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Come la finanza può fertilizzare l’agricoltura

Dall’8 al 10 aprile a Sarzana si tiene la kermesse culturale «Salotto Sarzana», ideata da Andrea Camaiora e organizzata dal team di comunicazione strategica SPIN. Alle ore 16 di sabato 9 aprile è previsto il keynote speech di Federico Vecchioni, presidente della più grande società agricola italiana quotata in Borsa, «Bonifiche Ferraresi», dal titolo «Vai a Zappare!.. non è un insulto». Ecco un estratto dell’intervento.

L’agricoltura è un settore strategico che deve essere presente nell’agenda di governo. Occorre superare la deriva culturale che propone dell’agricoltura un’immagine bucolica, legata al passato. Lo spartiacque è tra impresa e politica sociale, impresa e iniziative ‘extra agricole’.

Bonifiche Ferraresi è un esempio molto evidente per alcune considerazioni che desidero svolgere da agricoltore, e anche da agricoltore che ha guardato al nostro sistema in una logica di grande apertura e innovazione, rispetto a quanto avvenuto nei decenni precedenti.

Abbiamo attraversato in questi anni periodi più o meno difficili; in questi ultimi l’agricoltura è tornata ad avere grande attenzione, soprattutto per quanto riguarda il mercato alimentare e le produzioni alimentari. C’è stato un ritorno di attenzione alla terra; la terra è stata considerata nei mercati come un bene non soltanto rifugio, ma verso il quale dirottare importanti investimenti.

Questo vale evidentemente anche per la terra agricola italiana, per il nostro capitale fondiario. Un’ulteriore considerazione riguarda le masse di liquidità. E cioè, con i mercati finanziari che vanno come stanno andando e come sono andati, con il petrolio intorno ai 30 $, ingenti masse di liquidità si sono rese disponibili.

Bonifiche Ferraresi nasce anche da questo. Era di Banca d’Italia fino a un anno fa, è stata di Banca d’Italia per 50 anni. Banca d’Italia poi ha scelto di vendere e il sottoscritto ha ritenuto di sottoporre all’attenzione di grandi investitori del nostro Paese la possibilità di investire nel capitale fondiario italiano.

Quindi, la prima considerazione che propongo è la seguente: si determinano reali prospettive di successo laddove esiste un progetto importante, serio e verticale; perché l’agricoltura delle commodities, lo sostengo da agricoltore, è finita completamente e dobbiamo smettere di credere che riprenderà, perché non riprenderà.

L’unico modo per salvare la nostra agricoltura e noi agricoltori è arrivare al prodotto finito sullo scaffale. Tutto questo non più in una logica di antitesi con le industrie, con un atteggiamento distruttivo, ma in una logica di assoluta integrazione, anche col mondo finanziario.

Quest’ultimo non è un mondo cattivo; è cattivo quando fa una finanziarizzazione speculativa. È un mondo di cui noi agricoltori abbiamo infinitamente bisogno quando dobbiamo fare grandi operazioni, perché non abbiamo tutte le risorse per fare da soli e quindi il mondo finanziario, che sia pubblico o che sia privato, è utile.

Non faremo soltanto commodities, ma faremo prodotti finiti, faremo il prodotto da scaffale, faremo un tipo di melone per la grande distribuzione, stiamo facendo le piante officinali: melissa, valeriana, passiflora per le tisane; una produzione eccellente della Toscana che ha già grandi marchi di riferimento.

In conclusione, credo che il nostro percorso debba essere contrassegnato da questo: il vino ha fatto molto bene, perché si è verticalizzato per primo. Lo possiamo fare dal frumento fino alle orticole, per passare per colture che magari abbiamo ritenuto fino ad oggi marginali: le officinali si valutano a grammo, non vanno più a quintale/ettaro. E lo dobbiamo fare anche con una componente, che fino a oggi abbiamo ritenuto come controparte, e che invece è nostro alleato.

Perché anche le industrie alimentari italiane oggi più di ieri guardano a noi agricoltori, non solo con un coinvolgimento negoziale, ma per interesse. Che facciamo patate, che facciamo ortaggi, che si produca grano, la materia prima nazionale assume una rilevanza strategica; perché quando si arriva sullo scaffale estero viene chiesto se sei Made in Italy al 100% e si vuole vedere dove produci. Questo vale anche per le patate vendute da Mc Donald’s.

Siamo in una fase in cui abbiamo anni di programmazione europea del PSR, con i Pif, ma siamo anche di fronte ad un periodo in cui i contratti di programma possono ritornare di grande attualità; in questo senso anche per intercettare capitali privati non avendo sempre bisogno delle risorse pubbliche.

La finanza sta capendo le opzioni di investimento nel mondo agricolo, le sue potenzialità di investimento stabile nel medio-lungo periodo. L’intervento della finanza potrebbe aiutare anche i comparti agricoli meno sviluppati verso l’export a potenziare questa opportunità. Occorrono dimensioni competitive, non tanto in quantità di ettari, ma nella capacità di aggredire i mercati emergenti.

 


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