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Fca e Marchionne, ecco come Renzi fa imbufalire tutti i sindacati

Loda Sergio Marchionne “a discapito” dei sindacati il premier Matteo Renzi, che ieri ha parlato alla Scuola di formazione del Pd. “Quando in un Paese – ha detto il premier – c’è la disoccupazione giovanile al 39 per cento, vuol dire che abbiamo bisogno di creare lavoro. In questo Paese si è detto che c’era un disegno squallido contro i lavoratori, ma io penso che in questo Paese abbia fatto più Marchionne, più alcuni imprenditori, che certi sindacalisti. Io sto con Marchionne”.

LA RISPOSTA DELLA CAMUSSO (CGIL)

Parole che provocano subito fibrillazioni nel fronte sindacale. Susanna Camusso, segretario generale della Cgil, non fa mancare la sua replica via Twitter: “Quando è in difficoltà – scrive riferendosi al presidente del Consiglio – attacca il sindacato. Che noia!”.

I RILIEVI DI BENTIVOGLI (FIM CISL)

Ma anche i sindacati che con Fca hanno condiviso intese e la firma dei contratti specifici (i metalmeccanici della Cgil non lo hanno fatto, ndr) si sono fatti sentire.
“Ci sembra – ha replicato Marco Bentivogli, segretario generale della Fim – che sia una cattiva formazione politica continuare a generalizzare tutto il sindacato o con qualche piccola parentesi di ambiguità su ‘certi sindacalisti’. Non accetto che il presidente del Consiglio del mio Paese disponga di così scarsa virtù del discernimento. Guai ad accomunare la Fim, che è largamente la prima organizzazione in Fca, con il sindacato ideologico e reazionario. Ma noi abbiamo pazienza e gli rispieghiamo: la Fiat, dopo il no della Fiom a Pomigliano, aveva già considerato chiuso quell’investimento e una parte del successo di questa ripresa produttiva è proprio grazie ad accordi sindacali che la parte più forte del sindacato in Fca ha contrattato e sottoscritto con coraggio e lungimiranza. Questi accordi ci sono costati: assalti alle sedi sindacali, dirigenti sotto scorta, violenze e intimidazioni di ogni tipo. Con grande parte dei media italiani che ci hanno dipinto come ‘traditori’ e ‘venduti’. Ricordo che lo stesso Renzi il 10 ottobre 2012 disse a Repubblica Tv che Marchionne ‘aveva tradito gli operai’. Caro Renzi, il sindacato non è tutto uguale. Per le sfide che abbiamo vinto e per quello che la nostra gente ha subito dentro e fuori dalle fabbriche, non accetteremo più queste generalizzazioni da bar, non degne di chi dice di voler cambiare il Paese”.

LE PERPLESSITÀ DI PALOMBELLA (UILM)

Perplesso Rocco Palombella, segretario generale della Uilm. “Non bisogna fare comparazioni – ha dichiarato all’agenzia di stampa Ansa – che creano divisioni tra lavoratori ed imprese. E soprattutto occorre evitare generalizzazioni sommarie nei giudizi che si rilasciano pubblicamente. Il mio parere è che il sindacato rimane un pezzo della democrazia in Italia e che, come tale, è impegnato nello sviluppo del Paese. Anche nella nostra parte esiste chi fa bene e chi fa meno bene il proprio lavoro a favore della crescita, ma è una condizione che caratterizza anche le realtà dell’impresa, della politica, delle istituzioni. È importante, però, che le responsabilità di ciascuno, nel bene e nel male, emergano con trasparenza evitando di fare di ogni erba un fascio. E dato il delicato momento inviterei il premier ad un po’ più di prudenza e di sobrietà quando parla”.

LE POLEMICHE CHE NON SERVONO

Poi il riferimento a Marchionne: “Per quanto riguarda il caso specifico – ha continuato Palombella – desiderio ricordare al premier che la Uilm è tra i sindacati riformisti che dal 2010 hanno condiviso col gruppo guidato da Sergio Marchionne e John Elkann intese e accordo sugli stabilimenti produttivi in Italia a partire da quello del sito di Pomigliano d’Arco fino a tutti gli altri. Questa scelta partecipativa è culminata con la firma dei contratti nazionali specifici per Fca e Cnh. Quindi, se l’occupazione e la produzione nel settore auto sono cresciute in Italia, sostenendo anche il Pil, è merito anche dell’agire saggio e lungimirante di un sindacato moderno, europeo, preparato. Un esecutivo che ha la capacità di riconoscere nitidamente ruoli, meriti e capacità non può che presentarsi come all’altezza dei tempi. Inutili polemiche proprio non servono all’Italia, ma piuttosto urgono investimenti pubblici e privati per farla crescere a livello industriale”.


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