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Il Corriere della Sera, cosa succede fra Rcs e banche

Continua, senza sosta, il confronto tra Rcs e le banche finanziatrici. Nel 2015, i rapporti si erano fatti piuttosto tesi perché la società che tra l’altro pubblica il Corriere della Sera non aveva rispettato alcuni degli impegni che aveva preso sul debito. Una circostanza che aveva reso sempre più concreta la possibilità che si “chiamasse” l’aumento di capitale da 200 milioni per il quale l’assemblea degli azionisti di fine dicembre ha esteso l’esercizio della delega dalla fine del 2015 al 30 giugno del 2017.
SUBBUGLIO TRA SOCI E DEBITORI
Al centro di tutto c’è la rinegoziazione del debito collegato al contratto di finanziamento da 600 milioni che era stato stipulato nel 2013 da Rcs con Imi (gruppo Intesa Sanpaolo), Ubi, Bpm, Bnp Paribas, Mediobanca e Unicredit. Intesa e Mediobanca, peraltro, figurano tra i grandi azionisti della società editoriale, con quote rispettivamente pari al 4,18 e al 9,93%, che si affiancano a quelle del gruppo Agnelli (16,73%), di Diego Della Valle (7,33%), di Finsoe (4,6%) e di Urbano Cairo (4,62 per cento). Nel 2013 Rcs era ancora guidata dall’amministratore delegato Pietro Scott Jovane, all’epoca fortissimamente voluto da John Elkann. Jovane, complici le numerose tensioni sulla società, alla fine del 2015 ha ceduto il testimone a Laura Cioli, che ha firmato il nuovo piano industriale al 2018. Nel frattempo, il gruppo editoriale ha archiviato il 2015 con una perdita netta consolidata di quasi 176 milioni, ricavi a un miliardo e con un indebitamento finanziario netto di quasi 487 milioni.
COSA DICONO I DOCUMENTI CONTABILI
Sulla rinegoziazione del debito, è evidente che Rcs e le banche finanziatrici non riescano ancora a trovare la quadra. Non a caso, il bilancio 2015 del gruppo editoriale appena depositato, alla voce “Aggiornamento circa il rapporto con le banche finanziatrici”, riferisce: “Le parti stanno negoziando una bozza di Term Sheet (accordo, ndr) che contiene le rispettive posizioni negoziali, ed in particolare le richieste della società in relazione all’estensione delle scadenze delle linee in essere, coerente con il profilo finanziario del piano 2016-2018, e la revisione di taluni termini e condizioni del contratto di finanziamento”.
Insomma, Rcs chiede alle banche di allentare alcune condizioni sul debito, e in particolare di spostare più avanti nel tempo alcune di scadenze, al fine di evitare di dovere battere cassa con gli azionisti con un aumento di capitale, ma gli istituti di credito nicchiano. “L’11 gennaio 2016 – si legge sempre nel bilancio di Rcs – l’amministratore delegato ha illustrato alle banche finanziatrici le linee guida e le principali ipotesi di mercato e di prodotto sottostanti il piano 2016-2018, i flussi di cassa attesi annualmente e in particolare nel primo anno 2016, ed il previsto costante miglioramento del rapporto debito/ebitda, elementi che hanno consentito alla società di dichiarare che l’esercizio della delega 2015 (all’aumento di capitale, ndr) non è necessario al finanziamento del piano. Partendo da tale base, la società e le banche finanziatrici hanno avviato un tavolo negoziale ed effettuato numerosi incontri per la rinegoziazione dei termini e delle condizioni del contratto di finanziamento”.
LE FRASI DI GROS-PIETRO E MESSINA
In attesa di capire se Rcs riuscirà a rinegoziare il debito, gli esponenti del mondo bancario non hanno mancato, nei giorni scorsi, di fare sentire la propria voce sulla complessa vicenda. Il presidente del consiglio di gestione di Intesa Sanpaolo, Gian Maria Gros-Pietro, ha fatto sapere che non sta cercando nuovi soci per il gruppo editoriale: “Non mi passa neanche lontanamente per la testa di occuparmi di Rcs”, ha risposto a chi gli chiedeva se si stesse muovendo sul dossier. “Io personalmente – ha aggiunto – non me lo sogno nemmeno, poi ho detto che non è il nostro mestiere fare i giornali. Come dice Messina (Carlo, amministratore delegato di Intesa, ndr) siamo azionisti, siamo creditori, siamo molto sensibili alla nostra posizione di creditori e cerchiamo di riportarci nello status quo ante, quando non eravamo né azionisti né creditori”. Il 30 marzo l’ad di Intesa Messina aveva fatto sapere che Intesa è focalizzata sulla tutela dei suoi crediti verso il gruppo editoriale, anche se questo rendesse necessario un aumento di capitale. Una riprova ulteriore delle difficoltà di Rcs a spuntare la rinegoziazione del debito.
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