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Vi racconto il processo a Fidel Castro allestito al Teatro Parioli

teatro parioli

Il 20 aprile Fidel Castro ha compiuto 90 anni e, nella stessa giornata, quasi dall’altra parte del mondo, a Roma, l’ex dittatore è stato processato dalla giuria del teatro Parioli Peppino De Filippo di Roma. Il format ideato da Elisa Greco (incontri con la Storia, colpevoli o innocenti) per la sua ultima puntata della stagione ha scelto un processo che ha generato empatia tra il pubblico e gli attori.

Il “leader maximo”, interpretato dal giornalista Giovanni Minoli – con giacca verde, espressione “fideliana” e postura poco curata – è stato difeso dal professore e avvocato Antonio Catricalà, ex presidente dell’Antitrust, che nel clou dell’arringa avversaria ha interrotto dicendo: “C’è un altro leader maximo in città, è Francesco Totti, è entrato e ha segnato due gol – riferendosi alla sincronica partita di Serie A Roma-Torino – ma tanto lo so, un giorno se la prenderanno anche con Totti”.

TUTTE LE FOTO DI CHI C’ERA AL PARIOLI FIRMATE UMBERTO PIZZI

LA DIFESA DEL “VECCHIETTO”

Per l’imputato (“vecchietto malato”, come è stato chiamato dal presidente della Corte giudicante, il magistrato Giuseppe Ayala) due testimoni d’eccezione: Pier Ferdinando Casini, presidente della commissione Esteri del Senato nei panni di Barak Obama, e il giornalista e scrittore Boris Sollazzo che ha dato voce a Che Guevara, “morto da decenni ma oggi vivo più che mai”. E come ha fatto ancora notare Ayala: “È un processo particolare: l’imputato è vivo e i testimoni morti”.

L’intesa tra “Obama” e “Castro” era palpabile, spesso a ridacchiare, sussurrandosi all’orecchio strategie sulle cose da dire: “In guerra non si fanno mai cose buone”, ha spiegato l’ex presidente cubano. “Basta guardare indietro, pesiamo al futuro, il mondo è cambiato, questo è un processo anti-storico!”, ha detto Obama in difesa di Castro.

QUI LE FOTO DEL MAESTRO PIZZI

L’AGGUERRITA ACCUSA

L’accusa è stata portata avanti – con grande verve – dal sostituto procuratore generale presso la Corte d’Appello di Roma, Antonia Giammaria, che si è cimentata in un’arringa. L’accusa? Sequestro di persona e violazione dei diritti umani, tra gli altri capi d’imputazione. A suo sostegno il giornalista e conduttore di Radio1 Giancarlo Loquenzi, nei panni dello scrittore Rienaldo Arenas, incarcerato perché scrittore e omosessuale, costretto a violenze, abiure e pubbliche ammende. “Quando restai nell’ambasciata americana molte persone, pur di sfuggire al regime castrista, si tuffavano dai balconi vicini alle ambasciate sperando di atterrare nel giardino degli stessi. Era un inferno. Quella rivoluzione libertaria invocata da Castro è finita per essere tutt’altro”. E la descrizione di “quell’inferno” è stata sostenuta anche dalla giornalista del Tg2 Francesca Nocerino nel ruolo della figlia Alina Fernandez Revuelta: “Quando Castro applicava l’opzione zero, significava zero luce e zero cibo e così ci ritrovavamo a mangiare stracci, bucce di banane, terra, carne di gatto. L’unica consolazione che trovavamo era nella religione”.

Il verdetto del pubblico? Colpevole.

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