Gianni Bessi è consigliere regionale del Pd in Emilia-Romagna, ed è impegnato da sempre sulle tematiche energetiche.
Bessi, secondo il sondaggio SWG pubblicato domenica 28 febbraio su L’Unità, il 78% degli italiani è contrario alle trivellazioni.
Intanto c’è modo e modo di fare un sondaggio. Non penso che abbiano un grande valore risposte generiche a domande altrettanto generiche. Se per esempio una delle domande fosse stata “Lei è favorevole alla perdita di 6700 posti di lavoro impiegati a Ravenna nell’impiantistica offshore, un’industria sicura e altamente specializzata” che cosa avrebbero risposto, secondo lei, le persone sondate? Questo per dire che la materia energetica è complessa e delicata. E di certo non può essere affrontata con un referendum che inevitabilmente impedisce un confronto serio, sereno e di merito.
Lei vuol dire che questo confronto serio e di merito non c’è?
Al momento per niente. Basta vedere la propaganda francamente un po’ terroristica che viene fatta dal fronte dei referendari. I quali, prima di tutto, falsificano la realtà. Non si andrà a votare a favore o contro le trivelle: questa è una sciocchezza bella e buona. Il 17 aprile si dovrà scegliere se mantenere le concessioni già concesse dallo Stato alle compagnie entro le 12 miglia dalla costa fino all’esaurimento dei giacimenti oppure fermare le attività, con tutti i danni che questo comporterebbe.
A quali danni fa riferimento?
Fermando la produzione si rinuncerebbe ad un’enorme ricchezza, si lascerebbero morire le imprese nate intorno alle attività estrattive, aumenterebbero le importazioni e quindi anche i costi a carico della collettività. Per non parlare dei rischi ambientali collegati ad uno stop anticipato della produzione o a un aumento di transito delle petroliere nei nostri mari.
Allora perché nove regioni si sono schierate contro le trivelle?
In realtà me lo chiedo anche io. Sembrerebbe quasi un attacco alla mia terra, dove si concentra la maggior parte delle attività offshore del Paese. Infatti la mia regione fin dal primo momento non ha condiviso le iniziative dei referendari.
Questo referendum a mio avviso è solo strumentale e nasconde manovre politiche, di cui non voglio parlare. Però è un dato che tra i promotori c’è una regione che ospita il più grande giacimento su terra ferma di Europa. Che a me va benissimo, intendiamoci, come va bene a loro. Poi c’è un altro dato che va sottolineato e su cui bisogna fare chiarezza.
Quale?
Questo referendum riguarda principalmente le estrazioni di gas, una fonte energetica considerata strategica per la transizione verso modelli più sostenibili. Combattere l’utilizzo di questa risorsa, che è presente anche in grande quantità nel nostro Paese, significa rinnegare il progresso, in barba agli accordi di Parigi.
Infine voglio lanciare una provocazione. Estrarre in Italia significa rispettare norme rigide ed elevati standard di sicurezza ambientali e contare su eccellenze tecnologiche esportate in tutto il mondo. Siamo sicuri che questo avviene anche in altri paesi, da cui, se passa questo referendum, dipenderemmo al 100%?
Intervista pubblicata sul quotidiano L’Unità il giorno 1 marzo 2016