Skip to main content

Ci può essere solo una rete in fibra ottica. Parla Bonannini (Interoute)

Serve fibra ottica a casa di tutti. A costruire la rete e a metterla a disposizione degli operatori dovrà essere lo Stato, e non solo nelle aree a fallimento di mercato. Ecco come dovrebbe essere l’infrastruttura in fibra ottica secondo Simone Bonannini, amministratore delegato di Interoute Italia, l’operatore proprietario della più grande piattaforma di servizi cloud in Europa che offre servizi alle imprese internazionali, ai più importanti operatori delle telecomunicazioni al mondo, ai governi e alle università.

In questa conversazione con Formiche.net Bonannini spiega perché realizzare l’infrastruttura di rete pubblica avrebbe delle ripercussioni sulla competitività del sistema paese italiano.

Bonannini, innanzitutto: gli obiettivi di Europa 2020 sono ancora realistici?

Credo che gli obiettivi del 100% di penetrazione di almeno 30 megabit al secondo e il 50% a 100 megabit siano stati innanzitutto definiti male. Qualcuno si è mai preoccupato di chiedersi se questi megabit, devono essere simmetrici o asimmetrici?

Ci spieghi la differenza.

Le linee asimmetriche coprono principalmente le necessità di download e navigazione, le simmetriche abilitano invece ad immettere contenuti nella rete. È evidente che ormai il tipo di comunicazione che tutti facciamo tende ad essere sempre di più simmetrica. Ognuno di noi è un produttore di contenuti, scatta fotografie, realizza filmati e li spedisce, e quindi li manda in upload, o addirittura li memorizza nel cloud, quindi su dei server di Amazon, Aruba o Microsoft, al di fuori della propria casa o azienda. Le stesse videocomunicazioni che si usano nelle aziende sono sistemi simmetrici.

Che risposta si è dato allora?

Forse ha fatto comodo a tutti i vecchi incumbent in Europa che non si dicesse che sarebbe stato bene raggiungere gli obiettivi con tecnologie simmetriche, perché le varie “dsl” (adsl, sdsl, hdsl o vdsl) sono tutte asimmetriche.

Qual è quindi la soluzione tecnologica per raggiungere gli obiettivi? La rete in rame va totalmente sostituita?

Se parliamo del 2020 probabilmente un mix di fibra e rame può bastare. Ma fare oggi un investimento in fibra ci permetterebbe di raggiungere anche qualsiasi altro obiettivo ci daremo nei prossimi anni. Guardando le statistiche di utilizzo è dimostrato inoltre che ogni sette anni si decuplica la necessità di banda. Oggi a casa nostra ci sono 20 megabit di adsl e 100 megabit in fibra per chi abita a Milano, quindi nel giro sei sette anni avremo bisogno fino ad 1 gigabit. Come si pensa di farlo con il rame?

Perché dovrebbe farlo solo l’Italia?

Gli altri paesi partono da un situazione di vantaggio, che noi, insieme alla Grecia, non abbiamo, ovvero quella di avere avuto le televisioni via cavo. Ciò significa che nel momento in cui dovessero decidere di avere fibra ottica a casa di tutti, come esiste in tutta Londra e in mezza Parigi, sarebbe semplicissimo estrarre il cavo coassiale che portava la tv via cavo e inserire una coppia di fibre. In Italia ciò non è fattibile. Se vogliamo pensare allo sviluppo del nostro paese dobbiamo tenere conto di una serie di fattori: siamo ultimi per decisioni non prese, per oggettive complicazioni territoriali, e perché qualcuno ci ha anche un po’ giocato.

Perché?

Ovviamente meno si realizza un’infrastruttura che può essere messa a disposizione a parità di condizioni, di tutti i soggetti, meno si contende il mercato a chi oggi ce l’ha in mano.

È quello che ha annunciato di voler fare il governo nelle aree a fallimento di mercato.

L’unico modo per garantire la concorrenza, e di correggere l’errore della privatizzazione di Telecom italia, che ha contribuito a determinare l’arretratezza e le ultime posizioni del nostro Paese nelle classifiche europee, è realizzare la rete in fibra pubblica. E lo si può fare oggi, che siamo ad un passaggio tecnologico tra rame e fibra.

Cosa pensa della decisione dell’esecutivo?

Promuovo la scelta del governo, ma la porto all’estremo: vorrei che la rete fosse in mano pubblica su tutto il Paese indistintamente. Non senza aver fatto prima un censimento, un catasto delle infrastrutture, per individuare tubi vuoti e fibre realizzate da municipalizzate, regioni e comuni, oggi presenti sul territorio, fatte con danaro pubblico e di cui nessuno ha evidenza. Il fatto di avere una rete pubblica in fibra spenta che poi viene messa a disposizione di tutti sul modello di quello che Metroweb fa a Milano, a parità di condizioni, ci risolverebbe il famoso problema di avere un arbitro che fa da giocatore.

Non sarebbe contro la normativa europea sugli aiuti di Stato?

Metroweb, che nasce con i danari dell’Aem di Milano, e quindi pubblici, ha cablato tutta Milano. È per caso un’area a fallimento di mercato?

Come vede l’eventuale ingresso di Enel nella corsa alla costituzione della rete a banda ultralarga?

Enel ha fatto una società di scopo, l’Enel Open Fiber. Visto che l’azionista di riferimento è lo Stato, vorrei che si muovesse in modo coordinato con Infratel.

Cioè?

Fatto il censimento delle infrastrutture, spendiamo i soldi pubblici dove non li sta già spendendo Enel. Un giorno magari Enel Open Fiber potrebbe essere ceduta, o fatta confluire nella società di rete pubblica che resterebbe probabilmente al 30% dello Stato e la restante parte potrebbe essere ceduta a fondi infrastrutturali e metta sul mercato con il famoso modello Terna, che piace tantissimo ai mercati. Questo consentirebbe di avere anche le risorse finanziarie per fare un progetto che servirà nel lungo periodo.

Telecom è più interessata a costruire le infrastrutture o ad affittarle?

A mio avviso l’obiettivo di Telecom è ritardare il più possibile che la rete pubblica venga fatta perché poi è evidente che dovrebbero affittarla come tutti gli altri operatori a parità di condizioni. Oggi non compete a parità di condizioni perché è lei che affitta il rame a tutti gli altri. Più riesce a ritardare la realizzazione della rete e più valorizza la sua posizione di rilevanza sul mercato che ha in questo momento.

Cosa farebbe al posto di Telecom?

Io fossi Telecom non investire più in infrastruttura. Aspetterei che qualcun altro lo faccia per poi andare ad affittare. In più, venderei oggi allo Stato una serie di canalizzazioni che possono essere utilizzate per la fibra per riaffittarle nel momento in cui mi servono. Così da avere un guadagno immediato.

Cambierà qualcosa con Vivendi di Bollorè in Telecom?

Non conosco i veri dettagli del piano che è stato presentato. Voglio essere fiducioso che magari il nuovo azionista, essendo meno telco e più service oriented, possa essere anche aperto a questo tipo di visione.

Cosa c’entra Interoute in tutto ciò?

Oggi il mio mestiere è collegare sedi di multinazionali in giro per il mondo. Le multinazionali comprano da Interoute la Vpn (virtual private network, ndr), la rete privata virtuale che si va a costituire tra le loro sedi. Quando con la nostra ossatura europea non riusciamo a arrivare al punto da collegare, dobbiamo scavare. E farlo ha un costo che si ribalta sul cliente finale. Se io, Interoute, avessi sul territorio italiano qualcuno capace di fare quello che Metroweb fa a Milano, riuscirei invece a fornire il servizio con estrema semplicità. Se in Italia avessimo quell’infrastruttura di Rete molti imprenditori investirebbero di più in Italia e società come la nostra, che si occupa di collegare tali aziende su tutto il globo, avrebbero la possibilità di fare dei prezzi più convenienti , e con una base di costo più bassa, le aziende avrebbero un prodotto più competitivo. Avremmo in sostanza delle economie sviluppate come quella di Milano in posti impensabili della nostra penisola.


×

Iscriviti alla newsletter