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Vi spiego perché le elezioni in Germania non sono state un disastro per Merkel

Può darsi che sia la voglia di remare controcorrente o la sindrome del bicchiere mezzo vuoto, ma le elezioni nelle tre regioni tedesche non si sono risolte con un disastro per Angela Merkel come si sente e si legge pressoché ovunque. Certo, Alternative fuer Deutschland ha avuto un successo elettorale, ma che come lo gestisce se resta fuori dal governo? Influenza dall’esterno, fa lo spauracchio tipo Cinquestelle in Italia (perché la Lega governa e in particolare in due grandi regioni ricche come la Lombardia e il Veneto, molto  più ricche della Germania est). Non solo. Si può parlare davvero di uno spostamento a destra dell’asse politico della Germania? Forse non ancora. Inoltre, non ci sono appuntamenti elettorali nazionali in vista e di qui all’anno prossimo tante cose possono cambiare. Ma vediamo i risultati.

Il quadro che emerge dai dati è decisamente a macchia di leopardo in Baden-Württemberg, Renania-Palatinato e Sassonia-Anhalt. La CDU perde ovunque, con percentuali diverse, e il partito della destra populista Alternativa per la Germania (AfD) entra in tutti e tre i parlamenti regionali, facendo il boom in Sassonia-Anhalt (Germania orientale). I socialdemocratici vincono in Renania-Palatinato ma arretrano pesantemente altrove. Crescono i liberali dell’FDP, i Verdi diventano primo partito in Baden-Württemberg.

Nel ricco Land di Stoccarda, i Verdi guidati da Winfred Kretschmann hanno governato bene e sono stati premiati diventando il primo partito con il 30% a scapito soprattutto dei socialdemocratici superati perfino da AfD e in parte dei cristiano-democratici. Kretschmann quasi certamente sarà confermato, ma Verdi e SPD non hanno la maggioranza assoluta dei seggi. Probabile un accordo con la CDU, grazie al comune approccio all’emergenza profughi che in B-W non fa paura. Ma non è del tutto escluso un allargamento della coalizione rosso-verde ai liberali dell’FDP (la cosiddetta coalizione “semaforo”: rosso-giallo-verde).

In Renania Palatinato, la presidente socialdemocratica Malu Dreyer sarà riconfermata grazie al 36,2%, più del risultato di cinque anni fa, contro il 31,8% della candidata di cristiano-democratica Julia Klochner, che aveva contestato le politiche pro-rifugiati della Merkel. Anche qui però non potrà essere replicata la coalizione rosso-verde uscente, a causa del crollo dei Verdi, che perdono dieci punti. Probabile, dunque, una grande coalizione tra i due partiti principali. L’AfD ha ottenuto il 12,6%, e i liberali dell’FDP rientrano nel Parlamento.

In Sassonia Anhalt, Alternativa per la Germania va ben oltre le aspettative: con il 24,2% diventa il secondo partito, non troppo distante dalla CDU del governatore uscente Reiner Haseloff, che perde 2,5 punti percentuali e scende al 29,8%. Ma AfD non andrà al governo, Haseloff verrà confermato anche se sarà difficile costruire una coalizione che tenga fuori la destra e l’estrema sinistra della Linke che pur perdendo sette punti percentuali resta alta al 16,3%: ma ovviamente non farà parte di un governo a guida CDU. Si conferma anche in questo Land la batosta dei socialdemocratici.

Emerge chiaramente che il sistema politico tedesco che era stato a lungo sostanzialmente bipolare, diventa più articolato e complesso, grazie al voto di protesta (che va soprattutto a destra, ma non solo) e, questa è l’altra costante, a causa del crollo della Spd. Andrebbe fatto un ragionamento a parte sull’eclisse dei socialdemocratici e la crisi dei partiti socialisti in tutta Europa. Ma in Germania, come è già successo in Francia, la crescita di una destra xenofoba, identitaria, isolazionista, non arriva al governo nemmeno su base locale. Ciò non significa sottovalutare la sua forza. Però non è proprio il caso di enfatizzare il risultato con i toni sportivo-militareschi che prevalgono nei media italiani.

Angela Merkel resta in sella, acciaccata, ma non piegata. E’ molto probabile che cercherà di attenuare le sue posizioni sull’accoglienza degli immigrati, ma siamo davvero sicuri che sia isolata in patria e all’estero? In ogni caso sarà lei a condurre la danza e a gestire la propria successione, con un partito socialdemocratico in affanno, chi vincerà fra un anno se non la Cdu che resta nonostante tutto il partito di Angela.

Stefano Cingolani


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