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Tutti i vantaggi dell’accordo Ue-Usa sul Privacy shield

Martedì 1 marzo la Commissione europea ha pubblicato i testi giuridici che instaurano lo scudo Ue-Usa per la privacy, il cosiddetto Privacy shield. Si tratta di un accordo volto a proteggere la riservatezza dei dati dei cittadini europei in caso di trasferimento oltreoceano e che sostituisce il vecchio Safe Harbor, bocciato a ottobre scorso dalla Corte europea di giustizia. Per Bruxelles, d’ora in poi ci saranno obblighi più stringenti per le imprese Usa rispetto alla protezione dei dati e un monitoraggio più severo che le autorità europee condurranno con quelle federali americane. Il percorso del nuovo quadro giuridico, tuttavia, non è terminato: la bozza dovrà ora ottenere il disco verde di un comitato di rappresentanti degli Stati membri e delle autorità europee per la protezione dei dati, per poi passare dalla decisione finale nel Collegio dei commissari. (Redazione Formiche.net)

Non sottovaluterei il valore politico dell’accordo del 2 febbraio tra Commissione europea e Stati Uniti sul cosiddetto Privacy shield, il nuovo quadro giuridico per il trasferimento dei dati personali dei cittadini che sostituirà il regime di Safe harbor. Non si conoscono ancora nel dettaglio i termini dell’intesa che, in ogni caso, potrà essere rivista ogni anno e che naturalmente dovrà salvaguardare i poteri di indagine delle autorità della privacy dei Paesi europei. E i dettagli spesso fanno la differenza.

Ma credo che, per i cittadini e per le aziende, il patto Ue-Usa sia un’ottima notizia per almeno due ordini di ragioni. Primo, perché l’Europa corre seriamente il pericolo che si affrontino le questioni centrali della privacy nell’epoca di Internet solo a colpi di sentenze della Corte di giustizia: prima quella sul diritto all’oblio poi quella sul Safe harbor hanno costretto un po’ tutti ad aprire gli occhi sul problema, ma non ne hanno offerto una via d’uscita. Lo stesso WP29, il gruppo di lavoro che riunisce i garanti della privacy del Vecchio continente, ha chiesto in più occasioni ai governi europei una soluzione politica da negoziare con Washington.

Secondo, perché un’intesa tra Europa e Stati Uniti ha un valore strategico fondamentale per l’economia di Internet e per la salvaguardia della Rete così come l’abbiamo conosciuta. Lo sappiamo: di qua e di là, dall’Atlantico l’approccio al tema della privacy esprime sensibilità diverse, ma l’idea di Rete come spazio aperto e orizzontale, come luogo delle libertà e delle opportunità è un valore altrettanto cruciale che accomuna le due sponde dell’oceano e che va salvaguardato.

Durante il semestre di presidenza italiano abbiamo sollecitato una posizione comune dei Paesi Ue sulla governance di Internet e sulla net neutrality, proprio come premessa per un rapporto leale ma privilegiato innanzitutto con gli Stati Uniti. La centralità, non solo economica, dei cosiddetti over-the-top ci costringe oggi a ragionare in termini costituenti di diritti e doveri della persona, e la dimensione europea è quella minima per iniziare a farlo. La questione fiscale è un vuoto che va riempito, ma pensare di poter contrapporre l’idea di un’Europa solo delle regole agli Usa dell’innovazione è un rischio che non possiamo correre, anche perché ci vedrebbe perdenti.

Ricordo che il Garante della privacy italiano, primo in Europa, ha raggiunto un accordo con Google che consente anche di inviare i propri ispettori a controllare i server di Mountain View, come già sta avvenendo nonostante la distrazione dell’opinione pubblica. E mi risulta che la strada scelta dall’Italia sia stata seguita da altri Paesi europei. Il vuoto normativo va certamente colmato a livello europeo. Il vuoto politico, dopo il Privacy shield, fa meno paura.

Articolo pubblicato sulla rivista Formiche


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