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Matteo Renzi beato fra Barbara D’Urso e Fedele Confalonieri

Se fu “particolare” la giornata del 6 maggio 1938 immortalata nel cinema dopo 39 anni con l’omonimo film del grandissimo Ettore Scola grazie a due attori eccezionali come Sophia Loren e Marcello Mastroianni, lo è stata sul piano editoriale e politico anche la domenica 6 marzo 2016, quarta di Quaresima.

Di mattina si è avuta la celebrazione da parte di Eugenio Scalfari, già riferita da Formiche.net, dei 40 anni di “vivace concorrenza” fra la sua Repubblica e il Corriere della Seraconclusi a vantaggio della prima. Che si è sviluppata a tal punto da calamitare La Stampa, staccandone peraltro i proprietari, cioè gli eredi Agnelli, dalla partecipazione al Corrierecon tutte le complicazioni che potranno derivare a quello che Scalfari considera ormai l’ex primo giornale italiano, da lui sfidato nel 1976 fondando il suo ma sorpassato la prima volta nelle edicole, secondo i suoi calcoli, già dieci anni dopo.

Nel pomeriggio della stessa domenica si è giocata in diretta una partita televisiva, su Canale 5, vinta alla grande da Silvio Berlusconi sul piano editoriale ma forse perduta altrettanto alla grande sul piano politico per la prateria sulla quale ha potuto scorazzare il presidente del Consiglio e segretario del Pd Matteo Renzi, ospite del salotto di Barbara D’Urso. Che l’ha accolto e trattato per tutta la durata della lunga intervista come meglio francamente non poteva aspettarsi il leader fiorentino: il tutto condito con un rapporto di evidente amicizia certificato, a suon di “caro Matteo” e “cara Barbara”, abbracci, baci e impegni per altri incontri legati all’azione di governo dell’ospite.

Fra gli appuntamenti, alla faccia di quei gufi della stampa estera che di recente ne hanno un po’ riso, Renzi ne ha abbozzato uno per il 22 dicembre prossimo, non di “chissà quale anno”, quando dovrebbe essere finalmente pronta l’autostrada Salerno-Reggio Calabria. Anche se quegli altri gufi del Fatto Quotidiano ritengono possibile l’evento solo per la rinuncia ad una novantina di chilometri dell’originario percorso e non ricordo a quanti cantieri.

Forse sarebbe stato il caso di chiedere qualche chiarimento a proposito di questa polemica sulla storica grande incompiuta opera pubblica del Sud, ma la conduttrice non ne ha evidentemente avuto il tempo.

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Come editore va onestamente riconosciuto a Berlusconi, a dispetto di come lo rappresentino abitualmente gli avversari, il merito di avere sempre lasciato liberi giornali e giornalisti da lui dipendenti, subendone spesso danni enormi. Come quelli, per esempio, procuratigli a suo tempo dal Giornale con la martellante campagna contro Gianfranco Fini per l’infausta casa di Montecarlo, passata dal partito al cognato. Una campagna che l’allora presidente della Camera ritenne tanto ispirata o autorizzata da Berlusconi da legarsela al dito sino alla rottura dell’alleanza con lui. E a ciò che ne seguì.

Lo stesso Indro Montanelli riconobbe a Berlusconi il merito di averne acquistato il giornale in un momento di grave crisi ma non la direzione, lasciandogli totale libertà. Poi essi ruppero, è vero, ma quando Montanelli pretese – diciamo la verità – addirittura che il suo editore nel 1994, pur di non metterlo in imbarazzo, rinunciasse alla decisione di scendere in politica allestendo il centrodestra e candidandosi a Palazzo Chigi. Dove approdò vincendo sulla “gioiosa macchina da guerra” della sinistra guidata da Achille Occhetto su un terreno asfaltato dalle Procure della Repubblica.

Non deve perciò stupire che Berlusconi abbia potuto contemporaneamente godere come editore della performance del pomeriggio televisivo della domenica di Canale 5 con Renzi, accolto di persona dal presidente di Mediaset Fedele Confalonieri negli studi, e soffrire politicamente della libertà lasciatagli dalla generosa conduttrice di vendere, diciamo così, la sua merce di governo senza un minimo di contrasto o di dubbio. Tutto a posto, su ogni versante: dalla Libia alle banche, negata ma possibile guerra ed esuberi a parte, dalle pensioni alle tasse, dall’amore di ogni genere di coppie, giustamente, ai problemi che si riproporranno quando tornerà al pettine il nodo delle adozioni da parte degli omosessuali.

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A volte, d’altronde, è lo stesso Berlusconi a lasciare a Renzi spazi insperati dal segretario del Pd, com’è accaduto con la gestione delle candidature alle elezioni amministrative di giugno, specie a Roma. Dove, pur di non cedere sul rifiuto delle primarie in quel che resta del centrodestra, e sul diritto di scelta o decisione da parte dei vertici dei partiti, egli ha accettato o si è inventata la bizzarria delle primarie di risulta, o ratifica, indette per la festa del papà. Che potrebbero fornire il pretesto a Matteo Salvini, mostratosi già pronto a profittarne, per disseminare di altri chiodi  – altro che bignè di San Giuseppe – la strada del contrastato Guido Bertolaso. Mentre la Debora Serracchiani di turno potrà continuare a vendersi al mercato mediatico come fiori freschi le primarie appassite del suo Pd, dove chi perde conserva spesso il diritto di boicottare poi chi vince, come forse stanno già temendo Roberto Giachetti a Roma e Valeria Valente a Napoli, a dispetto dei complimenti ricevuti, rispettivamente, dai concorrenti battuti Roberto Morassut e Antonio Bassolino.


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