È curioso sentirsi escludere addirittura dal “genere umano” dalla sorella dei Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, per avere pensato o proposto a quel che rimane ormai del centrodestra a Roma, come ha fatto di recente, fra gli altri, Pier Ferdinando Casini, di convergere sulla candidatura di Alfio Marchini a sindaco di Roma. Che potrebbe essere l’unico in grado, dopo il cecchinaggio della corsa berlusconiana di Guido Bertolaso, di evitare che la partita capitolina sbocchi in un ballottaggio fra il renziano Roberto Giachetti e la grillina Virginia Raggi. Per la quale la Meloni ha già detto che inviterebbe i suoi elettori di destra, e quelli limitrofi della Lega di Matteo Salvini, a votare pur di non far vincere il candidato di Renzi, per quanto stimi personalmente e le stia simpatico il vice presidente piddino della Camera.
Se a pensarla diversamente dalla Meloni si esce dal “genere umano”, ci sarebbe da chiedersi fuori da che cosa la stessa Meloni possa o debba essere collocata da chi dissente, peraltro civilmente, dalle sue singolarissime pulsioni politiche. E dalla convinzione spavaldamente annunciata a Lucia Annunziata di rappresentare la candidatura “più forte” non della destra, o di quel che ne resta dopo il diserbante sparso da Gianfranco Fini, ma del centrodestra, o di quel che ne resta nel recinto dove l’ha confinato Silvio Berlusconi spingendo i dissidenti a lasciarlo, piuttosto che discutere con loro. Ma discutere davvero, non per finta, comunicando a mezzo stampa la linea decisa praticamente da solo all’insorgenza di ogni problema, grande o piccolo che sia.
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La crisi di quello che fu il centrodestra è ormai tale, salvo qualche successo conseguito qua e là solo per grazia ricevuta dalla solita sinistra tafazzista, come accadde l’anno scorso nelle elezioni regionali ligure, che opinionisti ed elettori una volta di quell’area sono tentati sempre più spesso di scommettere o sugli sviluppi dell’azione rottamatrice di Renzi contro la vecchia sinistra o sull’imborghesimento, diciamo così, del movimento grillino. Per cui basta, per esempio, che Beppe Grillo e Roberto Casaleggio resistano alle ambizioni genitoriali delle coppie omosessuali per fare tirare un sospiro di sollievo e immaginarne il recupero alla ragionevolezza. O che dalle loro stranissime primarie telematiche esca a Roma una candidata a sindaco dal profilo una volta tanto ordinario, un’avvocatessa brava, oltre che giovane e telegenica, come ha detto Berlusconi con la solita aria di chi se ne intende più di tutti, perché alla Meloni venga spontaneo preferirla in un eventuale ballottaggio, come si è già detto, a Giachetti. Che pure in Campidoglio ha lavorato, collaborando con l’allora sindaco Francesco Rutelli, e mi sembra avere qualche titolo di credito maggiore della pur consigliere comunale uscente dei grillini e insolitamente moderata Reggi. Insolitamente, rispetto alle caratteristiche sinora abituali dei pentastellati, portati più a protestare che a governare. E incorsi, quando è capitato loro di amministrare qualche Comune, in pasticci e infortuni.
A scommettere sui grillini ci ha già provato, d’altronde, e forse tornerebbe a farlo, ostinato com’è, l’ex segretario del Pd Pier Luigi Bersani. Che ci ha ricavato appunto l’ex. L’unico a guadagnarci politicamente qualcosa, ma di straforo, ottenendone voti tanto decisivi quanto non dichiarati, e quindi nascosti, è stato Pietro Grasso diventando presidente del Senato, e seconda carica dello Stato, ancora fresco di prima elezione a parlamentare. Elezione peraltro con quella schifezza delle liste bloccate poi incorsa giustamente nella bocciatura della Corte Costituzionale.
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Si discute molto in questi giorni, sui giornali e nei siti telematici più o meno specializzati, fra i quali il blog Relazioni Pericolose, dove una misteriosa e attentissima Astra recensisce, traduce e analizza libri, interviste e quant’altro, sui danni che riescono a fare nelle aziende, e alla collettività, gli psicopatici. Dei quali hanno trattato come “Colpevoli della crisi?” in un libro appena edito da Franco Angeli criminologi, psichiatri e psicoterapeuti come Isabella Merzagora, Guido Travaini e Ambrogio Pennati.
Qualcuno dovrebbe occuparsi anche della psicopatologia nella politica, e dei guai che procurano narcisi e manipolatori delle coscienze nei partiti e nelle masse più o meno grandi dei loro elettori. Senza prendersela solo con i morti, scomodando i vari Hitler, Stalin, Mussolini – a suo modo – e Pot Pot, per non parlare di altri fortunatamente scomparsi, perché ce ne sono in giro, ancora in vita e in azione, e spesso molto più vicini a noi di quanto non si creda. Personaggi, più che personalità, troppo pieni di sé che hanno fatto e fanno della politica, in piccolo o in grande, secondo i casi, una tragicommedia.