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Così Farmindustria sfata tutti i miti nel rapporto tra medici e aziende farmaceutiche

Massimo Scaccabarozzi

Qualcuno ha parlato di “momento epocale” per l’industria farmaceutica italiana ed europea. E pure per la classe medica, coinvolta in questa svolta. Entro il 30 giugno 2016 le aziende aderenti a Farmindustria (circa 200 sul territorio nazionale) dovranno infatti pubblicare online sui propri siti internet i dati relativi alle transazioni economiche effettuate con i medici nel corso del 2015. In altre parole, verranno resi noti i nomi dei professionisti e delle organizzazioni che hanno collaborato l’anno scorso con queste aziende (ricevendo compensi o altre forme di benefit). Tutto questo per realizzare la più grande operazione di trasparenza di questo comparto.

IL RUOLO DI EFPIA

Farmindustria ha colto al balzo la sfida lanciata dalla Federazione europea industrie ed associazioni farmaceutiche (Efpia) che ha deciso di introdurre in 33 Paesi aderenti il cosiddetto Disclosure Code che prevede questa norma di regolamento a cui devono attenersi le imprese associate sia direttamente che indirettamente (cioè, attraverso altre organizzazioni). “Tra il 20 e 30 giugno saranno pubblicati online, sui siti delle singole aziende, i dati di tutte le transazioni economiche tra queste e i medici, gli ospedali e le società scientifiche. Una novità che riguarda i 33 Paesi europei aderenti a Efpia” spiega Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria. “I dati – assicura – sono trattati e raccolti sulla base di linee guida a livello europeo”.

COSA PREVEDE IL DISCLOSURE CODE

Come detto, a giugno saranno pubblicati sui siti internet delle aziende aderenti i dati 2015 relativi alle transazioni economiche intercorse tra l’industria farmaceutica e i camici bianchi. E così per gli anni a venire. Le spese su cui vengono accesi i riflettori riguardano partecipazioni a convegni, oneri per i relatori, consulenze e comitati consultivi, ma anche sovvenzioni a progetti di ricerca e sviluppo, che vengono pubblicate in aggregato. L’auspicio, dice Scaccabarozzi, è quello di “dichiarare tutto per porre fine a una cultura del sospetto”. Il Disclosure Code è quindi un codice “volontario di autoregolamentazione” che farà luce anche sui pagamenti per la formazione medica (sostenuti all’ 80% dalle aziende) e per la ricerca, “ma in quest’ ultimo caso il dato sarà parziale: non tiene conto dei ricercatori del privato o delle Cro” (Organizzazioni di ricerca a contratto). La pubblicazione dei dati avverrà nel Paese dove il medico o l’organizzazione medica svolgono la loro attività in prevalenza.

I MOTIVI DI QUESTA SCELTA

Secondo Farmindustria, l’interazione tra medici e industria serve innanzitutto per aiutare i primi a stare al passo con gli sviluppi più recenti, mentre consente alle aziende di acquisire tutte le informazioni provenienti dai camici bianchi per migliorare le terapie. Il Disclosure Code viene quindi inserito per rendere ancora più trasparente, efficiente e qualificato il rapporto tra questi due attori protagonisti della cura della persona, rapporto peraltro – fa notare Farmindustria – “già molto bene regolato”.
“Tra industria e medici c’è un rapporto vitale, un trasferimento di valore scientifico che è bilaterale. Da parte nostra – riflette Scaccabarozzi – contribuiamo con prodotti innovativi, difficili da usare ma anche da valutare, e per cui è importante il feedback dei medici. Sono davvero preziose le informazioni che i medici possono darci sull’uso dei prodotti nel quotidiano, anche per dare linfa alla ricerca che verrà, e arrivare a farmaci sempre più efficaci”.

LA PRIVACY DEI MEDICI…

Scaccabarozzi va già ripetendo che “indietro non si torna” e che “la risposta dei medici è stata molto positiva: prevediamo percentuali di consenso molto elevate”. Ovviamente, nessun medico sarà obbligato ad aderire a questa iniziativa; nel rispetto delle norme sulla privacy potrà chiedere che il suo nome non venga inserito in quegli elenchi, e a quel punto l’azienda potrà fornire solo dati aggregati (ovvero sarà reso noto il numero di professionisti che non ha dato il consenso ed il totale dei contributi). Ma è chiaro che se prenderà piede la tendenza di favorire la massima trasparenza e molti medici vi aderiranno, sarà sempre più difficile sottrarvisi. “Poiché si tratta di transazioni economiche, abbiamo deciso che tutto sia reso trasparente, questo anche per contrastare una certa cultura del sospetto e del pregiudizio”.

… E LA LORO REAZIONE

Questa novità sta riscontrando un certo favore nella categoria. Parla di “operazione positiva” Roberta Chersevani, presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici (Fnomceo), convinta che “la maggioranza dei medici darà l’assenso per la pubblicazione dei propri dati’”. Anche per il vicepresidente Fnomceo, Maurizio Scassola, il Codice per la trasparenza è “una grande occasione: ci sono molti luoghi comuni che vanno sfatati riguardo la collaborazione tra medici e aziende. Per questo, tutte le collaborazioni in cui ci sono transazioni economiche devono avere il massimo della trasparenza. Siamo consapevoli che tale operazione è delicatissima e ci sono dei rischi per il medico legati alla percezione che il paziente potrebbe avere di tali collaborazioni con le aziende. Ci possono essere preoccupazioni perché il medico rischia di esporsi a facili critiche e manipolazioni da parte di qualcuno, ma é un percorso necessario ai fini della trasparenza”. Lo stesso Scassola farà parte del Comitato appena nominato per la disclosure, insieme al segretario e al responsabile comunicazione dell’organizzazione, Luigi Conte e Cosimo Nume. Giudizio positivo viene espresso anche dal segretario della Cgil Medici, Massimo Cozza. E se può esserci “un timore di strumentalizzazioni – conclude il segretario della Federazione dei medici di famiglia Fimmg, Giacomo Milillo – la miglior risposta da parte dei medici è proprio acconsentire alla pubblicazione dei propri dati, appunto per dimostrare che eventuali rapporti con le aziende sono assolutamente leciti”.


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