Dopo il fallimento dell’incontro nello scorso fine settimana tra i big del petrolio, tra cui Russia e Arabia Saudita, che aveva lo scopo di fissare un tetto alla produzione futura equivalente ai livelli di gennaio, ecco in cinque punti che cosa ci si deve aspettare che accada sul mercato del petrolio.
1. Perché i negoziati hanno fallito? Essenzialmente il fallimento del vertice è riconducibile ad Arabia Saudita e Iran. Partecipando, alcuni speravano che l’Arabia Saudita – secondo produttore di petrolio al mondo – avrebbe acconsentito, insieme con gli altri membri di spicco dell’Opec, alla definizione di un limite di produzione. Tuttavia l’Iran, che a seguito della revoca delle sanzioni economiche sta osservando un incremento nelle esportazioni di petrolio, si è dimostrato riluttante ad aderire a un’eventuale iniziativa in questo senso. Quando è stato chiaro che Teheran non avrebbe cambiato idea, i sauditi hanno staccato la spina a qualsiasi possibilità di intesa.
2. Che cosa comporta tutto questo per l’offerta mondiale di petrolio? La situazione appare immobile. A gennaio i principali produttori, ossia Russia e Arabia Saudita, stavano già pompando petrolio a livelli decisamente elevati. La produzione giornaliera della Russia equivaleva al secondo massimo mai registrato. Probabilmente un accordo per un vincolo pari a livelli simili non avrebbe fatto molta differenza in termini di offerta mondiale. Ormai grazie alla rivoluzione dello shale gas gli Stati Uniti sono diventati un player decisivo per i mercati globali. Quest’anno la produzione locale ha iniziato a calare e l’International Energy Agency (Iea) stima che l’output non-Opec complessivo crollerà di 700 mila barili al giorno. A compensazione, l’Iran sembra determinato a estrarre di più. Infatti dalla revoca delle sanzioni Teheran ha accelerato a circa 3,3 milioni di barili al giorno e ha promesso di raggiungere i 4 milioni.
3. Che cosa significa per l’Opec? Negli ultimi anni il potere dell’Opec sui mercati mondiali del petrolio è in costante erosione. Il cartello rappresenta ancora circa un terzo della produzione mondiale, ma i Paesi non-membri, come Russia, Stati Uniti e Cina, stanno aumentando la propria produzione, oltre che la propria influenza. D’altra parte, nonostante gli alti e bassi e le consolidate differenze geopolitiche tra Arabia Saudita e Iran, negli anni passati l’Opec era riuscita quantomeno a concordare una politica collettiva. Il fallimento dei negoziati di Doha, in particolare l’ampia divergenza tra la posizione iraniana e quella saudita, ha ulteriormente danneggiato la credibilità del gruppo.
4. E a proposito della domanda globale di petrolio? L’indebolimento della crescita economica in Cina e America Latina di quest’anno dovrebbe pesare sui consumi di petrolio a livello globale, intensificando il timore che non si avrà una domanda sufficiente ad assorbire il surplus. La scorsa settimana l’Opec ha tagliato di 50 mila barili al giorno le stime per il 2016 sulla crescita della domanda di petrolio. Le proiezioni attuali prevedono un avanzamento di 1,2 milioni di barili al giorno a quota 94,18 milioni di barili.
5. Quindi quanto può scendere il petrolio? Dopo che il West Texas Intermediate in febbraio ha toccato il minimo degli ultimi 12 anni a quota 26,05 dollari al barile, nelle ultime settimane i prezzi del greggio hanno recuperato terreno. Poco tempo dopo le indiscrezioni secondo cui i russi e l’Opec avrebbero potuto imporre un limite all’offerta hanno fatto salire le quotazioni oltre 40 dollari al barile. Tuttavia, visto che le trattative di Doha sono andate in fumo, è possibile ipotizzare che il prezzo del petrolio sia destinato a calare di nuovo. Gli analisti di Natixis stimano una discesa fino a 30 dollari al barile. Altri ritengono che il summit di questo fine settimana non avrebbe mai potuto dare luogo a un accordo rilevante. Pertanto i parametri fondamentali del mercato resterebbero sostanzialmente invariati, andando a consolidare la probabilità che i prezzi del petrolio indugeranno intorno agli attuali livelli ancora per un po’.
(Traduzione di Giorgia Crespi)
(Pubblicato su Italia Oggi/ MF/Milano Finanza, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)