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Cyber, il ruolo del Dis e delle università

Gli Stati Uniti sono la patria dell’innovazione tecnologica ed anche dal punto di vista della sicurezza cibernetica non vi sono dubbi che Washington sia considerata unanimemente quale punto di riferimento a livello globale. In Italia la consapevolezza e gli investimenti sono ancora molto al di sotto di quanto sarebbe invece necessario per proteggere gli asset delle istituzioni, delle aziende e dei singoli privati. Ciò nonostante, possiamo vantare alcune eccellenze che come tali sono apprezzate anche oltreoceano. Da oggi e fino a venerdì il Consorzio interuniversitario nazionale informatica (Cini) sarà presso la sede dell’agenzia federale americana NIST per presentare il “Framework nazionale per la cyber security”, frutto di un lavoro che ha visto protagonisti la nostra intelligence insieme ai principali atenei italiani.

Il governo americano è impegnato una revisione della propria architettura di cyber security ed ha scelto di avere un confronto con le migliori esperienze a livello internazionale per definire policy più efficaci e garantire così standard più elevati di sicurezza informatica. Il Laboratorio nazionale di cyber security del Cini nasce nel 2014, vede la partecipazione di esperti provenienti da 34 università italiane ed è diretto dal professor Roberto Baldoni dell’università La Sapienza di Roma. A Washington, come rivelato da Cyber Affairs, ci sarà occasione di incontrare gli esponenti della sicurezza della Casa Bianca e delle diverse agenzie federali. Gli ambiti per la potenziale collaborazione fra Stati Uniti ed Italia variano dalla governance della cyber security alla cyber intelligence per il contrasto al terrorismo, dai poligoni di addestramento cyber alla protezione delle infrastrutture critiche e delle catene di approvvigionamento nelle filiere nazionali.

Questa agenda è il frutto di un lavoro molto intenso svolto con discrezione e con risultati brillanti da parte del Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza che nell’ambito del suo perimetro istituzionale ha saputo cogliere tutte le opportunità concesse dalla legge per sviluppare collaborazioni virtuose con gli altri attori della lunga filiera della cyber security partendo proprio dalla ricerca, dalle università. Questo sforzo di visione trova un riconoscimento negli Stati Uniti ma meriterebbe ancora ulteriore attenzione e gratitudine nel nostro stesso Paese e in Europa.

Il ruolo italiano può essere davvero straordinario in questo settore. Non ci manca nulla in termini di competenze. Certamente, servono maggiori investimenti. L’idea di poter escludere queste spese dal patto di stabilità è una proposta che da mesi il governo italiano propone alla UE. Forse è il momento che qualcuno a Bruxelles si accorga di quello che invece a Washington hanno già notato ed apprezzato.

(Questo articolo è stato pubblicato oggi sul quotidiano Il Messaggero)


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