Una cosa è certa. Comunque andrà la vicenda contrattuale dei metalmeccanici, rimarranno scolpiti, come nella pietra, due indelebili principi emersi nel corso del dibattito negoziale. Il primo: gli aumenti retributivi sono necessari al buon andamento dell’economia, perché sostengono i consumi interni. Il secondo: per far crescere la produttività nelle aziende gli imprenditori non devono ridurre il costo del lavoro, ma investire in innovazione. Si tratta di due verità che trovano riscontri oggettivi.
IL MONITO DI VISCO
“In Italia – ha ricordato Ignazio Visco, governatore della Banca d’Italia, nel corso di un convegno a Francoforte – in alcuni contratti collettivi firmati recentemente, si prevede che una parte dei futuri aumenti contrattuali sia rivista al ribasso nel caso in cui l’inflazione scenda al di sotto delle attuali previsioni”. Secondo il governatore si tratterebbe di uno schema che, se adottato in maniera generalizzata, abbasserebbe il tasso di crescita dei salari, finendo per pesare su un’inflazione già negativa. Gli effetti? Consumi in calo, deflazione, stagnazione.
LA CRESCITA SECONDO PADOAN
Basta guardare dentro al Documento di Economia e Finanza presentato dal ministro Pier Carlo Padoan: le prospettive di crescita del Paese sono corrette al ribasso, dall’1,6% previsto lo scorso ottobre all’1,2% attuale. Per far crescere il Pil bisognerà accelerare gli incentivi previsti dal piano Junker e favorire gli investimenti dedicati all’aumento di produttività delle imprese.
PRODI INVOCA INVESTIMENTI
Romano Prodi non ha dubbi: “In questa situazione di incertezza – ha spiegato l’ex premier sul Messaggero – lo strumento di maggiore efficacia in mano al governo per accelerare la crescita diventa l’uso di misure interne, a partire dagli investimenti”.
LE PMI DI PENNISI
Giuseppe Pennisi ha condiviso questa prospettiva: “Il piano Juncker – ha scritto l’economista su Formiche.net – sta offrendo un contributo. Occorre, però, una politica pubblica diretta alle piccole e medie imprese che faciliti l’ampliamento della loro dimensione, la riduzione del loro indebolimento, il pronto pagamento dei loro crediti nei confronti delle pubbliche amministrazioni, premesse essenziali per la ripresa dei loro investimenti”.
L’ANTICIPAZIONE DI FUBINI
E’ plausibile che, dopo lo sciopero del 20 aprile, le parti metalmeccaniche possano ritrovare la strada del tavolo contrattuale. Occorre tener presente, però, che nella prima metà del mese di maggio il governo potrebbe approvare un decreto per la riforma dei contratti aziendali, basato sui principi di prevalenza ed esigibilità. Lo ha scritto il 7 aprile, con dovizia di articolari, Federico Fubini sul Corriere della Sera. Il principio di prevalenza comporterebbe che un contratto aziendale possa prevalere rispetto a quello nazionale su temi come i turni e gli orari di lavoro, l’organizzazione aziendale, la parte del salario al di sopra di quanto previsto dalle tabelle retributive del Ccnl. Alla contrattazione nazionale resterebbe, tra le altre cose, la remunerazione tabellare di base. Il principio di esigibilità, invece, prevederebbe la validità del contratto aziendale quando è approvato dalla maggioranza dei dipendenti.
LA PROSPETTIVA
In questo scenario, se sindacati e imprese, di comune accordo, riusciranno a sciogliere il nodo della questione salariale, che pesa come un macigno, per il rinnovo contrattuale delle tute blu si potrebbero aprire degli spiragli positivi prima dell’estate.
(Pubblichiamo l’editoriale di “Fabbrica Società” il giornale della Uilm che sarà on line venerdì 15 aprile)