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Cosa penso di Matteo Renzi

Caro Direttore,

non sono dispiaciuto del “graffio” ricevuto da Francesco Damato, un notista politico di vaglia che nella sua lunga esperienza ha sempre avuto il merito di scrivere in modo franco e argomentato.

Viene presa in considerazione la mia attuale freddezza verso il premier, ritenuto al contrario da Damato una sorte di “figlioccio politico” di mio padre Bettino. Non è questa concorrenza famigliare che mi muove. Si è discusso spesso di analogie fra leader della seconda Repubblica, il cui tratto distintivo, oltre ad avere una forte determinazione ed impronta carismatica, è certamente quello di esercitare la propria funzione di Premier, seppur non eletto direttamente dal popolo, attraverso una significativa dose di decisionismo pubblico.

La questione che riguarda i meriti ascritti al giovane leader fiorentino, per i quali un socialista testimone dell’epoca craxiana dovrebbe aderire senza indugi, secondo Francesco Damato, riguarderebbe “il merito e il coraggio di avere in qualche modo vendicato Craxi rottamandone letteralmente nel Pd e nella sinistra gli avversari, a cominciare da D’Alema”. Meriti e coraggio di cui io non mi sarei “accorto”.

Innanzitutto, parlo a titolo personale ma penso anche a nome di molti socialisti italiani. Noi non cerchiamo alcuna vendetta.

Al pari nostro, i partiti che in qualche modo si avvantaggiarono della campagna anti-socialista sono letteralmente scomparsi dall’agone politico e considero la dialettica che si è aperta all’interno del nuovo partito creato dagli eredi di quelle tradizioni tutte legate a vicende che poco hanno a che fare con le questioni che sono emerse con evidenza in questo ventennio, come l’assenza nella sinistra italiana di una formazione di limpida tradizione socialista che anche Matteo Renzi si è ben guardato dall’edificare, avendo radici ben piantate nell’ulivismo sorto dai semi post-democristiani. E ciò seppur egli sieda a pieno titolo nel board del prestigioso Partito del Socialismo Europeo, di cui appunto mio padre Bettino fu un fondatore.

Ho sottolineato delle distanze radicali fra la nostra tradizione, l’esperienza craxiana e quella attuale di Renzi almeno su due questioni che considero rilevanti, le ripeto: il rapporto con il mondo del lavoro e le organizzazioni sindacali, che mai furono considerate avversarie anche nei momenti di maggiore frizione politica (fu memorabile il discorso di Craxi al Congresso CGIL del marzo del 1986, a pochi mesi dal duello referendario sulla scala mobile), e il rapporto fra il potere e la democrazia, Che Renzi sta piegando con forme inedite, sino a sfiorare un dispotismo assolutamente inedito per la storia della sinistra riformista italiana.

Di relato naturalmente, questo mio atteggiamento critico, ma mai pregiudiziale od ottuso verso Matteo Renzi, per il quale nutro sentimenti di sincera simpatia personale, si riversa anche sulla condotta del mio partito e del suo Segretario, che ho ritenuti troppo subalterni e piegati ad una logica di alleato sin troppo alleato e fedele, sino ad esprimere il proprio favore parlamentare a leggi che di fatto umilieranno le minoranze democratiche del Paese, quali noi ci siamo ridotti. Una diversità di opinioni e di condotta che ho manifestato, non da solo per la verità, assumendo una decisione grave ed impegnativa come la diserzione dal Congresso. Ma vi sono questioni politiche dirimenti che non possono essere risolte nella tradizionale dialettica partitica fra minoranza e maggioranza, perché attengono a principi non negoziabili, come quelli della nuova Costituzione che si approverebbe, al posto della quale avrei preferito l’elezione di un’Assemblea Costituente.

Conosco la logica renziana che è spietata: “O sei con me o sei contro di me”. La mia posizione è sempre stata chiara: sono contrario ad un Partito unico del Centrosinistra o Partito della Nazione che dir si voglia.

Gli anni difficili che ho passato, e che Damato conosce bene, mi consentono e mi obbligano al contempo al dovere della verità e della sincerità nell’esercizio del giudizio politico e nella trasparenza nella lotta politica. La battaglia la perdemmo tanti anni fa. Per molti questi venti anni sono stati di vanagloria e di successi effimeri. La crisi italiana non si è risolta e quella del sistema rischia di entrare in un vortice di divisioni radicali dal quale il Paese e la sinistra che mi sta a cuore rischiano di uscire sconfitti e più divisi.

Per questo consiglio prudenza e riflessione. Se si è troppo esondanti nella ricerca dell’affermazione della propria verità e posizione, alla prima grande sconfitta non seguirà nessun appello.

Almeno in questo Matteo Renzi potrà essere, qualora cambiasse opinione, posto che lo sia, come dice Francesco Damato, diverso da Bettino Craxi.

Bobo Craxi

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