E’ stata presentata ieri in Vaticano l’attesa Amoris laetitia, l’esortazione post sinodale con cui il Papa tira le somme sul dibattito biennale riguardo la famiglia. Un testo corposo (più di 250 pagine), suddiviso in 325 paragrafi. Nove i capitoli. Tenendo presente la portata del confronto interno ed esterno alla Chiesa e le risultanze delle due assemblee sinodali (quella straordinaria del 2014 e l’ordinaria del 2015), le sorprese sono poche. Il documento, infatti, recepisce gran parte della relazione approvata dal circolo minore di lingua tedesca (che ebbe nel cardinale Christoph Schoenborn uno degli esponenti di punta), che fin dallo scorso ottobre era apparsa come il punto di mediazione tra le diverse posizioni, i cosiddetti conservatori da una parte (favorevoli al mantenimento dello status quo) e i progressisti dall’altra (decisi a sostenere un cambiamento drastico alla pastorale – qualcuno anche alla dottrina – in fatto di famiglia.
LA QUESTIONE DEI DIVORZIATI RISPOSATI
La soluzione che il Papa ha accolto punta, sul capitolo più controverso, quello cioè relativo alla riammissione dei divorziati risposati ai sacramenti, a un percorso penitenziale che – previo esame di coscienza e valutazione di un presbitero – possa condurre a una qualche integrazione nella vita della Chiesa. Francesco non parla da nessuna parte di “comunione”, lasciando indeterminato il quesito che più ha fatto discutere in questo biennio. Si valuterà caso per caso, perché “la strada della Chiesa è quella di non condannare eternamente nessuno” e per il fatto che “nessuno può essere condannato per sempre”. L’esortazione è chiara nell’affermare che “ciò che fa parte di un discernimento pratico davanti a una situazione particolare non può essere elevato al livello di una norma. Questo – si legge ancora – non solo darebbe luogo a una casuistica insopportabile, ma metterebbe a rischio i valori che si devono custodire con particolare attenzione”. Il vaticanista dell’Espresso, Sandro Magister, ha definito “sibillino” il responso del Papa, aggiungendo che “in 264 pagine e 325 paragrafi non una sola parola chiara a favore della comunione ai divorziati risposati”.
DOPPIA DELUSIONE
Il responsabile di Vatican Insider, Andrea Tornielli, parla di un documento “lungo e complesso”, rimarcando come proprio l’ottavo capitolo sarà quello “con ogni probabilità più discusso”. Sulla Stampa, lo stesso Tornielli osserva che “Francesco rilancia la necessità di discernere e di integrare, deludendo sia chi chiedeva cambiamenti della norma canonica sull’accesso alla comunione, sia chi ribadiva che nulla può mai cambiare sulla disciplina dei sacramenti”.
IL PAPA CENTRISTA
Massimo Franco, sul Corriere della Sera, scrive che “il documento rispecchia l’esigenza di mediare e accogliere le preoccupazioni di una nomenklatura ecclesiastica che non vuole apparire di retroguardia. Ancora meno, però, è incline ad assecondare posizioni progressiste che metterebbero in discussione certezze e princìpi ai quali si aggrappa in una fase di grande confusione. Le circa duecento pagine risentono delle tensioni emerse negli ultimi mesi nella Chiesa. E mostrano la determinazione del Papa a tenerne conto”. Di più, Franco aggiunge che si tratta della “rivendicazione di una linea che, fuori dal mondo religioso, si potrebbe definire centrista”.
“SI CONTINUA SU UN SOLCO GIA’ APERTO”
Su Repubblica trovano spazio le interviste a due cardinali, di opposte vedute. Da una parte Christoph Schoenborn, arcivescovo di Vienna, che spiega: “Ci sono situazioni dove non è possibile trovare una soluzione canonica. Ma laddove in coscienza si ha la certezza morale che un primo matrimonio non è sacramentale, si può ammettere ai sacramenti. Questa cosa né Giovanni Paolo II né Benedetto XVI l’hanno mai esplicitamente messa in dubbio. Già Wojtyla diceva che se non c’è scandalo si può, in questo caso, ammettere ai sacramenti. Queste sfumature sono sempre esistite. Francesco continua un solco già aperto.
“NON HA LO SCOPO DI CAMBIARE LA PASTORALE”
Dall’altra il cardinale statunitense Raymond Leo Burke: “Amoris laetitia non ha lo scopo di cambiare la pastorale della Chiesa per quanto riguarda quelli che vivono in una unione irregolare, ma di applicare fedelmente la pastorale costante della Chiesa, quale espressione fedele della pastorale di Cristo stesso, nel contesto della cultura odierna”.
LE CRITICHE D’OLTREOCEANO
Critiche sono state mosse da importanti associazioni cattoliche di stampo conservatore, soprattutto americane, come Voice of the family, che contesta una certa confusione riguardo la definizione delle situazioni cosiddette irregolari. Altrove, soprattutto sulla stampa anglosassone, si rimarca che le disposizioni contenute nell’esortazione rappresentano una sorta di “sfida” alla chiesa.
IL GENDER “INQUIETANTE IDEOLOGIA”
Ma non vi è solo la questione dei divorziati risposati. Il testo, soprattutto nelle prime parti, contiene una durissima condanna dell’eutanasia e del gender, definito “inquietante ideologia che induce progetti educativi e orientamenti legislativi che promuovono un’identità personale e un’intimità affettiva radicalmente svincolate dalla diversità biologica fra maschio e femmina. L’identità umana viene consegnata a un’opzione individualistica, anche mutevole nel tempo”.
NO ALLE UNIONI DI FATTO
Chiusura totale anche alle “unioni precarie”. Il Papa infatti scrive che “dobbiamo riconoscere la grande varietà di situazioni familiari che possono offrire una certa regola di vita, ma le unioni di fatto o tra persone dello stesso sesso, per esempio, non si possono equiparare semplicisticamente al matrimonio. Nessuna unione precaria o chiusa alla trasmissione della vita ci assicura il futuro della società”.
LA FAMIGLIA E’ “UNIONE ESCLUSIVA E INDISSOLUBILE TRA UOMO E DONNA”
Quanto alla famiglia, si ribadisce che è una, fondata sull’amore tra uomo e donna: “Nessuno può pensare che indebolire la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio sia qualcosa che giova alla società. Accade il contrario: pregiudica la maturazione delle persone, la cura dei valori comunitari e lo sviluppo etico delle città e dei villaggi. Non si avverte più con chiarezza che solo l’unione esclusiva e indissolubile tra un uomo e una donna svolge una funzione sociale piena, essendo un impegno stabile e rendendo possibile la fecondità”.