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I curdi siriani presentano il conto e chiedono il riconoscimento di uno stato confederato

Il Pyd, braccio politico dell’ormai notissima milizia curdo/siriana dell’Ypg, ha votato una risoluzione per il riconoscimento del Rojava, il territorio del Kurdistan siriano, come una federazione autonoma. La decisione, secondo i componenti politici curdi, è arrivata dopo diversi giorni di incontri avvenuti nella città di Rmeilan a cui hanno partecipato tutte le realtà etniche che vivono nell’area sotto il loro controllo nel nord della Siria (arabi, assiri, turcomanni, clan tribali). Quattrocento chilometri di territorio che saranno divisi in tre cantoni confederati: Jazira, Kobane e Afrin.

SIMBOLI E IL CONTO

La scelta del luogo dell’incontro è rappresentativa: a Rmeilan si trova la prima base americana in Siria, creata appositamente per fare da background alle unità di forze speciali statunitensi che stanno appoggiando l’ambiziosa avanzata dei curdi Ypg, alleati con altre milizie minoritarie, verso Raqqa, la capitale dello Stato islamico. Ossia, verso Raqqa è ciò che vorrebbero gli americani, mentre in realtà i curdi sembrano essere più interessati a liberare fette del territorio di proprio interesse dalla presenza di forze nemiche: nel caso del nordest si tratta dello Stato islamico, nel nordovest (area del cosiddetto cantone di Afrin) invece si tratta dei ribelli siriani del Free Syrian Army e milizie collegate, combattuti anche grazie all’appoggio aereo russo e al sostegno dei lealisti siriani durante l’assedio d’Aleppo. L’Ypg è certamente il partner sul campo più affidabile e forte di cui dispongono sia Russia che Stati Uniti: ma era impensabile che prima o poi non presentasse un conto politico per questo impegno militare.

LA REAZIONE TURCA

Se le battaglia intorno ad Aleppo fecero indispettire la Turchia, che considera i curdi siriani dell’Ypg un gruppo terroristico perché alleati del Pkk (i combattenti curdo-turchi), figurarsi la situazione attuale. Oggi è arrivata la rivendicazione della strage di Ankara di martedì, nella quale sono morti 37 civili: l’attacco è stato compiuto dal Tak, i Falchi Liberi del Kurdistan, un gruppo scissionista interno al Pkk, che aveva rivendicato anche l‘attentato all’autobus militare avvenuto il 17 febbraio, soltanto a qualche centinaia di metri di distanza da quello di tre giorni fa. Uno step up delle azioni curde, che iniziano a colpire anche i civili, mentre prima erano dirette principalmente contro elementi delle forze di sicurezza.

La Turchia considera la creazione di una realtà statuale autonoma nel nord siriano una delle “linee rosse” invalicabili del conflitto, perché teme che possano esserci ripercussioni interne: per questo ha sempre cercato di escludere i curdi siriani dai tavoli negoziali, ufficialmente coprendosi dietro alla definizione di organizzazione terroristica. Ora sarà interessante capire come si muoverà Ankara, forte del parziale ritiro russo dalla Siria, visto che in occasione dei guadagni territoriali riportati dall’Ypg ad un passo dai propri confini ai tempi dell’assedio di Aleppo, aveva minacciato di inviare un contingente militare in Siria. Stiamo parlando di poco più di un mese fa, mentre in questi giorni il governo turco ha comunicato il divieto di festeggiare il Newroz, il capodanno curdo, a Diyarbakir e altre città del sudest del paese: la tensione è alto al punto che la Germania ha chiuso la propria ambasciata ad Ankara per ragioni di sicurezza.

QUI DAMASCO

Parlando con Al Jazeera, Idriss Nassam, uno dei leader del Pyd, ha detto: “Il federalismo deve essere il futuro, non solo per il nord della Siria o per le regioni curde, ma per la Siria in generale, perché sotto il federalismo saranno garantite democrazia e uguaglianza”. “Un modello per tutta la Siria”, ha aggiunto il portavoce Nawaf Khalil all’Associated Press. Il governo siriano ha replicato attraverso il ministro degli Esteri, che ha bocciato la proposta curda in quanto in violazione della costituzione, e anche l’ombrello delle opposizioni della Syrian National Coalition ha accolto negativamente l’annuncio e “qualsiasi tentativo di creare regioni autonome”. Si teme che ognuna delle milizie che controlla una fetta di territorio possa fare scelte del genere.

I RUSSI

A voler essere maliziosi, però, nelle parole di Nassam e di Khalil si può leggere una delle linee politiche che da tempo i pensatori vicini a Mosca stanno facendo passare: dividere il paese in federazioni. D’altronde l’intervento russo ha fatto in modo di garantire a Bashar el Assad il controllo della più ampia fetta di territorio possibile, e il ritiro arrivato a sorpresa pochi giorni fa “per avere più spazio al tavolo negoziale”, potrebbe essere un segnale in questo senso. Soprattutto se si tiene conto che i russi si sono un po’ stancati di fare da stampella per il regime. Altro segnale: la Russia non ha avuto reazioni, ma mentre la parte politica dei curdi siriani annunciava la confederazione, l’ala militare mostrava l’ultimo arrivato degli aiutini russi, le cinque mitragliatrici da campo Zu23 con tanto di 20 mila proiettili –per difendere il Rojava.

 


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