È con un senso di profonda liberazione che il pianeta tutto ha accolto la notizia dell’Oscar finalmente conquistato da Leonardo di Caprio. Dopo ripetuti tentativi, lo squisito attore – indimenticato nel ruolo di Luke in Genitori in Blue Jeans – si è accaparrato l’ambita statuetta. Nel ricevere il premio, Di Caprio ha scelto di dedicare gran parte del suo discorso al tema del cambiamento climatico, chiedendo di non sostenere i leader politici poco incisivi su questo fronte.
Rappresentanti del cinema, della cultura, delle arti e dell’intellighenzia, di oggi e di ieri, non sono nuovi a pubbliche esternazioni di supporto a questa o quella causa. Richard Gere con il Tibet. Michelle Obama con l’alimentazione sana. I cantanti di Sanremo con i diritti civili. Gli U2 con la cancellazione del debito ai paesi poveri. Brigitte Bardot con gli animali.
Non è trascurabile la capacità di fare opinione di quanti si trovino ad essere illuminati dalla polvere di stelle della notorietà. E, viceversa, è del tutto apprezzabile che le celebs scelgano di prestare il proprio volto alla causa dell’impegno civile.
Dove si cela, dunque, l’inghippo? Si trova, io credo, nella nebbiolina sottile in cui spesso si confondono i concetti di ‘sensibilizzazione’, ‘informazione’, ‘generalizzazione’ e ‘buttare tutto in caciara’. Pur non volendo attribuire responsabilità eccessive alle prese di posizione di cantanti e attori – che legittimamente esprimono punti di vista personali –, il rischio del ‘testimonial’ è quello di sedimentare opinioni iper-semplificate. Opinioni che strizzano l’occhio alla ‘pancia’ dei cittadini-spettatori-elettori-consumatori, presso i quali finisce con il prendere piede il pensiero unico buonista, di cui recentemente scriveva Galli Della Loggia sul Corriere della Sera.
La trasformazione della società si nutre di complessità, ha bisogno di voci fuori dal coro e non può prescindere da un confronto informato, serio e fondato sul rispetto del contraddittorio. Non sono certa che abbia giovato alla causa LGBT l’immagine di Barbara D’Urso intenta a sventolare dallo schermo TV un drappo multicolore. Dateci piuttosto dieci articoli di taglio conservatore, critico, controcorrente. Ma zeppi di spunti provocatori, capaci di parlare alle intelligenze e non alle ‘pance’, di insinuare dubbi, punti di domanda, voglia di approfondire. Alziamo l’asticella del confronto, ce lo meritiamo.