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Non c’è intelligence efficace senza information sharing

Circa un anno fa l’amministrazione Obama annunciava la creazione di una nuova unità dedicata ad affrontare la minaccia cyber negli Stati Uniti, il Cyber Threat Intelligence Integration Center, pensato per semplificare e razionalizzare la condivisione informativa e agevolare l’interconnessione tra le numerose agenzie di intelligence interne ed esterne. A poca distanza dall’annuncio fatto da Lisa Monaco al Wilson Center di Washington DC si sarebbe tenuto l’ormai celebre summit di Stanford, durante il quale il presidente Obama e i vertici della Casa Bianca si interfacciarono con i più importanti player di settore e la comunità di esperti di cyber security.

A distanza di circa un anno il CTIIC, inserito nell’Office of the Director of National Intelligence (ODNI), è diretto da Tonya Ugoretz, importante passato nel comparto intelligence dell’FBI e una significativa esperienza maturata nell’attività di integrazione informativa, intensamente promossa da James R. Clapper sin dai primi mesi in cui ha rivestito l’incarico di Director of National Intelligence.

La comunità statunitense, tanto complessa e articolata, ha compreso da tempo, sin dai tristi fallimenti dell’11 settembre, quanto preziosa sia la necessità di condividere informazioni e la capacità di bilanciare la massiccia attività di raccolta con i risultati ottenuti dall’analisi delle informazioni effettivamente conosciute da chi opera all’interno delle agenzie. La dura lezione appresa e posta in essere nel corso degli anni dalle agenzie statunitensi attive nella sicurezza nazionale è stata così intensa e profonda da condizionare gli apparati nel loro stesso codice genetico: un chiaro esempio di tale rivoluzione è visibile nella scelta di uniformare i profili e le expertise degli officers e degli analisti, un tempo profondamente separati da differenti impostazioni culturali, percorsi di formazione ed estrazione professionale. Oggi all’interno di ogni comparto si tende – almeno in proiezione – a parlare la stessa lingua e a superare i divari culturali tra colleghi. Il risultato che si punta ad ottenere, più volte richiamato dallo stesso Clapper, è quello di uniformare la comunità e potenziare le basi necessarie a una più efficace raccolta informativa.

L’esperienza statunitense è, evidentemente, fondamentale al fine di comprendere quale strada seguire sia livello nazionale che a livello sovranazionale per implementare i risultati nella lotta al terrorismo.

L’information sharing rappresenta l’obiettivo più sensibile cui gli apparati di sicurezza e le agenzie dovrebbero aspirare. Affinché le informazioni siano condivise in maniera efficace è dunque oltremodo necessario lavorare sulla costruzione di canali di interconnessione solidi e formalizzati tra i comparti e agevolare l’idea di circolarità alla base degli scambi informativi tra diversi apparati nazionali e sovranazionali.

L’Italia da tempo lavora alla strutturazione di una comunità che presenti tali caratteristiche ed il Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica persegue l’obiettivo di potenziare le basi di interconnessione anche verso il settore privato. L’Unione Europea è, al contrario, assai lontana dalla possibilità di raggiungere tale traguardo e la forte frammentazione ad oggi esistente tra le varie agenzie ed apparati rende particolarmente difficile gli scambi informativi e praticamente impossibile l’idea di una intelligence europea.

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