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Ecco le nuove strategie dell’Assobiotec di Riccardo Palmisano

“Il futuro è dell’innovazione e le biotecnologie ne sono la linfa”. Ne è convinto Riccardo Palmisano, nominato ieri mattina presidente di Assobiotec, l’Associazione Nazionale per lo sviluppo delle biotecnologie che fa parte di Federchimica, in occasione dell’Assemblea annuale dei soci che ha anche eletto i componenti del consiglio direttivo.

LA CARRIERA

Palmisano, 56 anni, laureato in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Parma, è in Assobiotec dal 2008 e dal 2010 anche vice presidente delegato all’Area Salute. Chief Executive Officer di MolMed, società di ricerca, sviluppo e produzione biotech quotata alla Borsa di Milano, resterà in carica fino al 2019. Prima di lui, dal 2010, alla presidenza dell’Associazione c’era Alessandro Sidoli.

LE PRIME PAROLE

“Il nostro Paese ha certamente tanti gioielli: nella ricerca, nei prodotti, nelle imprese biotech, promesse reali che hanno anche recentemente dimostrato di saper attrarre l’interesse degli investitori internazionali, ma che tuttavia si scontrano quotidianamente con significative limitazioni derivanti da un framework istituzionale, burocratico e culturale che ne determina la traiettoria evolutiva e ne rallenta lo sviluppo”, ha detto Palmisano proprio nei giorni in cui si affronta il tema delle ripercussioni del divieto di ricerca e coltivazione di Ogm imposto ad ampissima maggioranza dal Parlamento. “Le biotecnologie applicate al settore agroalimentare, hanno reso possibile migliorare la produzione agricola, generare sostanze bioattive limitatamente disponibili in natura, aumentare le produzioni senza estendere le superfici coltivate, così come ridurre i consumi di acqua e gli effetti delle aggressioni di parassiti e delle patologie vegetali in genere”, ha osservato il neo presidente.

IL CASO HUMAN TECHNOPOLE

Nel dibattito sulle biotecnologie si inserisce anche la polemica in corso su Human Technopole, il mega centro di ricerca annunciato dal premier Renzi che nascerà all’interno dell’area Expo per studiare il genoma umano e le malattie e potrà contare su un finanziamento, da parte del Governo, di 150 milioni all’anno per dieci anni. “Certamente una iniziativa di grande rilevanza sulla quale tuttavia fino ad oggi il coinvolgimento del mondo delle imprese di fatto non c’è ancora stato e per il quale ci rendiamo immediatamente disponibili, convinti che ci siano le condizioni per ricavare ulteriori benefici e dare valore aggiunto al sistema Paese”, ha detto Palmisano. Ad osteggiare l’iniziativa è stata in particolar modo la senatrice a vita e direttrice del Centro di ricerca delle cellule staminali dell’Università di Milano, Elena Cattaneo, che lo ha definito come un'”iniziativa propagandistica”, nata mentre “la ricerca italiana agonizza”. Favorevole invece Umberto Veronesi, ex oncologo ed ex ministro della salute, che in un’intervento su La Repubblica ne ha parlato come una grande opportunità di progresso medico e scientifico.

LE PRIORITÀ

Nella relazione programmatica della sua presidenza, Palmisano ha sintetizzato così i principali obiettivi del suo mandato: “Intendo impegnarmi affinché, con il contributo delle Istituzioni, si possa dare avvio a nuovi interventi a favore del settore con particolare riferimento a tre priorità d’azione. In primis una Governance efficace, certa e centralizzata che consenta di migliorare la gestione delle risorse e definire obiettivi chiari e condivisi in termini di scelte di investimento a livello di settore. Una governance complessiva, che parta dalla ricerca di base ed arrivi all’accesso al mercato, comprendendo che si tratta di un continuum e non di una serie di tasselli staccati ed indipendenti”. La seconda priorità è quella legata alla “definizione di una strategia nazionale dell’innovazione e della ricerca di medio e lungo periodo con un forte orientamento al mercato e alla competitività industriale che sia in grado, da una parte, di catalizzare gli investimenti in un numero minore di progetti, ma di grandi dimensioni, e dall’altra, utilizzando la “fattispecie” recentemente introdotta di Piccola Impresa Innovativa, di esprimere uno strumento fortemente incentivante per chi fa innovazione. La terza, infine, è quella della “creazione di un fondo di Venture Capital dedicato alle biotecnologie che possa, da un lato favorire la nascita e lo sviluppo di imprese innovative, dall’altro costruire un punto di riferimento per operatori finanziari esteri interessati a co-investire nel nostro Paese.”

I NUMERI DEL BIOTECH ITALIANO

Assobiotec rappresenta oltre 140 associati tra imprese e parchi tecnologici e scientifici, operanti in Italia nei diversi settori. Nel nostro Paese sono 384 le imprese attive nei diversi segmenti, di cui 277 nel campo della salute, 95 in quello agroalimentare e 76 in quello industriale. Più della metà (251) sono imprese pure biotech, che hanno come core business attività legate prevalentemente alle biotecnologie; tra queste, le pure biotech a capitale italiano sono 225.

L’80% delle imprese biotech italiane è di dimensione micro, la maggior parte di esse è localizzata nel Nord e Centro Italia, di cui ben 117 imprese in Lombardia. Quasi la metà delle pure biotech italiane si concentra presso i Parchi Scientifici e Tecnologici (PST) e gli incubatori, autentici poli di aggregazione tra ricerca, imprese e capitale; le restanti imprese sono localizzate presso università o centri di ricerca (25%) o hanno sede autonoma (28%).

A trainare l’intero comparto è il segmento delle biotecnologie della salute, in cui opera la grande maggioranza delle imprese (72%) e che rappresenta, da solo, una il 96% del fatturato totale e il 94% degli investimenti dell’intero comparto.

IL DIBATTITO

Durante il dibattito pubblico sul futuro del comparto biotech in Italia il neo Presidente ha interrogato su criticità e sfide del settore prima il mondo imprenditoriale, e poi quello istituzionale. Ad intervenire sono stati Carlo Incerti, chairman di EuropaBio, federazione europea delle imprese biotech; Riccardo Cortese, fondatore di Okairos, la società italiana che ha sviluppato un vaccino innovativo per il virus ebola e il Presidente uscente di Assobiotec Alessandro Sidoli. A rappresentare le istituzioni c’era il Capo della Segreteria Tecnica del Ministero della Salute Roberto Scrivo, mentre le conclusioni sono toccate al Ministro dell’Istruzione e della Ricerca Stefania Giannini.

IL RICONOSCIMENTO AD EMMA BONINO

“Esistono degli stereotipi che si diffondono come epidemie, difficili da sradicare. Un misto tra ipocrisia ed esagerazioni che nulla hanno a che vedere con il metodo scientifico”, ha tuonato l’ex ministro degli Esteri ed ex commissario europeo, la radicale Emma Bonino, che nella cornice dell’Accademia Nazionale dei Lincei ha ricevuto l’Assobiotec Award, il riconoscimento assegnato dal 2008 alle personalità e/o enti che si sono particolarmente distinti nella promozione dell’innovazione, della ricerca scientifica e del trasferimento tecnologico.

GLI STEREOTIPI

Bonino ha passato in rassegna gli stereotipi più comuni, cominciando da quello “dello scienziato come quel signore dedito a complottare per il malessere dell’umanità”. Molto diffuso, e sempre più di moda è secondo Bonino lo stereotipo che naturale equivalga a sano: “Vengo da una famiglia di contadini poveri alla fine della seconda guerra mondiale e so bene come si munge una mucca. E so anche quanti batteri ci sono nel latte crudo”.

La vincitrice dell’Assobiotec Award ha affrontato poi in sala le contraddizioni della ricerca nel nostro Paese: “Tra tre settimane una sentenza della Corta costituzionale dovrà deliberare sulla libertà di ricerca sui pre-embrioni, vietata in Italia”, ha ricordato Bonino. Il risultato? “Li importiamo della Spagna o da altri Paesi. Stesso discorso per gli ogm: noi non li possiamo ricercare, tantomeno li possiamo coltivare. Ma li possiamo importare, e lo facciamo in grosse quantità, dalla farina di soia in poi, basta non dirlo e far finta di niente”.

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