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Come favorire le adozioni delle famiglie italiane

L’Italia è il primo paese al mondo per numero di bambini adottati rispetto alla popolazione; nel 2012 si sono realizzate 5,2 adozioni ogni 100.000 abitanti, rispetto ai 6,7 nel 2011. Il tema delle adozioni internazionali di minori coinvolge molteplici sfere, alcune molto delicate; quella affettiva, sociale, culturale, relazionale e anche quella economica, ma su quest’ultimo punto non vi sono studi autorevoli, né posizioni governative di sorta, nonostante la rilevanza del tema.

Il 13 aprile è stata presentata da un gruppo di parlamentari una proposta di legge per l’istituzione di un organismo pubblico che gestisca le adozioni delle famiglie italiane; questa proposta si sostanzia nella creazione di un altro organo all’interno del meccanismo adottivo, oltre  a quelli già esistenti, che grava sui fondi pubblici nazionali e regionali per le politiche sociali. Prima di capire la portata della proposta di legge però è utile dare qualche informazione sul complesso sistema delle adozioni italiane.

Prima del 2001 la procedura d’adozione era auto-gestita dalle famiglie, con forte rischio di cadere nel traffico di minori e di costose fregature. Dal 2001 in poi è stata istituita la Commissione per le Adozioni Internazionali presso la Presidenza del Consiglio che vigila sulle adozioni svolte dalle famiglie italiane all’estero e sottoscrive gli accordi con i Paesi esteri per realizzare il sogno di tante famiglie italiane, coerentemente con il Trattato Internazionale dell’Aja che regola le adozioni internazionali di bambini abbandonati.

Dal 2002 al 2014 le famiglie italiane hanno adottato 37.680 bambini provenienti prevalentemente dalla Russia e dall’Etiopia, seguiti dai paesi dell’est Europa e del Sud America. Le coppie italiane concludono l’iter adottivo dopo almeno quattro anni di attesa, affrontando delle spese su cui c’è molta incertezza e disinformazione.

Gli enti autorizzati dalla Commissione per le Adozioni Internazionali a seguire le procedure adottive per le famiglie italiane sono 64 nel 2015; sono organizzazioni senza scopo di lucro in maggioranza ONLUS e solo 8 di questi svolgono più di 100 adozioni ogni anno; oltre un terzo di questi enti svolge meno di 20 adozioni ogni anno. La struttura operativa della maggior parte dei 64 enti italiani è ridottissima, gli psicologi che dovrebbero aiutare le famiglie sono collaboratori a progetto e sono pagati meno di una colf, con conseguente scarsa capacità di aiuto alle famiglie che si trovano in difficoltà nell’inserimento del minore nella famiglia o nella scuola.

Dalla fine del 2013 la Commissione per le Adozioni Internazionali non si riunisce più in seduta plenaria e non ha più pubblicato dati ufficiali sui minori, le famiglie, le procedure. Molti paesi stranieri non brillano per trasparenza e correttezza e ne fanno le spese i bambini, che passano mesi se non anni negli istituti e le coppie italiane che vorrebbero coronare il loro sogno familiare in tempi certi. Alcuni ricordano l’arrivo festoso nel 2014 del Ministro Boschi all’aeroporto di Roma Fiumicino con i bambini adottati nel 2013 da famiglie italiane in Congo, le cui procedure erano state bloccate dal governo africano; pochi giorni fa un altro aereo è arrivato dal Congo e ha portato 51 bambini alle famiglie che dal 2014 li attendevano.

Il percorso adottivo è talmente impervio che solo i più forti, anche economicamente, riescono a portarlo a termine. Circa i due terzi delle famiglie che vorrebbero adottare si perdono lungo il percorso, fiaccati dall’attesa o decidono di ricorrere ad altre soluzioni, non meno complesse da gestire, come la maternità surrogata.

La proposta di legge (n.3635) presentata il 13 aprile introduce l’Agenzia Nazionale per le Adozioni Internazionali, un ente di diritto pubblico, finanziato dalla collettività “per lo svolgimento delle pratiche per le adozioni internazionali e delle funzioni a esse connesse”; questo organo ha sede a Roma presso la Presidenza del Consiglio, come la Commissione per le Adozioni Internazionali, ma la sua sede tecnica e operativa sarà Torino. La sede sabauda è spiegata dal fatto che la Regione Piemonte è l’unica che ha creato un’agenzia regionale per le adozioni internazionali, A.R.A.I., che si vuole quindi “nazionalizzare” con questa legge.

L’Agenzia Nazionale svolgerà la funzione di assistenza alle coppie adottive, oggi svolta dai 64 enti autorizzati privati. Il numero degli enti è effettivamente alto, rispetto a ogni altro paese europeo ed è ormai da qualche anno aperta una discussione su come ridurne il numero.

Gli stessi firmatari del progetto di legge, pur ammettendo l’anomalia italiana, di fatto si propongono di aggiungerne ancora uno per ogni regione. Lo stanziamento iniziale di quest’organo (3 milioni di euro annui) copre appena i costi dei “nuovi” dirigenti dell’Agenzia, la gran parte del lavoro verrà però volta dalla rete operativa nazionale costituita dagli uffici delle politiche sociali presso le Regioni italiane. I 64 enti autorizzati non possono utilizzare la rete pubblica nazionale.

Il costo a regime dell’Agenzia Nazionale per le Adozioni Internazionali sarà quindi a carico delle Regioni; peccato che la spesa per le politiche sociali abbia subito tagli drammatici negli ultimi anni e regga a mala pena il carico di lavoro “ordinario”, senza le adozioni internazionali. Le famiglie che sceglieranno l’Agenzia Nazionale nelle regioni meno ricche, avranno scarsa assistenza? In altri paesi esiste un’agenzia pubblica per le adozioni (es. Francia), ma non vi sono 64 enti privati e l’agenzia non grava sulla spesa della sanità pubblica.

Serve più coraggio per rendere il sistema delle adozioni più efficace: ridurre i tempi d’attesa, imporre delle prestazioni minime obbligatorie alle famiglie da parte degli enti autorizzati, imporre un tariffario per i servizi per le famiglie e i bambini più equo. Attendiamo gli esiti della discussione parlamentare, che forse miglioreranno l’intervento.

Chiara Oldani coordina una ricerca sull’adozione internazionale di minori dopo il 2001 finalizzata a studiare la loro esperienza. I commenti sui dati raccolti sono disponibili alla pagina Facebook Chiara Oldani – Le adozioni di bambini- Ricerca della Tuscia (coldani@unitus.it, twitter @chiaraoldani).


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