Il centro-destra ha finalmente trovato il candidato sindaco nella persona di Stefano Parisi, imprenditore e manager nel settore delle nuove tecnologie, che nel suo curriculum vanta incarichi ed esperienze prestigiose maturate sia nell’alta burocrazia a livello centrale e periferico, sia a livello associativo come direttore generale della Confindustria, nonché (la cosa non guasta) una breve esperienza all’ufficio studi della CGIL.
La discesa in campo di Parisi riapre i giochi che sembravano già fatti a favore di Beppe Sala. Si è parlato di scontro tra manager per la successione a Giuliano Pisapia. In questa categoria rientra anche Corrado Passera la cui vera carta da giocare sembra essere, al pari dei 5 Stelle, quella di contribuire a determinare l’esito del ballottaggio. I
n realtà se Beppe Sala può essere iscritto di buon diritto alla categoria dei manager che passano alla politica, Stefano Parisi ha già una sua dimensione e una esperienza politica e amministrativa di tutto rispetto pur essendo ancora relativamente poco noto ai cittadini milanesi. Inoltre ha capacità di visione strategica, equilibrio e lucidità di analisi, autonomia di giudizio che ne fanno un potenziale leader politico. Non disdegna di valorizzare la figura albertiniana del “Sindaco amministratore di condominio” ma nello stesso tempo si prefigge di “guidare i Comuni lombardi contro il Patto di Stabilità”. Insomma un avversario da non sottovalutare per Sala, in particolare nei confronti diretti in “streaming”.
Le criticità di Parisi riguardano la debolezza delle forze politiche che lo hanno scelto e che, se da una parte possono assicurargli il ballottaggio, certo non ne garantiscono l’esito. Al di là del sostegno di Salvini, Gelmini, La Russa e Lupi che guideranno le liste di appoggio a Parisi, sono i leader del centro-destra ad avere bisogno di un candidato sindaco credibile, più di quanto Parisi abbia bisogno di loro. La vittoria del centro-sinistra alle ultime elezioni a Milano fu favorita dalla grande astensione dei potenziali votanti di Letizia Moratti più che dal numero assoluto di voti ottenuto da Pisapia. Per questo l’obiettivo di Parisi non può che essere quello di convincere a tornare alle urne quei moderati milanesi ( tra i quali per la verità cercherà consensi anche Beppe Sala) che si sono rifugiati nell’astensionismo.
Forse è anche per questo che Parisi ha invitato gli avversari politici ad una forte dialettica sui contenuti evitando la denigrazione reciproca perché con la delegittimazione cresce l’antipolitica, il qualunquismo e l’astensionismo. Parisi sembra determinato a rivitalizzare in senso liberale le tradizionali politiche di un’area di centro-destra divisa e molto indebolita nella propria identità. Le sue prime affermazioni denotano un approccio realistico ma di ampio respiro su temi politicamente ed eticamente sensibili. “La questione della moschea a Milano? Non prioritaria per la città ma la libertà di culto va rispettata. La step child adoption? No all’utero in affitto ma nessun pregiudizio pur di evitare ad un bambino l’orfanotrofio. La vittoria del centro-destra a Milano provocherebbe lo sfratto di Matteo Renzi da Palazzo Chigi? Non esageriamo. La sicurezza? Dobbiamo offrire soluzioni, non alimentare ansie”. Oggi Parisi è il candidato autorevole di una coalizione di partiti in affanno. Il valore aggiunto per far la differenza consiste nei larghi margini di autonomia di cui deve disporre.
Lo schieramento di centro-sinistra ha caratteristiche differenti perché siamo in presenza dell’unico partito, il PD, che ha mantenuto una struttura organizzativa diffusa nel territorio e che ha ritrovato sulla candidatura di Sala la propria unità. Non a caso Majorino è oggi il più importante alleato interno di Sala. La vittoria alle primarie ha dato legittimità e autorevolezza all’ex Commissario di Expo 2015 ma ha lasciato aperte ferite che si rimargineranno a fatica.
Come era facilmente prevedibile la sinistra massimalista trova difficoltà a far votare Sala dopo che lo ha presentato come il proconsole di Renzi a Milano e non gli ha risparmiato accuse, nella gestione di Expo, che andavano oltre la scarsa trasparenza. Per questo una parte della sinistra radicale non rispetterà il patto di lealtà tra i partecipanti alle primarie e potrebbe confluire in una lista con un proprio candidato sindaco, sulla cui identità peraltro non sembra esserci ancora un orientamento condiviso.
La scelta politica di questi gruppi sarà importante soprattutto al ballottaggio dove i nemici di Renzi dovranno decidere se confluire su Sala, oppure scegliere la logica del “tanto peggio tanto meglio” e passare all’astensione. Sarà quindi il tasso di “renzifobia“ a decidere le scelte della sinistra radicale. Lo schieramento di centro-sinistra al momento sembra essere oggi il più forte ma per Sala vale il ragionamento opposto di quello fatto per Parisi. L’ex Commissario di Expo 2015 non ha grandi margini di manovra e per allargare i consensi deve mediare sul programma con le forze sconfitte al ballottaggio, esponendosi al rischio di perdere appeal nei confronti del voto moderato.
I candidati devono ancora affrontare con chiarezza molti argomenti ma le condizioni per garantire un campagna elettorale propositiva sono favorevoli. L’esito finale invece non è oggi facilmente prevedibile.