Almeno cinquanta persone tra militanti, civili e membri delle forze di sicurezza tunisine sono rimaste uccise durante un attacco lanciato nella città di Ben Gardane, in Tunisia, da uomini dello Stato islamico, arrivati probabilmente attraverso il confine libico.
COLPIRE IN TUNISIA
Una televisione locale ha trasmesso le immagini di poliziotti e soldati in tenuta da guerra che sparavano contro i miliziani, i corpi di diverse persone a terra, in un conflitto a fuoco che si è svolto intorno a postazioni militari. Non è la prima volta che il Califfato colpisce in Tunisia i militari: a fine novembre un kamikaze dell’Isis aveva colpito un bus della Guardia presidenziale, l’unità d’élite dell’esercito tunisino, impegnata giornalmente in operazioni di anti-terrorismo. La Tunisia è il Paese che ha fornito più foreign fighters tra le linee dell’Isis in Iraq e Siria, e ora sta facendo altrettanto in Libia: il governo, nato dopo una faticosa transizione post Primavera araba, ha alzato da tempo il livello dei controlli di intelligence e avviato rastrellamenti di polizia contro i gruppi estremisti e realtà collegate. Nel 2015 il Paese è stato martoriato da due grandi attentati, avvenuti al museo Bardo nel centro di Tunisi e in una spiaggia di un resort balneare di Sousse: il fine dello Stato islamico, autore di entrambe le azioni, è di colpire il Paese su un suo asset economico, il turismo, immagine internazionale della Tunisia, che è un bersaglio anche perché simbolo di come le istanze islamiste (rappresentate in parlamento dal partito Ennhada) possano convivere in una realtà democratica – questione che i baghdadisti considerano ideologicamente improponibile.
ATTACCARE BEN GARDANE
Ben Gardane è una città sulla costa tunisina prossima alla famosa località turistica di Djerba e a pochissimi chilometri dal confine libico. Quando il 19 febbraio l’aviazione americane ha colpito un campo di addestramento dello Stato islamico appena fuori Sabratha, in Libia, il bersaglio principale era Nureddin Chouchane, un capo tunisino dello Stato islamico che era considerato l’organizzatore dell’attentato del Bardo e di quello di Sousse. Si ritiene che Chouchane (che forse non era tra i quaranta miliziani uccisi nel raid, ma è morto nei giorni successivi al bombardamento statunitense negli scontri tra Isis e la milizia del Consiglio militare di Sabratha) fosse un leader attivo nell’attività di arruolamento e che in Libia coordinasse alcuni campi di addestramento come quello colpito (lì si sarebbero addestrati gli attentatori del Bardo e di Sousse). Uno dei baghdadisti di Sabratha, fermato dalle milizie cittadine nei giorni degli scontri, ha raccontato durante gli interrogatori che al momento in cui è stato colpito il training camp era in corso un raggruppamento di truppe per lanciare un attacco di ampie dimensioni proprio contro Ben Gardene (che è da tempo tra gli obiettivi). L’attacco c’è stato lunedì, è stato importante, e viene da chiedersi – come fanno alcuni osservatori – cosa sarebbe successo se l’area di Sabratha, che ha fatto da collettore per l’azione, non fosse stata oggetto di diverse operazioni contro l’IS negli ultimi giorni, in cui varie dozzine di miliziani sono morti e altri sono stati arrestati.
L’AZIONE
Secondo le ricostruzioni del ministero della Difesa e dell’Interno, diffuse dal New York Times, l’attacco di lunedì è avvenuto intorno alle cinque di mattina e ha coinvolto simultaneamente una caserma, una postazione della Guardia nazionale e un commissariato. Una volta colpiti i militari hanno inseguito in strada i numerosi baghdadisti, avviando un violento scontro a fuoco in cui sono rimasti uccisi anche sette civili. Il presidente tunisino Beji Caid Essebsi in un discorso in televisione ha commentato: “Questo è un attacco senza precedenti. È ben organizzato e coordinato. Il motivo dietro ad esso è probabilmente quello di prendere il controllo della regione, e annunciare una nuova Wilayat”. Le Wilayat, o province, sono i distretti amministrativi di cui si compone lo Stato islamico (un’eredità, per così dire, dell’Impero Ottomano).
CONFINE DELICATO
Mercoledì scorso la polizia tunisina ha ucciso in uno scontro a fuoco cinque membri del Califfato sempre a Ben Gardane: adesso le autorità hanno sigillato il confine con la Libia, istituito posti di blocco e utilizzato megafoni per sollecitare i residenti a rimanere in casa. Nel tentativo di fermare le infiltrazioni di militanti, la Tunisia ha costruito anche un lungo muro di sabbia (circa duecento chilometri) lungo la metà del confine con la Libia. Le forze di sicurezza, dopo l’attacco di lunedì, hanno pure bloccato il vicino valico di frontiera di Ras Ajdir e sigillato gli accessi all’isola di Djerba. A fine febbraio il ministro della Difesa inglese Michael Fallon aveva annunciato al Parlamento l’invio di una team di 20 “Topi neri” della 4° Brigata fanteria che avrebbero fatto da consulenti ai border patrol tunisini, addestrandoli alle operazioni di monitoraggio dei confini. Quelle aree sono battute da mesi anche dai voli ISR americani (tra questi quelli dell’ormai famosissimo N351DY, operativo probabilmente anche per il trasporto di forze speciali pure in Libia).
THREAT LOCALE E REGIONALE
Il braccio media della brigata al Battar, storica componente nordafricana del jihad califfale siro-iracheno (prevalentemente composta da libici, e attrazione anche per gruppi di combattenti europei, più che altro belgi), ha dichiarato che il gruppo è stato coinvolto nell’azione di Ben Gardane. L’uomo catturato come “capo dell’IS a Sabratha” nei giorni scorsi, un anno fa era considerato un elemento di spicco di al Battar a Derna, centinaia di chilometri più a est, la città che ha visto per primo attecchire le istanze del Califfato in Libia; e da dove la scorsa estate è stato respinto.
La polizia tunisina lunedì ha diffuso alcune immagini in cui ha mostrato gli armamenti rinvenuti dalla forze di sicurezza tunisine una volta ripristinata la stabilità: gli IED, gli ordigni improvvisati, portati in Tunisia dai baghdadisti erano esattamente gli stessi visti in immagini analoghe riprese dagli uomini del Consiglio militare di Sabratha durante i blitz della scorsa settimana contro i covi dell’IS.
E dunque probabilmente sono stati preparati o dalla stessa persone, o nello stesso posto, o secondo la stessa tecnica/direttiva. Un collegamento interno che dimostra come lo Stato islamico sia adattivo e operante su tutto il territorio libico, da est a ovest.
L’attacco in Tunisia, studiato e pianificato, dimostra invece come il Califfato in Libia sia un enorme problema regionale.