Tutti gli ultimi governi italiani, e quello di Matteo Renzi in particolare, si sono impegnati nell’azione riformista. Un riformismo sempre più populista, decisionista, ma superficiale e arruffone, per niente interessato ad analizzare i problemi in profondità. Un approccio da ufficio marketing, che ha già prodotto un campionario di orrori.
Licenziamenti. Il 12 marzo entrerà in vigore una riforma che aveva l’obiettivo di limitare il fenomeno dei licenziamenti in bianco (che peraltro, secondo i consulenti del lavoro, non esiste). Si è messo in piedi un contorto meccanismo fondato sull’obbligo di consegnare le dimissioni in forma elettronica. Il lavoratore che non ha tempo da perdere con questi gingilli burocratici andrà dal proprio ex capo e gli dirà «addio». L’azienda a questo punto dovrà licenziarlo. Pagandogli però il ticket di licenziamento. E lo Stato sborserà la Naspi (la nuova indennità di disoccupazione) per due anni. Costo stimato: oltre 100 milioni l’anno per le aziende, un miliardo e mezzo ogni due anni, per lo Stato. Non rispettare la legge, conviene.
Falso in bilancio. La Riforma doveva servire a dare un giro di vite e cancellare la depenalizzazione varata dal centrodestra nel 2002. Ma ha eliminato la rilevanza penale delle valutazioni. Il risultato, secondo due sentenze della Cassazione, è un «liberi tutti». Ma un’altra sentenza della stessa sezione V cerca di arrampicarsi sui vetri e arriva al risultato opposto. Quando le riforma sono scritte bene, si vede subito.
Omicidio stradale. Per evitare di lasciare fuori dal carcere qualche ubriaco che al volante combina disastri, si è varata una norma che toglierà la patente a centinaia di persone ogni giorno, e altrettante rischieranno di finire in galera.
Tfr in busta paga. Nei piani del governo avrebbe arricchito la busta paga del 40/50% dei lavoratori dipendenti. È stato scelto dallo 0,1% degli aventi diritto.
Monocameralismo. La madre di tutte le riforme è quella che avrebbe dovuto abolire il senato. Una mediazione dopo l’altra, si è ripiegato su un pasticciato depotenziamento. Il Senato rimane, ma la maggior parte delle leggi le voterà la Camera. Avremo una riforma ogni due giorni e una controriforma due volte a settimana. Tutte via Twitter.
Pubblicato su Italia Oggi, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi