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Come discutono Franceschini e Gozi su Booking, Expedia e Federalberghi

Si registra una certa fibrillazione all’interno del governo sulla cosiddetta norma Booking che consente agli alberghi di vendere le loro camere anche a prezzi inferiori rispetto a quelli utilizzati tramite soggetti terzi, come le agenzie online Booking o Expedia. E’ in atto un confronto serrato tra la struttura del sottosegretariato agli Affari europei guidato da Sandro Gozi e i Ministeri dello Sviluppo economico (Federica Guidi) e dei Beni culturali (Dario Franceschini) che potrebbe avere ripercussioni sull’iter parlamentare del ddl Concorrenza. Al centro della discussione, quell’articolo 50 del provvedimento licenziato a ottobre dalla Camera dei deputati e ora in discussione alla Commissione Industria del Senato per la seconda lettura. Un articolo ribattezzato “norma Booking”, fortemente voluto da Federalberghi e sostenuto a Montecitorio in primis dal deputato pd Tiziano Arlotti, residente a Rimini, storica roccaforte di albergatori.

CHE COSA DICE L’ART. 50 DEL DDL CONCORRENZA

Come spiegato ieri da Paolo Martini su Formiche.net (qui l’approfondimento), la norma Booking afferma che non vale ogni patto con il quale un albergo “si obbliga a non praticare alla clientela finale, con qualsiasi modalità e qualsiasi strumento” prezzi più bassi di quelli “praticati dalla stessa impresa per il tramite di soggetti terzi”. D’altronde, lo stesso titolo dell’art. 50 è già di per sé piuttosto chiaro: “Nullità delle clausole contrattuali che vietano alle imprese ricettive di offrire prezzi e condizioni migliori rispetto a quelli praticati da piattaforme di distribuzione telematica”.
Tradotto dal linguaggio burocratico, gli alberghi che hanno stipulato contratti con Booking ed Expedia sono comunque autorizzati a inserire sul proprio sito internet l’offerta di una camera a un prezzo inferiore rispetto a quello esposto, sulla stessa camera, sulle piattaforme di aggregazione online. Una libertà, questa, che viene garantita anche in caso di telefonate dirette in albergo da parte del cliente oppure nel caso qualcuno si presenti di persona in hotel. Inutile dire che una norma del genere trovi la contrarietà delle agenzie online e ponga alcune controindicazioni per i consumatori, che si potrebbero trovare senza più servizi di aggregazione dell’offerta e quindi dovrebbero andare a cercare nei siti di ogni singolo albergo; non è un caso dunque, come rilevato da Ferdinando Pineda su Formiche.net, che ben 9 Autorità antitrust in Europa abbiano confermato la bontà della clausola che ora l’art. 50 del ddl Concorrenza intende spazzare via.

LA VERSIONE DEGLI UFFICI DI GOZI SPIAZZA TUTTI

La querelle attorno alla norma Booking si è arricchita negli ultimi giorni di un nuovo elemento. A mettere nero su bianco che quell’art. 50 appare “configurare una regola relativa ai servizi e in quanto tale soggetta a notifica alla Commissione europa” è stato infatti il prof. Roberto Mastroianni, consigliere giuridico del sottosegretariato alle Politiche europee, che il 21 gennaio scorso ha scritto di una suo pugno una missiva destinata al capo di gabinetto del Ministero dello Sviluppo economico, Vito Cozzoli. In quella lettera gli uffici di Gozi ritengono che sia applicabile a questo caso la direttiva n. 2015/1513 della Commissione Ue “che prevede una procedura d’informazione nel settore delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell’informazione”. Significa che prima di approvare una norma del genere, occorre notificarla a Bruxelles e attendere il loro parere positivo. “Le nuove regole – continua Mastroianni – la cui osservanza è obbligatoria per la commercializzazione, la prestazione del servizio, lo stabilimento di un fornitore di servizi o l’utilizzo del servizio, appaiono configurare una regola relativa ai servizi in quanto tale, soggetta a notifica alla Commissione europea”.

FRANCESCHINI NON CI STA, SPUNTANO GLI EMENDAMENTI

Stando a indiscrezioni raccolte in Senato, pare però che Franceschini non sia così entusiasta di dover fare questa notifica alla Commissione Ue. Rischierebbe di venire sconfessata la sua linea politica e l’iter di approvazione del ddl Concorrenza potrebbe insabbiarsi con buona pace delle richieste di Federalberghi. A spingere nella direzione di rivolgersi a Bruxelles ci sono però gli emendamenti presentati da alcuni senatori di maggioranza, convinti che si debba bussare alla porta europea prima di procedere con l’approvazione dell’art. 50 del ddl Concorrenza. In particolare, i senatori di Area Popolare Renato Schifani, Laura Bianconi, Federica Chiavaroli, Bruno Mancuso e Antonio De Poli hanno presentato un primo emendamento in cui chiedono la soppressione dell’art. 50 mentre in un secondo ne vincolano l’approvazione al “esito positivo della procedura di comunicazione di cui all’articolo 5, paragrafo 1, della Direttiva (UE) 2015/1535 del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa alla procedura d’informazione nel settore delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell’informazione”. Due distinti emendamenti analoghi a quest’ultimo sono stati presentati anche dalle senatrici del Pd Elena Fissore e Linda Lanzillotta, a testimonianza di come tale argomento tenga in fibrillazione anche il gruppo dem.


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