro per pensioni “private” o “miste” ? Insomma, a chi spetta una classificazione delle pensioni?
- La C. Conti di Venezia ritiene che la legge 109/15 rispetti la sentenza n° 70/15 della Consulta (“La modulazione della perequazione sarebbe costituzionalmente compatibile ma sarebbe ingiustificabile solo per un blocco totale della indicizzazione per periodi superiori all’anno e per pensioni non particolarmente elevate quali sarebbero quelle superiori al triplo del minimo INPS”). Poca chiarezza, sia nei contenuti che nella forma. In ogni caso, 5 anni di blocco parziale o totale; rimborsi fasulli sui tagli (12-20% del danno subito), tutto ciò sarebbe costituzionalmente rispettoso ?
- Secondo l’avvocatura dell’INPS, l’art.1 della legge 109/15 sarebbe costituzionale perché “garantirebbe la gradualità dell’intervento….distinguerebbe per fasce di importo…ispirandosi a criteri di progressività parametrati sui valori costituzionali della proporzionalità ed adeguatezza dei trattamenti di quiescenza”. Ancora una volta, chi definisce la gradualità, la tipologia delle fasce, i criteri di progressività…..Chi ? l’INPS, il fisco, la Corte dei Conti di Venezia? Gradiremmo chiarezza e dettagli su questi aspetti. A chi compete tutto ciò? Al legislatore ? E quando, per cortesia, ciò è avvenuto?
No, non accettiamo che si parli di prassi e di equità, quando i tagli sulle pensioni sono sempre stati rozzi, grossolani, sproporzionati ai contributi versati.
- Secondo l’INPS “la progressività dell’intervento ne escluderebbe la lesività, dal momento che le pensioni di importo più elevato presenterebbero maggiori margini di resistenza all’erosione determinata dal fenomeno inflattivo”. Avete capito? L’INPS si atteggia a giudice costituzionale e ragiona come se le pensioni fossero una “concessione INPS” e non un salario differito, legato al reddito percepito in decenni di lavoro e, quindi, ai contributi versati. L’INPS pensa che sia costituzionale taglieggiare siffatte pensioni “più elevate”, come se il valore “reale” – anche di queste pensioni- non venga taglieggiato, anno dopo anno, norma dopo norma….
- Secondo la C.Conti di Venezia, la legge 109/15 ha rispettato la sentenza 70/15 della Consulta che ha indicato al legislatore un percorso coerente, muovendo dalla considerazione che …”criteri di proporzionalità ed adeguatezza del trattamento devono sussistere dal momento della pensione in poi“. (pag. 31 della sentenza). Secondo Leonida, invece la legge 109/15 non si limita a ridurre la rivalutazione automatica per gli anni di riferimento, ma ridurrebbe la base di calcolo per le rivalutazioni successive. Creando così un danni irreparabile, un effetto retroattivo ed un meccanismo privo di linearità (ben diverso dall’effetto IRPEF). Su questo, la C.Conti del Veneto è stata “filogovernativa”, contro il buonsenso.
- La C. Conti Veneta si è “dimenticata” che il problema della costituzionalità dell’art.1,c.483, della legge 147/2013 sarà discusso dalla Consulta il giorno 21/06/16, su input della C.Conti Calabria (11/2/15; 3/4/15).
- Ancora, il parere dell’INPS vale di più di quello della Consulta (70/15; 316/10) che considera “importi elevati quelli superiori ad 8 volte il minimo INPS”.
- Pur elecando in modo pignolo le leggi che hanno tagliato/bloccato le pensioni: decreto legge 384/92, blocco per il ’93; legge 438/93, contenimento della rivalutazione; legge 449/97, azzeramento perequazione automatica per il 1998, per le pensioni superiori a 5 volte il minimo INPS; legge 448/98, rivalutazione in misura proporzionale all’ammontare del trattamento da rivalutare, rispetto all’ammontare complessivo; legge 388/2000, aumento pieno della perequazione automatica solo per pensioni entro 3 volte il minimo INPS…90% da 3 a 5 volte, 75% se maggiore di 5 volte; legge 127/2007, per il triennio 2008-2010 perequazione al 100% solo per le pensioni fino a 5 volte il minimo INPS; legge 147/2007 , art.1,c.19…con blocco perequazione automatica per pensioni superiori ad 8 volte il minimo INPS (contro cui la sentenza Consulta 316/2010); decreto legge 201/2011 (art.24,c.25) rivalutazione automatica per il 2012-2013 al 100% solo fino a 3 volte il minimo INPS, ovvero 1.217 euro netti/mese; legge 147/2013 8 art. 1,c.483) , rivalutazione piena fino a 3 volte il minimo INPS, poi % decrescenti (95% da 3 a 4 volte; 75, da 4 a 5-volte; 50 da 5 a 6 volte; sopra il 6: 0% per il 2014; 45% per il 2015-2016.
Di seguito, la sentenza 70/15 della Consulta che ha considerato incostituzionale l’art.24,c.25 del decreto legge 211/11 (poi art.1,c.1, legge 214/11) e costituzionale lo stesso articolo, in relazione agli art.2,3,23,53 della Costituzione (con riferimento alla sentenza 316/10 della Consulta su legge 247/2007).
Pur elencando tutto ciò, la C. Conti di Venezia afferma che: “la perequazione automatica delle pensioni è uno strumento di natura tecnica volta a rispettare il criterio di adeguatezza (art.38,c.2 Costituzione)….strumento che innerva il principio di sufficienza della retribuzione (art.36) applicato alle pensioni intese come retribuzione differita (consulta 208/2014; Consulta 216/2013). (…)Per le sue caratteristiche di neutralità ed obiettività e per la sua strumentalità rispetto all’attuazione dei principi suddetti, la tecnica della della perequazione si impone sulle scelte discrezionali del legislatore, cui spetta intervenire in concreto per determinare il quantum di tutela di volta in volta necessario (pag.44 della sentenza. (…) Si arriva così ad un progetto di eguaglianza sostanziale conforme all’art.3, c.2, della costituzione, così da evitare disparità di trattamento pensionistico”.
Frasi illuminanti, a nostro parere, che spiegano lo spirito della sentenza: le pensioni viste come metodo perequativo tra le persone, in modo indipendente dalla loro vita lavorativa e dai contributi versati!
Continua, la sentenza della C. Conti Veneta (citando le sentenze della Consulta: 173/86; 106/1996; 383/2004; 316/2010): “Proporzionalità ed adeguatezza vanno costantemente assicurate (…) pur senza che ciò comporti automatica coincidenza tra livello della pensione ed ultima retribuzione, perché è riservata al legislatore una sfera di discrezionalità per l’attuazione, anche graduale, dei termini suddetti . Insomma “c’è un bilanciamento tra risorse finanziarie attingibili e garanzia minima della pensione (Consulta 316/2010) e il limite della ragionevolezza (consulta 226/93)”.
Anche a un non addetto ai lavori, come chi scrive, appare evidente che la C.Conti di Venezia confonde tra pensioni minime-assistenziali (a carico della collettività e da tutelare nei limiti finanziariamente possibili) e pensioni-pensioni, ossia le pensioni legate ai contributi versati, che – evidentemente – non vanno tutelate o vanno tutelate “ con riserva” perché “non tutti i pensionati sono uguali davanti alla legge” (Lenin, 2016). Secondo il giudice veneziano (pag. 53 della sentenza) la legge 109/2015 ha corretto:
- La censura costituzionale del c.24, art.25 del decreto legge 2011/11 (mancata finalizzazione del prelievo; mancata protezione delle pensioni modeste) richiamando per gli anni 2012/2013, il meccanismo di rivalutazione ex art. 34, c.1, legge 448/98 (5 fasce: 100%; 40%; 20%; 10% fino a 6 volte il minimo INPS; nessuna rivalutazione sopra 6 volte), con aumento di rivalutazione attribuito fino a concorrenza del predetto limite maggiorato; per gli anni 2014/15/16, il meccanismo in 5 fasce (100%; 95%; 75%; 50% fino a 6 volte il minimo INPS. Per la fascia >6 volte: nulla per il 2014 e 45% per il 2016;
- La sentenza n°70 della Consulta…”nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica, nella tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, anche a salvaguardia della solidarietà intergenerazionale”.
Ogni commento è inutile! Pensionati come bancomat per tamponare il bilancio statale. Pensionati caricati dell’obbligo di salvare il futuro del paese… perché, evidentemente, le loro pensioni sono un “regalo” e non un “diritto acquisito!”
- Non solo, ma dice il magistrato: “Il governo (art.1, legge 109/2015) ha disciplinato la materia della perequazione in modo assolutamente diverso dalla norma dichiarata incostituzionale, quindi la questione della legittimità costituzionale ex art.136 della Costituzione è manifestamente infondata….inoltre il governo non ha potuto pagare integralmente il denaro trattenuto negli anni scorsi ed …ha previsto un pagamento assai parziale della indicizzazione ….riducendo la spesa da 17,6 M a 2,2 M (…per evitare lo sforamento del debito/PIL…)attribuendo i 2/3 della cifra nei confronti dei pensionati con trattamenti più bassi (es. C.Conti, Sez.Giur.Lazio n°419/2015)…a salvaguardia dell’equilibrio di bilancio (rango costituzionale ex art. 81 Costituzione ( C.Conti 88/2014 e 10/2015).
- Insomma: “La legge 109/15 ha previsto una modulazione della tra valori costituzionali e mezzi di spesa (Consulta, 208/14)..”Rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici per fasce di importo, in coerenza con il quadro storico evolutivo della perequazione automatica che, nel tempo, ha previsto una copertura decrescente a mano a mano che aumenta il valore della prestazione. Non puo’ ritenersi violato il principio di uguaglianza perché si muove dalla ricognizione di situazioni disomogenee (c.costituz. 70/2015; 316/2010)…..” Ancora: “….i principi di proporzionalità e di adeguatezza delle pensioni (richiesti dalla consulta) …lasciano alla discrezionalità del legislatore di apportare correttivi di dettaglio che – senza intaccare la disciplina complessiva delle pensioni- siano giustificati da esigenze meritevoli di considerazione con bilanciamento Ancora (pag. 60 della sentenza veneziana): “ le misure non sono tributarie (consulta 70/2015) trattandosi di mero rallentamento della dinamica della rivalutazione delle pensioni, senza alcuna azione quantitativa dei trattamenti in godimento e con salvaguardia dei titolari di pensioni modeste”. Ipse dixit! Quindi “essendo infondate le questioni di legittimità costituzionale ed essendo correttamente applicata la normativa di riferimento dall’istituto previdenziale, il ricorso deve essere respinto compensate le spese”.
CONSIDERAZIONI SPICCIOLE
Non ci eravamo illusi, Noi del gruppo veneto di Leonida, che le nostre azioni legali a tutela delle pensioni, fossero facili o scontate. Su 3, una – quella relativa al contributo di solidarietà per i pensionati over 90.000 euro lordi/anno- sarà discussa dalla Consulta a Giugno 2016, per rinvio dalla parte della C. Conti di Venezia.
Questa seconda istanza, questo secondo ricorso è stato invece respinto, per motivi più politico-economici che tecnici. Siamo del parere che la sentenza lasci irrisolta una serie di dubbi. Lasci irrisolti molti punti, essenziali. La legge 109/2015, quasi “santificata” dalla sentenza veneziana in realtà comprende un coacervo di problemi e di ingiustizie.
Il magistrato veneziano, con le frasi usate, vorrebbe farsi legislatore e dimentica, ad esempio, che:
- La legge 109/2015 legifera retroattivamente, sugli anni 2012-2013-2014-2015. Normale, in uno stato democratico?
- Il magistrato afferma principi che nega nella sentenza finale e dimentica che la legge 109/2015 disapplica largamente il dettato della sentenza n° 70 della Consulta che, nei fatti, avrebbe dovuto riportare alle % di rivalutazione della legge precedente quella contestata (ossia alla legge 388/2000, art.69, comma 1 od a quella 147/2013, art.1,c.483). Quindi, non spetta al magistrato veneziano dare una patente di costituzionalità “totale” alla legge 109/15.
- Gradualità e progressività sono tipiche delle leggi tributarie, ma la Consulta ha negato che questa normativa sia di natura tributaria (anche se Noi lo pensiamo!). Eppure il magistrato veneziano ripetutamente esprime questi concetti, nella sentenza. Non solo ma la Drssa Mignemi dimentica che la legge 109 indicizza in modo “strano” gli anni 2012-2013, prevedendo poi una serie di decurtazioni “cervellotiche” per gli anni 2014-2015.
- La sentenza n° 316/2010 della Consulta faceva divieto di applicare tagli pluriennali. Nei fatti, invece, le pensioni superiori ad 8 volte il minimo INPS hanno subito 11 decurtazioni/blocchi dal 2004 ad oggi, ossia per il 66% del periodo complessivo.
- Il magistrato confonde la “progressività fiscale” con la “proporzionalità dei contributi”.
- Il magistrato non distingue tra chi ha avuto (negli anni) una rivalutazione e chi non l’ha avuta mai.
- Spetta a questo magistrato definire quale sia la “pensione sufficiente?”. Qui si arriva al paradosso che chi, avendo fatto un lavoro più qualificato e più pagato, ha una pensione più alta viene colpito di più, perché ha una “pensione sufficiente”?
- Può essere considerato costituzionale l’assioma che tutela integralmente le pensioni inferiori a 3 volte il minimo INPS (qualunque sia la loro natura) e tutela poco – ed in modo discontinuo-disomogeneo-arbitrario – le pensioni da 3 a 6 volte il minimo INPS? Si veda, al proposito, l’oscillare delle % di rivalutazione, nel corso degli ultimi 20 anni.
- L’abbattimento della rivalutazione (checché ne pensi il magistrato) non è progressivo ma a scalini, ossia realizzato in modo discontinuo, senza alcun razionale.
- Ancora una volta, per sanare il bilancio dello Stato (dice il magistrato) o il bilancio INPS (diremmo Noi) si pongono tributi aggiuntivi a carico di una sola categoria, quella dei pensionati. Senza progressività e senza regole chiare, tassando ulteriormente una categoria che paga le tasse più alte, tra i paesi Ue.
- Il “criterio Letta”, ovvero l’indicizzazione sul valore complessivo della pensione, crea ulteriore ingiustizia. Nessuna tutela reale per fasce superiori a 3 volte il minimo INPS: discriminazione assoluta, con decurtazioni permanenti.
- Come si fa ad affermare:” la ridotta dinamica della rivalutazione non incide sulla pensione”? (pag. 60 della sentenza).
- Pensioni più alte significa pensioni più danneggiate. E, ciò, senza che per i soggetti anziani sia prevista una riduzione dell’aliquota IRPEF, proporzionale all’età.
Proprio una bella sentenza ! Potremmo essere più cattivi, ma non vorremmo incorrere nell’ira di qualche magistrato, soprattutto di quelli ancora lontani “dall’empireo pensionistico”.
De hoc, satis. Ma non finisce qui. La guerra dei pensionati, a tutela dei loro diritti pensionistici, sarà lunga, molto lunga. Per il momento, ci auguriamo che altre Corti dei Conti Regionali accolgano invece i ricorsi, che si stanno raccogliendo in tutta Italia.
Ad maiora!