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Khalifa Ghwell lascia Tripoli, Sarraj inizia a risolvere i problemi della Libia “da solo”?

Secondo i media libici, e in base a conferme ottenute dalle fonti locali, il primo ministro del non riconosciuto governo di Tripoli, Khalifa Ghwell, ha lasciato durante la notte scorsa la capitale per rientrare nella sua città natale Misurata. Pare, secondo la ricostruzione del Libya Herald, che Ghwell sia stato convito da altri leader politici e militari di Misurata favorevoli al Gna (il governo di accordo nazionale promosso dall’Onu), i quali si sarebbero recati a Tripoli proprio per incontrare il sedicente premier al fine di convincerlo che la sua esperienza era ormai conclusa. Gli uffici di Ghwell sarebbe stati occupati dagli uomini del Consiglio di sicurezza temporaneo del Gna guidato da Abdel Rahman al Taweel, i quali hanno sequestrato documenti e computer.

Sempre il Libya Herald scrive che anche il presidente del parlamento tripolitano, Nouri Abu Sahmin, sarebbe rientro nella sua città di origine, Zuwara e pare da indiscrezioni che girano sui social network da account solitamente affidabili e ben informati, ma per il momento non completamente confermabili, che diversi dei ministri dello pseudo esecutivo di Tripoli avrebbero deciso di lasciare la città. Ghwell e Abu Sahmain sono su una lista di 17 nomi, comprendente altri politici tripolini e il mufti, che il Gna ha minacciato di denunciare per terrorismo all’Interpol.

La notizia è di primo piano: Ghwell nei giorni scorsi aveva lanciato minacce e invettive contro il Gna ed il suo premier Fayez Serraj, assicurando che il nuovo governo sarebbe stato cacciato da Tripoli con le armi. Ora, il fatto che Ghwell ha lasciato la capitale rappresenta una prima vittoria politica di Serraj e un successo militare, senza sparare un colpo, di Tawil.

La questione assume ancora più valore se si pensa che sarebbe una soluzione trovata dai libici (misuratini e tripolitani) direttamente in Libia. Ossia, significa che Serraj sta affrontando i problemi del paese cercando di risolverli “tra libici”. Un aspetto politico fondamentale, considerando che le principali critiche mosse al nuovo esecutivo si fondano sulla narrativa creata attorno al fatto che il Gna è frutto di un accordo veicolato dalla Nazioni Unite e si è insediato senza votazioni e senza ricevere la legittimazione politica dal parlamento riconosciuto in esilio a Tobruk, ma sfruttando soltanto una forzatura diplomatica fatta dall’Onu, dall’UE e dagli Stati Uniti. “Il governo degli stranieri” lo chiamano alcuni libici che sostengono le posizioni di opposizione (tra cui Ghwell e Abu Sahmin).

La rimozione di Ghwell significa dunque che la strada intrapresa da Serraj è quella di risolvere da solo i problemi, e questo potrebbe anche significare l’allontanamento momentaneo della missione internazionale a sostegno della ricostruzione delle forze armate locali, che alcuni analisi come Mattia Toaldo ritengono un punto che verrà affrontato in seguito nell’agenda del nuovo premier. Giovedì Serraj ha tenuto incontri con diversi notabili politici e religiosi. Ha avuto anche una lunga riunione con il presidente delle Banca centrale libica Sadiq Elbaker e sembra con alcuni membri del direttivo del Fondo sovrano libico (LIA), i due grossi organismi che, insieme alla società nazionale del petrolio Noc, hanno cercato di mantenersi indipendenti nel corso del conflitto civile e che adesso hanno in mano le sorti economiche del paese, ossia gli aspetti che più interessano ai libici, a corto di contanti e di beni di prima necessità. E intanto il Wall Street Journal scrive che presto riapriranno tre scali petroliferi finora chiusi per via della guerra: passaggio legato all’appoggio garantito dalla Pfg (Petroleum facility guard di Ibrahim Jadhran), la forte milizia che controlla i pozzi, al governo Serraj.

Per non scivolare troppo nell’ottimismo, va ricordato che occorre aspettare gli sviluppi della decisione di Ghwell e Abu Sahmain; decisione su cui potrebbero aver pesato anche le sanzioni imposte dall’Unione Europea, ossia il congelamento di tutti i beni all’estero e il divieto di volo in UE. L’isolamento dei due leader è infatti rischioso, perché potrebbe inasprire le loro posizioni: e i punto è tutto qui. Il momento in Libia è delicatissimo, saranno i prossimi giorni a decidere se Serraj ha imbeccato la strada giusta, perché il consenso che sta raccogliendo in Tripolitania, tra la gente e tra i notabili, potrebbe essere mozzato dall’inizio di attività violente di opposizione. Per questo la Comunità internazionale continua il monitoraggio della situazione, e ha già pronto un piano di intervento militare se le cose dovessero andare storte.

 

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