Quattro audizioni in una settimana, dalle 22.30 alle 2 del mattino, in videoconferenza per l’Australia. “Sono un po’ stanco”, dice alla Stampa il cardinale George Pell, prefetto della Segreteria per l’Economia e già arcivescovo di Melbourne e Sydney. Interrogato dalla Royal Commission australiana che indaga sugli abusi su minori commessi tra gli anni Settanta e Ottanta da parte di membri del clero. In particolare, a Pell è stato chiesto conto di quanto avveniva nelle diocesi di Ballarat (dove era sacerdote e vicario espicopale, cioè collaboratore del vescovo) e Melbourne (dove fu vescovo ausiliare e poi arcivescovo).
L’ACCUSA
Il tema è sempre quello, già indagato più volte: la copertura degli abusi. Pell sapeva o no quanto avveniva? Era a conosceza delle ragioni che spingevano i suoi superiori a trasferire di parrocchia in parrocchia i preti pedofili?
LA DIFESA DEL CARDINALE AUSTRALIANO
Lui ha sempre respinto ogni addebito, anche se ha ammesso – sempre nella lunga intervista concessa ad Andrea Tornielli – di essere stato “un po’ passivo e un po’ scettico rispetto ad alcune accuse”. Nel dettaglio (riguardo la situazione di Ballarat) il porporato dice: “Io ero prete da poco, e sebbene fossi vicario episcopale, avevo un ruolo consultivo, non esecutivo. La notizia mi arrivò da un giovane, io riferii la circostanza al cappellano della scuola. Mi fidavo del suo giudizio”. Oggi, aggiunge, “potendo guardare con maggiore chiarezza a quei fatti con le informazioni di cui dispongo, avrei voluto fare di più. E’ una tragedia terribile e mi dispiace davvero tanto per tutti quelli che hanno subito questi crimini”.
LA NOTA DELLA SANTA SEDE
Padre Federico Lombardi, in una nota diffusa venerdì, ha chiarito che “si deve dare atto al card. Pell di una testimonianza personale dignitosa e coerente (una ventina di ore di dialogo con la Commissione Reale!) da cui risulta una volta di più un quadro obiettivo e lucido degli errori compiuti in molti ambienti ecclesiali (in questo caso in Australia) nei decenni passati. E questa è un’acquisizione non inutile nella prospettiva della comune ‘purificazione della memoria’. Si deve dare anche atto a diversi membri del gruppo delle vittime venuto dall’Australia – ha aggiunto il direttore della Sala stampa vaticana – di aver dimostrato la disponibilità a stabilire un dialogo costruttivo con lo stesso cardinale e con il rappresentante della Commissione per la protezione dei minori – il P.Hans Zollner S.I., della Pontificia Università Gregoriana – con cui hanno approfondito prospettive di impegno efficace per la prevenzione degli abusi”.
SUSSURRI DAI SACRI PALAZZI
Una lettura che Repubblica, in un articolo pubblicato ieri a firma di Orazio La Rocca, mette in dubbio: “In Vaticano cresce il silenzioso esercito pronto a brindare per vederlo sollevato d’autorità dal suo prestigioso prestigioso incarico”. Ormai, scrive La Rocca, “‘non è più difendibile’ dicono Oltretevere quanti (anche tra vescovi e cardinali) sono rimasti delusi e sconcertati’ per le risposte date dal porporato in teleconferenza”. Secondo quanto riporta il quotidiano diretto da Mario Calabresi, “tra i prelati dei Sacri Palazzi” filtra la convinzione che “per un atteggiamento simile c’è solo una strada da intraprendere, quella delle dimissioni”.
L’EPISODIO DEL 1974
A riassumere le audizioni, sul Corriere della Sera, è stato Gian Guido Vecchi: “‘Con l’esperienza di quarant’anni dopo, convengo sul fatto avrei dovuto fare di più. L’ultima notte di deposizione davanti alla Royal Commission governativa australiana non cambia la sostanza, George Pell smentisce ogni responsabilità nella copertura di preti pedofili e dice d’essere stato ingannato dai superiori. Però ammette un episodio esemplare di ciò che accadeva negli anni Settanta e Ottanta. Era il 1974 e uno studente del St. Patrick’s College gli disse che il ‘fratello cristiano’ Edward Dolan ‘si comportava male’ con i ragazzi. ‘Lo disse in una conversazione, casualmente, non mi chiese di fare qualcosa…Supposi che fosse tecnicamente un lamentela’, ha raccontato Pell. Quando il presidente della Commissione Peter McClellan gli ha chiesto cosa fece, Pell ha riposto: ‘Non ho fatto niente’. Alla fine, ha aggiunto, ‘qualcosa ho fatto’: ne parlò con il cappellino della scuola, e il cappellano replicò che l’ordine dei Fratelli cristiani ‘si stava occupando’ delle accuse”.