Le giravolte di Berlusconi e del centrodestra a Roma, a proposito del sostegno da garantire ai candidati a sindaco dimostrano tutta l’inadeguatezza, l’inconsistenza, la friabilità dei cosiddetti partiti di questa repubblica.
Pierferdinando Casini in conformità con quanto sostenuto ha rilasciato una dichiarazione tanto roboante quanto insignificante, parlando di svolta “epocale” della scelta di Berlusconi. Non si capisce dove starebbe la sconvolgente opzione dell’ex Cavaliere nell’abbandonare Bertolaso al proprio destino e scegliendo Alfio Marchini. E’ la prova provata che si va alla ricerca dell’uomo per vincere e non ci si preoccupa di avanzare proposte, programmi, idee originali per ben governare una città in declino. (La magistratura ancora è attiva per riportare legalità nell’amministrazione della cosa pubblica, dove partiti, associazioni, cooperative, sindacati in accordo con gruppi di potere e lobbies si foraggiavano con denaro pubblico).
E qui mi viene in aiuto in modo puntuale il direttore Arnese. Egli con acutezza sottolinea che “ora, a schieramenti definiti, sarebbe auspicabile anche che i candidati iniziassero a parlare di programmi, magari poco ambiziosi e paradisiaci e molto banali, ovvero veritieri”. Il punto cruciale è proprio questo: misurarsi con le questioni vere che affliggono le città, soprattutto quelle più grandi, non a caso Milano, Roma, Napoli si stanno confrontando con le stesse criticità per presentare candidati idonei alla carica di primo cittadino.
Ci si esaurisce per individuare il candidato sindaco e poco si pensa alle cose da fare, di cui le città avvertono l’urgenza, dai trasporti alla viabilità, dall’ambiente alla scuola, dalla rimozione e distruzione dei rifiuti alla salute dei cittadini solo per citare alcune questioni, senza dire degli ingenti tributi che le comunità sono costrette a sborsare in cambio di servizi scadenti. Un uomo solo può mai avere magiche e spiccate doti di amministratore per portare a sintesi e a soluzione i tanti, articolati, diversificati problemi che i cittadini sono abituati a porre ogni giorno? Sino ad oggi nessuno ha dimostrato di essere un primo cittadino “superman”.
L’interesse generale, l’unico a valere in democrazia, senza la politica scompare del tutto, resta in vita quello dei gruppi di potere che il sindaco, tramite personaggi esterni e i gruppi consiliari che mettono pressione, dovrà accontentare. Il cinico opportunismo rimane in cima ai pensieri di leader e gregari, che privilegiando i nomi per vincere trascurano i problemi reali che le città dovrebbero risolvere con onestà e diligenza, dopo disastrosi anni di assenze, turlupinature, transazioni vergognose elevate a metodo di governo. E non solo a Roma. Trascorso ormai un ventennio, tutti dovrebbero essere in grado di guardare in faccia alla realtà e rendersi conto che questo sistema, simile a quello podestarile, non funziona per niente. La realtà l’ha verificato ovunque.
Il percorso da seguire è uno: prima si individuano le cose da fare per la città, poi si incontrano gli alleati che concordano sul cammino comune, e alla fine si propongono gli uomini capaci per il buon governo dell’amministrazione comunale. Una comunità cittadina non può essere per cinque anni ostaggio di amministratori disinvolti o addirittura scellerati né può permettersi di ritornare alle urne in tempi brevi, per cambiare sindaco e amministrazione. E’ sempre difficile che stabilità e governabilità vengano coniugate con successo, e l’esperienza lo dice in modo inequivocabile, per cui vale la pena assegnare poteri maggiori, compresa l’elezione del sindaco, ai consigli comunali in modo da evitare incidenti di percorso nella scelta del candidato idoneo per vincere.