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Ecco perché Mediaset ha venduto Premium a Vivendi

Va bene il matrimonio “per lavorare insieme e per creare valore”, va bene l’”alleanza strategica” per contrastare l’avanzata statunitense di Netflix. Ma con la sua ultima mossa il gruppo di Piersilvio Berlusconi è riuscito a liberarsi di una bella zavorra, notano alcuni analisti. E c’è pure chi, fra gli osservatori del settore, sostiene che la realtà sia il contrario di come viene fatta apparire. Occhio ai conti 2015.

L’ACCORDO

L’accordo siglato il 9 aprile scorso dall’amministratore delegato e vicepresidente di Mediaset, Pier Silvio Berlusconi, e dal colosso dei contenuti per i media guidato da Vincent Bollorè e Arnaud de Puyfontaine, prevede che il 3,5% del capitale di Vivendi sarà scambiato con il 3,5% del capitale di Mediaset e il 100% del capitale di Mediaset Premium, la pay tv di Mediaset che passa così alla grande media company francese. L’intesa comprende inoltre “iniziative per la produzione e la distribuzione in comune di contenuti audiovisivi e la creazione di una piattaforma tv globale over-the-top”. La grande alleanza sembra finalizzata a contrastare l’avanzata statunitense di Netflix e il potente network del miliardario Rupert Murdoch.

EFFETTI E RAGIONI DELL’INTESA

Che effetto ha tutto ciò? “Per Mediaset l’effetto immediato è quello di entrare, e non da comprimario, in una realtà multinazionale che vuole dire la sua a tutti gli effetti sul mercato televisivo e in quella zona ampia di mercato che può nascere dalla convergenza contenuti-tv-tlc (Vivendi è azionista di riferimento di Telecom Italia, con il 24,9%). Altro effetto è quello di conferire una realtà che, in un contesto come quello attuale, rischiava di passare per una zavorra non sostenibile a lungo”, ha scritto Andrea Biondi su Il Sole 24 Ore.

I NUMERI DI BILANCIO

Secondo i risultati 2015 pro-forma elaborati dalla società e rimarcati ieri dall’agenzia di stampa Radiocor, Mediaset senza Premium avrebbe chiuso il 2015 con un utile operativo di 345 milioni dovuto a circa 560 milioni di minori costi e a circa 450 milioni di minori ricavi a livelli di gruppo. L’esercizio chiuso a dicembre ha registrato al netto di Premium 3,074 miliardi di ricavi consolidati netti (3,524 miliardi il dato effettivo con la pay-tv) e 2,729 miliardi di costi totali (3,29 miliardi in bilancio): l’ebit pertanto salirebbe a 345,1 milioni dai 231 milioni reali.

PROFITTI E PERDITE

Come riportato nella relazione di bilancio di Mediaset, Premium infatti ha registrato nel 2015 (primo esercizio come società separata) un risultato operativo negativo per circa 115 milioni. “Dai numeri proforma si evince inoltre come il deconsolidamento di Premium riporterebbe in utile la gestione operativa delle attività televisive(da -47 milioni effettivi nel 2015 a +66,8 milioni del proforma) e incrementerebbe nettamente il contributo di Mediaset Italia ai risultati di gruppo: l’utile operativo 2015 del business italiano infatti salirebbe a 140,4 milioni pur restando inferiore a quello di Mediaset Espana (205 milioni)”, ha scritto Radiocor.

LA DIFFERENZA CON QUANTO PAGATO DA TELEFONICA

Prima di cedere la tv a pagamento ai francesi, Mediaset dovrà ricomprare da Telefonica il suo 11% di Mediaset Premium, acquisito nel gennaio del 2015. L’operazione necessiterà un esborso di 83,6 milioni. “Vivendi ha infatti valutato Mediaset Premium 756 milioni in azioni pari al 2,96% del gruppo francese, ma tolta la liquidità immessa in questa divisione, ne deriva un prezzo di circa 636 milioni, che equivale al 30% in meno di quanto pagato da Telefonica nel 2015 (quando il 100% del canale a pagamento fu valutato 900 milioni)”, ha spiegato Sara Bennewitz su Repubblica.

UN MATRIMONIO SENZA DOTE

“Di per sé la fusione tra Premium e Canal Plus sarebbe un matrimonio senza dote, il patto tra due imprese in difficoltà, il contrario insomma di come viene fatta apparire”, si legge in un commento di Stefano Cingolani, firma di Formiche.net. A meno che non rappresenti il primo passo “per la vendita dell’intera Mediaset”: “Sarà pure la grande sfida europea a Netflix, sarà l’inizio di una nuova era delle pay tv o anche la terza giovinezza di Berlusconi, ma l’accordo tra Vivendi e Mediaset, se resta così com’è, sembra piuttosto un gesto difensivo, quello che gli economisti d’impresa chiamerebbero consolidamento per affrontare una crisi di mercato”, ha concluso Cingolani.



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