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Carige, tutti i dolenti dossier per Tesauro e Bastianini

Per la genovese Banca Carige si avvicina una data fatidica: il 31 marzo, quando l’assemblea degli azionisti sarà chiamata a nominare il nuovo consiglio di amministrazione, dopo la discontinuità al vertice chiesta dalla famiglia Malacalza, azionista di riferimento.
NUOVO PIANO
Ma il 31 marzo è una data forse ancora più importante per l’attuale tandem alla guida dell’istituto, ossia l’amministratore delegato Piero Montani e il presidente Cesare Castelbarco Albani. E questo perché è la data ultima entro cui Carige deve presentare un nuovo “funding plan”, ossia un piano per reperire risorse, dopo la dura lettera di contestazione arrivata dalla Bce il 19 febbraio e resa nota al mercato la sera del 3 marzo. Non solo: sempre come da richieste dell’Eurotower, la banca genovese dovrà mettere a punto un nuovo piano industriale che tenga conto del deterioramento dell’attuale scenario rispetto alle originarie previsioni, oltre che un piano “che rifletta nuove considerazioni sulle opzioni strategiche del gruppo”, il tutto entro il 31 maggio.
IL CONTESTO
Le richieste della Bce si inseriscono in un contesto già molto complesso per il gruppo bancario genovese, che era stato l’unico italiano, insieme con Monte dei Paschi di Siena, a non superare gli stress test europei dell’autunno del 2014, e che nel giro di soli due anni, il 2014 e il 2015, ha battuto cassa tra i soci con due aumenti di capitale per un totale di 1,65 miliardi. E ora? Proprio mentre dalla segrete stanze della Bce stava per partire la missiva con cui si chiedevano nuovi compiti da fare, Carige si stava muovendo per fronteggiare le difficoltà. Già il comunicato del 3 marzo con cui era stata annunciata la lettera della Bce spiegava: “Alla data odierna la banca mantiene una solida posizione di liquidità”; tuttavia, al fine di rafforzarla, sono stati emessi, “nel mese di febbraio, due nuovi covered bond retained, a valere sui programmi OBG1 e OBG2 per complessivi 850 milioni”, senza contare che sono state realizzate “due nuove operazioni di cartolarizzazione di un portafoglio di leasing e di un portafoglio di prestiti personali e cessione del quinto originato dalla controllata Creditis, con un positivo effetto sulla liquidità stimato in circa 500 milioni”.
LE MOSSE
Il bilancio del 2015 di Carige, appena depositato in vista dell’assemblea del 31 marzo chiamata ad approvarlo, spiega nei dettagli tutta la faccenda. Innanzi tutto, per comprendere le mosse, bisogna tenere presente che per la banca ligure “nel corso del 2016 scadranno, tra gli altri, 1.180 milioni di covered bond (primo programma) e 423 milioni di prestiti subordinati LT2 (giugno 2016)”. Questo significa che la banca a scadenza dovrà pagare gli obbligazionisti. Da qui le esigenze di liquidità, per fronteggiare le quali, si legge sempre nel bilancio, sono state deliberate le operazioni di cui sopra, ossia una “cartolarizzazione, mediante la cessione di un portafoglio di contratti di locazione finanziaria (leasing) a una società veicolo, per un importo indicativo di 450-600 milioni nonché la realizzazione da parte della controllata Creditis Servizi Finanziari di un’operazione di cartolarizzazione per un importo indicativo di 500 milioni mediante la cessione di un portafoglio costituito da prestiti personali e cessioni del quinto a una società veicolo”.
IL NO DELLA BCE
Ma non è tutto. Come riportato nel bilancio (e anticipato dall’Ansa il 9 marzo), lo scorso 15 gennaio la Bce ha respinto la richiesta di Banca Carige di autorizzare il riacquisto parziale dell’obbligazione subordinata “Banca Carige 8,338% perpetuo Tier 1”, vale a dire un bond subordinato da 160 milioni di euro emesso nel 2008 e per il quale è già stato sospeso il pagamento della cedola. Il diniego dell’Eurotower, spiega il bilancio di Banca Carige, è collegato alla mancanza delle “condizioni previste dalla vigente normativa per la connessa riduzione dei fondi propri”. In pratica, la Bce ha bloccato il riacquisto delle obbligazioni, che essendo subordinate vanno in parte a rafforzare il patrimonio, proprio per evitare di andare a intaccare il patrimonio stesso della banca. La situazione, insomma, è quanto mai delicata. È urgente che i vertici in uscita si mettano al lavoro fino all’ultimo minuto del loro mandato e che i nuovi, ossia il presidente in pectore Giuseppe Tesauro (nella foto) e l’ad in pectore Guido Bastianini, si rimbocchino già le maniche.

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