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Sulcis, cosa si è deciso sullo stabilimento Alcoa

Roberto Forresu, Rino Barca e Daniela Piras, i tre segretari dei metalmeccanici di Fiom, Fim e Uilm del Sulcis, che da cinque giorni erano sul silos dello stabilimento Alcoa di Portovesme, ieri hanno cessato la loro forma di protesta e sono scesi dal tetto del magazzino, a 60 metri di altezza. La decisione è stata presa al termine dell’assemblea dei lavoratori dell’impianto riuniti all’esterno della fabbrica di alluminio per valutare gli sviluppi arrivati ieri da Palazzo Chigi dopo l’incontro a Roma tra il premier Renzi e il governatore Pigliaru.

Una riunione nella quale è stato ribadito l’impegno diretto del Governo per una soluzione positiva della vertenza che porti al riavvio produttivo del sito. Proprio per ottenere la riapertura della fabbrica, i tre segretari dei metalmeccanici hanno deciso l’estrema forma di protesta a 60 metri di altezza. Interessata a rilevare lo stabilimento c’è la multinazionale svizzera Glencore, che in Sardegna opera attraverso la Portovesme srl. Sul piatto c’è la competitività dell’impianto e il nodo da sciogliere è legato al costo dell’energia. Dopo le proposte del Governo ora si attende la risposta della società.

Abbiamo accolto l’invito dei lavoratori riuniti in assemblea e siamo scesi dal silo e concluso la riunione al presidio assieme a tutti gli operai“, hanno dichiarato all’ANSA i tre segretari dei metalmeccanici.

Ora vigileremo sugli impegni presi dalla politica – promettono – in particolare sulle iniziative che il Governo intenderà portare avanti per il riavvio dello stabilimento e della produzione dell’alluminio. È un primo passo che Glencore sia ancora al tavolo delle trattative – commentano – e ora occorre puntare all’obiettivo di rimettere in moto lo smelter“.

I tre sindacalisti durante i cinque giorni della protesta hanno sofferto freddo, vento e pioggia.

Per loro c’è stata una sola possibilità di trovare riparo sul tetto del silos: il nastro trasportatore delle materie prime all’interno di un tunnel di lamiera con le pareti ancora intrise di carbone e pece. È qui che hanno dovuto trascorrere la maggior parte del tempo, quando fuori pioveva ed il vento soffiava forte. Si tratta del reparto più nocivo dello stabilimento Alcoa di Portovesme, dove gli impianti (e i servizi di manutenzione) sono fermi dal 31 ottobre 2012.

Consumiamo tante salviette per il viso – aveva raccontato Barca al telefono un paio di giorni fa – perché le folate fanno volare le polveri, ed è come se non ci lavassimo da settimane“. Barca, 59 anni, una moglie e due figli, è alla sua seconda esperienza sul silos: “La prima volta salii nel 2012 e ci rimasi per quattro giorni. Allora – spiega – c’era il problema della fermata degli impianti Alcoa e chiedevamo che avvenisse in modo graduale. Fu un gesto dettato dalla disperazione“.

Roberto Forresu, 52 anni compiuti lunedì scorso ad “alta quota”, riconosce di non aver sentito la stanchezza: “Eppure sono l’ultimo che va a dormire e il primo che si alza“, dice. A casa ora l’aspetta sua moglie. “Abbiamo parlato ed era d’accordo, sa bene che faccio questo nell’interesse dei lavoratori“. Sul silo aveva portato qualcosa da leggere, ma non ha avuto il tempo di farlo perché il telefono ha squillato di continuo.

Daniela Piras, 39 anni, è l’unica donna del trio ed è anche lei alla seconda protesta in cima al silos. A differenza dei suoi colleghi, è assai provata: “Sono stanca – confessa – ed il mio corpo si è ritrovato spesso irrigidito dal freddo. La prima cosa che farò è una doccia calda e qualche ora di riposo, ma la vigilia di Pasqua la dedicherò a rimettere a posto una sorta di diario dedicato a questi ultimi giorni che il giornale del mio sindacato pubblicherà a fine mese. Sono contenta della solidarietà pubblica espressa da Carmelo Barbagallo, il leader della Uil, in merito alla nostra protesta che ha “smosso” le cose in ambito politico. Ora aspettiamo con fiducia delle buone nuove. Mi sono,pero’ emozionata nel sentire la voce gentile di alcuni bambini che per telefono mi hanno esortato a tenere duro“.

Lo slogan “Noi non molliamo” è quello che ripetono da anni i lavoratori siderurgici del Sulcis.

Sono gli stessi che ora attendono la buona notizia della riapertura dello stabilimento di Portovesme.


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