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Cyber, ecco le banche Usa aggredite da 7 hacker iraniani

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Sette cittadini iraniani sono stati accusati di aver cercato centinaia di volte di portare a termine cyber-attacchi contro il sistema finanziario Usa e contro il sistema che gestisce l’acqua e altre utenze pubbliche nell’area di New York. I tentativi sono avvenuti tra la fine del 2011 e la metà del 2013. L’accusa è stata formalizzata dal segretario della Giustizia americano, Loretta Lynch, che ha sottolineato come i sette hacker abbiano legami con le Guardie della rivoluzione islamica, il corpo militare iraniano, e con lo stesso governo di Teheran.

LE ACCUSE DEL GOVERNO USA

Come ha detto Lynch i pirati informatici hanno cercato di entrare in un sistema Dam (digital assest management, un sistema che permette di organizzare catalogare, archiviare, ricercare, modificare e distribuire una vasta gamma di metadati) poco lontano da New York: gestisce decine di utenze della città, dall’acqua pubblica, alla corrente elettrica. In tutto sarebbero state prese di mira 46 diverse istituzioni nel corso degli attacchi, tra queste diversi colossi bancari e finanziari, tra cui J.P. Morgan Chase, Bank of America, Citi Bank e il Nasdaq. L’intrusione nel sistema Dam, però, riporta Reuters, non è andata a buon fine e i pirati informatici non sono riusciti a prendere il controllo del flusso di informazioni in esso contenute. Secondo gli investigatori, lo scopo degli hacker era quello di mettere alla prova le proprie capacità di intrusione.

CHI SONO GLI HACKER

I nomi delle persone accusate di cyberattacchi contro gli Stati Uniti sono: Ahmad Fathi, Hamid Firoozi, Amin Shokohi, Sadegh Ahmadzadegan, Omid Ghaffarinia, Sina Keissar e Nader Saedi, tutti riuniti sotto il nome di Izz ad-Din al-Qassam Cyber Fighters.

GLI OBIETTIVI DEGLI ATTACCHI

Nel corso degli attacchi sono state messe offline decine di banche senza però che gli Stati Uniti riuscissero a capire chi fosse stato a gestire le operazioni. La svolta è avvenuta a metà del 2014, quando le autorità americane sono riuscite a rintracciare il collegamento con il governo iraniano. “Gli attacchi sono costati decine di milioni di dollari alle vittime”, in 176 giorni di tentativi con migliaia di cittadini americani che non hanno potuto accedere al loro conto online.

UN MESSAGGIO AL GOVERNO IRANIANO

Le accuse ai sette iraniani, spiegano gli esperti, non avranno una conseguenza pratica – gli accusati si trovano tutti in territorio iraniano -, ma hanno un valore simbolico. Infatti, anche se la presidenza Obama ha lavorato per rendere più distesi i rapporti con l’Iran, le accuse mosse contro i sette cittadini iraniani mostrano la volontà di chiarire che tali attacchi non saranno tollerati dal governo Usa.

L’ondata di attacchi provenienti dall’Iran – si legge su Politico – negli scorsi cinque anni sono ascrivibili a una forma di vendetta nei confronti dell’attacco condotto dagli Usa nel 2010 che mise fuori uso gli apparati nucleari iraniani attraverso la diffusione del virus Stuxnet.

GLI USA SOTTO TIRO

Intanto gli Stati Uniti continuano a essere il principale obiettivo di centinaia di attacchi hacker e le autorità lavorano costantemente per individuare gli stati dietro le azioni. Gli scorsi giorni un’azienda controllata dal governo cinese è stata ritenuta colpevole di aver lavorato con due pirati per sottrarre dati da gruppi americani come Boeing. E ancora pochi mesi fa Washington aveva accusato la Corea del Nord per il cyberattacco contro Sony. Inoltre diversi pirati informatici cinesi sono sulla lista dei criminali cyber più ricercati dall’Fbi. L’anno scorso Stati Uniti e Cina avevano più volte discusso del problema degli attacchi hacker che da Pechino cercano di rubare dati sensibili e progetti di aziende americane: il tema era stato toccato anche da Barack Obama nel suo incontro con il presidente cinese Xi.

IL PRECEDENTE UCRAINO

Fonti di agenzia riportano una forte e crescente preoccupazione da parte di professionisti della national security Usa, soprattutto dopo l’attacco informatico subito dall’Ucraina a dicembre scorso che ha colpito il sistema degli impianti di distribuzione dell’energia elettrica. A causa di un documento Excel infetto, 225 mila persone sono rimaste senza elettricità per sei ore.

Tale preoccupazione era stata resa palese il mese scorso anche dal direttore dell’Nsa Michael Rogers durante una conferenza sulla cyber security. Secondo Rogers, è questione di “quando, non se” un’altro paese riuscirà a portare a termine un attacco informatico distruttivo contro le infrastrutture chiave per gli Stati Uniti, così com’è successo in Ucraina.



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